Edilizia, altro che tutela del territorio. Così l'Ars "provò" a favorire gli abusi - QdS

Edilizia, altro che tutela del territorio. Così l’Ars “provò” a favorire gli abusi

Pierangelo Bonanno

Edilizia, altro che tutela del territorio. Così l’Ars “provò” a favorire gli abusi

sabato 16 Dicembre 2017

Una recente sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato illegittima parte della legislazione siciliana. La Greca (Tar Sicilia): “Testo unico recepito dopo 15 anni travalicando le competenze”

PALERMO – La legislazione siciliana sull’edilizia è stata, in parte, dichiarata anticostituzionale. La Corte costituzionale con la sentenza n.232 del 26/9/2017 è intervenuta, a seguito dell’impugnativa da parte del Governo nazionale, nei confronti della legge regionale n.16 del 2016. Le norme siciliane che sono state dichiarate incostituzionali riguardano la “semplificazione” delle procedure per ottenere la sanatoria edilizia, gli impianti alimentati da fonti rinnovabili installati in regime di edilizia libera e l’inizio dei lavori in zona sismica senza la preventiva autorizzazione scritta.
 
Appare opportuno ricordare che il recepimento del quadro normativo nazionale è avvenuto con la legge regionale n. 16/2016 del 10 agosto 2016, che effettua sostanzialmente un recepimento dinamico di alcuni articoli del D.P.R. n.380/2001.
In sintesi sono state recepite con molte modifiche specifiche definizioni e procedure già vigenti da tempo in tutta Italia, salvo ovviamente le normative integrative delle regioni a statuto speciale e di quelle introdotte con la legislazione concorrente del Titolo V della Costituzione.
 
L’opera di recepimento del testo statale non è stato positivo, poiché la tecnica normativa utilizzata introduce notevoli problemi interpretativi, visto che la nuova legge non si è preoccupata di risistemare o abrogare, a parte poche eccezioni, le numerose norme regionali vigenti in materia edilizia, ciò che nei fatti dovrebbe costituire il vero scopo di un’opera di drafting normativo e di semplificazione delle procedure.
 
Secondo le disposizioni normative nazionali per ottenere la sanatoria edilizia l’intervento deve essere conforme alle norme urbanistiche vigenti al momento in cui è stato realizzato e al momento in cui è presentata l’istanza. Deve cioè esserci la “doppia conformità” prevista dal testo unico dell’edilizia. La legge regionale ha ritenuto, invece, sufficiente la conformità alle norme vigenti nel momento in cui è presentata l’istanza di sanatoria.
 
Il testo normativo siciliano, secondo la Corte costituzionale, rappresenta un “surrettizio tentativo di condono edilizio”, sia in relazione a interventi abusivi realizzati prima dell’entrata in vigore della l.r. 16/2016, sia a eventuali lavori abusivi realizzati dopo, ma sanabili a seguito di ulteriori modifiche alla disciplina urbanistica e edilizia. La Corte costituzionale, oltre a considerare la norma contraria alla Costituzione, ha affermato che crea una discriminazione tra chi commette abusi in altre regioni, sanabili solo con la doppia conformità, e chi li commette in Sicilia.

Il QdS ha incontrato Giuseppe La Greca, magistrato amministrativo presso il Tar Sicilia, per una riflessione sulle implicazioni della sentenza della Corte costituzionale.
 
Da magistrato come commenta la sentenza della Corte?
“Non commento la sentenza della Corte. Commento però il contenuto dell’intervento legislativo regionale il quale ha ‘recepito’ il testo unico statale dopo 15 anni e lo ha pure modificato travalicando le competenze che lo Statuto assegna alla stessa Assemblea regionale in una materia nella quale le implicazioni di carattere ambientale e di ordine penale (riservate allo Stato) sono molteplici. Non si capisce perché ad esempio, in tema di disciplina antisismica, la Regione abbia ritenuto di derogare alle regole statali dotandosi di una disciplina meno restrittiva”.
 
Ritiene che il problema sia legato alla qualità delle leggi regionali?
“Vi sono due profili: uno di metodo ed uno di merito. Non vedo nessuna ragione per la quale in alcuni ambiti la Regione debba dotarsi di una disciplina diversa da quella statale, ciò che sovente è avvenuto in materia edilizia ed urbanistica – ed è un fatto – non già per una maggiore tutela del territorio quanto per agevolarne il consumo (basti leggere le modifiche con le quali la stesa legge siciliana ha ‘recepito’ il testo unico statale). La stessa Corte costituzionale ha evidenziato che alcune previsioni normative del testo unico statale costituiscono norme di principio invalicabili anche per le Regioni a Statuto speciale. Nel caso della legge 16 del 2016 la Regione ha travalicato le competenze ad essa assegnate dallo Statuto e dalla Costituzione anche incidendo sull’assetto penale delle violazioni, su quello ambientale e su quello riguardante la materia della protezione civile, ambiti nei quali le competenze regionali sono pressoché inesistenti. Non dimentichiamo che quella ambientale è, tra l’altro, una materia in cui l’Italia soggiace a precisi obblighi imposti dall’Unione Europea”.
 
Come giudica la norma sulla sanatoria edilizia bocciata dalla Corte?
“Sono anni che la Corte sottolinea come le regioni non possano adottare misure di condono mascherato. La ritengo una scelta non in linea con il principio di legalità e non soltanto perché ha inciso sull’assetto penale delle violazioni”.
 
Il legislatore regionale dovrebbe occuparsi di più della qualità delle sue norme?
“A mio avviso sì. Da un po’ di anni la Regione legifera mediante rinvii alla legislazione statale. Il problema è che tale rinvio avviene con una modificazione delle norme statali ‘richiamate’. Tale tecnica crea disorganicità di sistema, difficoltà di lettura e di applicazione delle disposizioni con l’inevitabile contenzioso che ne discende. Occorre una attività di revisione normativa ancorando l’attività legislativa anche ad una seria analisi di impatto degli interventi. E le risorse a supporto di un miglioramento della propria attività normativa alla Regione non mancano”.
 
Come si traduce la disorganicità normativa sull’efficienza della pubblica amministrazione?
“Le faccio un esempio. Si pensi all’ordinamento degli enti locali, del tutto privo in Sicilia di una sua sistematicità. La Regione non ha mai reso espressamente applicabile il testo unico statale del 2000 nella sua interezza, sicché l’attività degli enti locali è, ancora oggi, dettata da una pluralità di fonti di difficile coordinamento e ciò spesso conduce ad un groviglio normativo nel quale anche i più esperti si imbattono in enormi difficoltà. Se ad esempio in Sicilia vi fosse una previsione chiara sulle competenze degli organi degli enti locali, in particolare in tema di determinazione e variazione delle aliquote dei tributi locali, non avremmo l’imponente contenzioso che riguarda tale aspetto. L’oscurità normativa induce le amministrazioni in errore con conseguente perdita di risorse da destinarsi a servizi da rendere alla collettività”.
 
Lo scorso mese di agosto la Regione ha soppresso gli interventi sostitutivi nei confronti dei burocrati degli enti locali che non diano seguito alla repressione degli abusi edilizi. Come giudica la norma e soprattutto il fatto che essa non sia stata impugnata dal Governo?
“In relazione alla mancata impugnazione credo che tale decisione sia derivata dalla mancata individuazione di profili di incostituzionalità; quanto al contenuto della norma mi limito a non commentare”.

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