Spesa sociale: spiccioli inefficaci - QdS

Spesa sociale: spiccioli inefficaci

Eleonora Fichera

Spesa sociale: spiccioli inefficaci

mercoledì 10 Gennaio 2018

Istat: i Comuni siciliani riservano a famiglie e soggetti in difficoltà risorse nettamente inferiori alla media italiana. Senza programmazione e interventi strutturali la povertà è in aumento

PALERMO – Famiglie in difficoltà economiche, disabili, senzatetto, tossicodipendenti e stranieri. Sono alcune delle categorie che il welfare pubblico si impegna a tutelare puntando a garantire servizi adeguati ai loro bisogni. Protezione e assistenza sono attività fondamentali per impedire che intere fasce di popolazione in difficoltà vengano abbandonate a loro stesse: evitare che ciò si verifichi rientra nelle competenze principali dei Comuni, Enti pubblici più vicini ai cittadini, almeno sulla carta.
 
Ma quanto spendono ogni anno i Comuni, in particolare quelli siciliani, per i servizi sociali? Stando all’ultimo rapporto presentato dall’Istat proprio pochi giorni fa, sempre di più. L’Istituto nazionale di statistica, infatti, ha registrato per il 2015 un incremento dello 0,2 % rispetto al 2014, anno in cui si era verificata una crescita dello 0,8% dopo circa tre anni di flessione. “Fra il 2013 e il 2015 – si legge nel rapporto – le risorse destinate ai servizi sociali sono aumentate in valore assoluto di quasi 69 milioni di euro”.
 
 
“Tuttavia – specifica l’Istat – ad aumentare sono solo le spese destinate a disabili (quasi 36 milioni) e stranieri (oltre 89 milioni) mentre risultano in calo per tutte le altre aree di utenza: quasi 34 milioni in meno per gli anziani, oltre 8 milioni in meno per la povertà, oltre 5 milioni in meno per le famiglie e quasi 5 milioni in meno per le tossicodipendenze”. Una ripresa, quindi, si fa avanti tra luci e ombre.
Nel 2015 i Comuni italiani hanno speso circa 6 miliardi 932 milioni di euro, lo 0,42% del Pil nazionale. La spesa di cui beneficia mediamente un abitante in un anno, a livello nazionale, è invece di 114 euro (cifra invariata dal 2013).
 
Nonostante la lieve ripresa registrata, però, il report presentato dall’Istat fotografa grandi differenze tra Nord e Sud del Paese: a fare più fatica nel garantire la tutela dei propri cittadini, sono i Comuni delle regioni del Mezzogiorno. Tra queste figura anche la nostra Isola che, ancora una volta, è costretta a fare i conti con incapacità amministrative e mancanza di una programmazione mirata, in grado di offrire servizi adeguati a tutti i cittadini, nessuno escluso.
 
Nel 2015 gli Enti locali siciliani hanno speso per i servizi sociali 372.795.387 euro. L’Emilia Romagna, Regione simile alla Sicilia per numero di Comuni (390 contro 333), ha speso poco meno del doppio: 716.828.597 euro. Non solo. La spesa pro capite, quella somma, cioè, di cui beneficia mediamente per i servizi sociali un cittadino in un anno, nella nostra Isola è di appena 73 euro, contro i 161 dell’Emilia Romagna e i già citati 114 della media nazionale.
 
Due dei tre capoluoghi di provincia principali, infine, si piazzano nella penultima fascia di spesa pro capite individuata dall’Istat. Palermo e Messina, infatti, rientrano nella fascia compresa tra i 50 e i 100 euro pro capite. Leggermente migliore, la performance di Catania: 115 euro di spesa pro capite.
 
Contenuta, la ripresa rispetto all’anno precedente: nel 2014, infatti, erano stati spesi 368.941.866 euro, mentre la spesa pro capite ammontava a 72 euro.
 
Ma in quali interventi hanno investito i Comuni isolani e chi sono stati i principali beneficiari dei circa 370 milioni di euro impegnati in questo settore?
 
UTENTI BENEFICIARI – Secondo il report dell’Istat, il 46,3% dei milioni messi in ballo dagli Enti locali isolani (172.202.529 euro) sono andati a famiglie e minori, il 27,1% (101.006.538 euro), invece, è stato utilizzato per interventi in favore dei disabili. Sono 46.290.046 gli euro destinati agli anziani (il 12,4% del totale), 23.216.142 (il 6,2%) quelli riservati ad attività correlate all’assistenza di nomadi e stranieri. Infine, 19.492.024 euro (il 5,2%) sono serviti per interventi in favore di cittadini in condizioni di povertà e disagio e per i senzatetto, mentre 1.283.626 euro (lo 0,3% del totale) sono stati destinati alle tossicodipendenze.
L’Istat individua, inoltre, un’ulteriore macro-categoria denominata multiutenza, specificando che rientrano in quest’ambito “i servizi sociali che si rivolgono a più tipologie di utenti, quali i servizi di mediazione sociale, segretariato sociale, i centri di ascolto tematici, gli sportelli sociali, la telefonia sociale, le azioni di prevenzione e sensibilizzazione, le azioni di sistema e le spese di organizzazione”. A questa macro-categoria i Comuni siciliani hanno riservato 9.304.482 euro, il 2,5% della spesa totale.
 
AREE DI INTERVENTO – L’Istituto nazionale di statistica ha individuato tre macro-aree di spesa: interventi e servizi, strutture e trasferimenti in denaro. Per quanto riguarda la Sicilia, il 49,4% della spesa totale (184.160.840) è servito per il sostentamento delle strutture che nell’Isola si occupano di garantire i servizi socio-assistenziali ai cittadini in difficoltà, mentre il 34,8% (129.835.851 euro) è stato utilizzato per finanziare servizi e interventi diretti. Il restante 15,8% (58.798.696), infine, rientra nell’area dei trasferimenti in denaro.
 
Dal rapporto, infine, emergono altri dati interessanti per fotografare le condizioni dei Comuni siciliani. L’Istituto nazionale di statistica, infatti, classifica la spesa sociale in base alle diverse forme di finanziamento utilizzate per garantire servizi e interventi (risorse proprie, fondi speciali o privati, trasferimenti da altri Enti pubblici). I dati siciliani ci dicono che solo il 53% della spesa sociale proviene dalle risorse proprie dei Comuni. Il dato nazionale è del 60%, volendo riprendere il confronto con l’Emilia-Romagna, la cifra sale al 78,5%. Per fronteggiare le difficoltà, gli Enti locali isolani sono costretti ad attingere in maniera sempre più considerevole dal fondo indistinto per le politiche sociali (15,4% contro il 2% dell’Emilia-Romagna) e dai fondi regionali vincolati per le politiche sociali (15,6% contro il 6% dell’Emilia-Romagna).
 
Una difficoltà, quella dei Comuni siciliani, che risulta ancor più allarmante se si considera che proprio l’Isola è una di quelle Regioni che per riprendersi avrebbe più bisogno di altre di un welfare pubblico efficiente e di Enti locali capaci di garantire servizi adeguati ai cittadini in difficoltà. In Sicilia, infatti, oltre 250.000 famiglie, quasi 900.000 persone, versano in condizioni di povertà assoluta (Istat). Non a caso, da qualche giorno la nostra Isola si è guadagnata l’ennesimo preoccupante “record”: seconda regione in Italia per numero di richieste (16.366, il 21,4% del totale) inviate per ottenere i benefici economici relativi al Reddito di inclusione, il nuovo sussidio riservato alle famiglie in difficoltà.

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