Giovani e pensionati svuotano la Sicilia - QdS

Giovani e pensionati svuotano la Sicilia

Michele Giuliano

Giovani e pensionati svuotano la Sicilia

mercoledì 17 Gennaio 2018

I siciliani iscritti all’Aire sono 744.000, i lombardi 422.566. In fuga anche gli anziani verso Paesi con tassazione più bassa. Nel 2016 11.500 concittadini si sono trasferiti all’estero; un laureato su due fuori dall’Isola

Chi ha voglia di studiare, dopo il diploma, lascia la Sicilia. Ma non solo: anche i pensionati vanno via, per ragioni ovviamente diverse. Alla fine però la questione è sempre una: dalla Sicilia tutti fuggono, per un motivo o per l’altro. Partiamo dai giovani, anzi giovanissimi, perchè quasi metà dei siciliani diplomati con il massimo dei voti si laurea al Nord o comunque fuori dalla Sicilia. Si tratta di giovani brillanti che per acquisire una preparazione migliore hanno deciso di trasferirsi e laurearsi al Nord o in altri prestigiosi atenei dell’Italia centrale. Una realtà difficile da accettare per molti giovani che devono allontanarsi dalla propria terra e dalla famiglia per avere maggiori possibilità occupazionali in regioni in cui le aziende attingono agli atenei, offrendo stage o contratti a tempo determinato che poi si trasformano in un rapporto duraturo e soddisfacente per entrambe le parti.
 
Senza contare la spesa economica che grava sulla famiglia, che allo stesso modo si sacrifica per il futuro del proprio rampollo. È una fuga di cervelli senza fine, che sottrae alla Sicilia molti giovani talentuosi che non vedono un futuro nella loro terra, allontanando in questo modo anche le possibilità di ripresa per l’Isola, che perde le proprie risorse, ormai rassegnate a cercare altrove.
 
Il fenomeno emerge dagli ultimi dati pubblicati dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sui laureati dell’anno accademico 2015/2016, l’ultimo disponibile. E i numeri sono impietosi: su 1.405 laureati magistrali residenti in Sicilia, diplomati col massimo punteggio, solo 766 hanno discusso la tesi in uno degli atenei siciliani. Il resto, ben 639 studenti (pari al 45,5 per cento del totale), ha preferito proseguire gli studi in uno degli atenei italiani che nei ranking internazionali si piazza più in alto di quelli siciliani.
 
Per la Sicilia si tratta di una perdita notevole. Perché tra tutti i laureati (triennali, a ciclo unico e magistrali) residenti in Sicilia la percentuale di coloro che restano al di là della Calabria ammonta al 68%: il 70% fra i triennalisti e il 60% per chi prosegue con la laurea specialistica, durante la quale la possibilità di cominciare a intrattenere rapporti lavorativi con le aziende è maggiore fuori dal nostro territorio, permettendo quindi sia di rendere pratica la propria preparazione teorica, ampliando così il proprio curriculum vitae prima ancora di aver terminato gli studi, che di inserirsi da subito in un circuito lavorativo più ampio ed articolato.

Poi c’è la categoria dei pensionati, quindi degli over 65 o giù di lì. Molti di questi siciliani hanno deciso di trasferirsi, armi e bagagli, probabilmente per ragioni economiche, alla ricerca di Stati con una tassazione più vantaggiosa, perchè con una pensione di mille euro, in Italia hanno difficoltà ad andare avanti.
 
Stando agli ultimi dati del Rapporto Italiani nel Mondo di Migrantes si evince che ad oggi sono 11.311 gli emigrati siciliani in Spagna (moltissimi alle isole Canarie). Non solo per lavoro ma anche per vivere con tranquillità pur senza una pensione da nababbi. Basti pensare che per una pensione di 1.500 euro pari a 3 volte il minimo Inps, il prelievo fiscale in Italia è del 20,73%, in Spagna solo del 9,5%.

Altra massiccia migrazione è in Grecia, nonostante la crisi che si respira in terra ellenica. Però qui l’importo fisso non tassabile deducibile annualmente è di 2.100 euro valido per tutte le fasce. Vivere da pensionato in Grecia quindi peserebbe a livello di tassazione 540 euro l’anno con una pensione netta annuale di 11.460 euro. E che dire invece della Tunisia dove di anno in anno si sta ampliando il numero delle emigrazioni dalla Sicilia? A tutto il 2016 sfiorano quota mille, ed il motivo può essere anche abbastanza evidente specie per il pensionato: in terra tunisina si paga un’aliquota dal 15 al 35% ma solo sul 20% del reddito, l’altro 80 è esente e c’è anche un accordo che garantisce ai pensionati italiani una copertura medica totale, al pari di quella assicurata nei confini dell’Unione europea.
 

 
Altra musica in Lombardia: l’88% dei laureati residenti
 
Il fenomeno dei cervelli in fuga dalla Sicilia diventa ancora più allarmante se si vanno a vedere i dati delle altre regioni: un esempio, la Lombardia, la cui quota di laureati magistrali che conseguono il titolo nella stessa regione di residenza ammonta all’88%. Percentuale che si ripete per il Lazio e che cala al 78% in Piemonte. Una realtà che contrasta con i dati positivi sul mondo del lavoro nell’Isola nei primi mesi del 2017. Oltre 35 mila i nuovi posti di lavoro da gennaio a settembre, quasi tutti contratti a tempo determinato, soprattutto in somministrazione e a chiamata, come alternativa ai voucher ormai non più praticabili. Lo rileva l’Osservatorio sul precariato dell’Inps, che registra anche una lieve crescita delle trasformazioni da tempo determinato a indeterminato e la dinamica attivazione delle assunzioni incentivate con Garanzia giovani e con il nuovo Bonus Occupazione Sud.
Nei primi nove mesi di quest’anno, secondo l’Osservatorio sul precariato dell’Inps pubblicato nei giorni scorsi e relativo ai nuovi contratti nel settore privato, esclusi i domestici e gli agricoli, le nuove assunzioni sono cresciute del 10,6%.
Ritornando invece all’altra fuga degli anziani le altre mete preferite sono, ad esempio, il Messico dove i mille euro della pensione diventano ben 16 mila pesos, cioè quanto in media prende un dirigente d’azienda. Gli over 60 stranieri residenti sono equiparati a quelli messicani e come tali con diritti a sconti fino al 55% su beni e servizi di ogni tipo, comprese le cure mediche e i divertimenti. E che dire invece del Perù? I pensionati hanno sconti dal 20 al 50% su cinema, eventi sportivi, bus, barche, treni, biglietti aerei, hotel e medicine non coperte da assicurazione sanitaria. E poi c’è l’Ecuador che figura nell’elenco delle nazioni dove non è prevista la doppia tassazione sulle pensioni.
 

 
Emigrazione, emorragia che sembra inarrestabile
 
In Sicilia il fenomeno della migrazione ha conosciuto alti e bassi, picchi e momenti di stasi ma di fatto non si è mai fermato. A volte galoppante, altre lento ma comunque sempre incisivo. Nel 2016, ultimo dato disponibile, si sono iscritti nel registro degli italiani all’estero (Aire, Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) 11.501 siciliani, con un incremento del 17,1% rispetto al 2015.
Complessivamente i siciliani iscritti all’Aire sono poco più di 744.000, il valore assoluto più alto tra le regioni italiane; a seguire la Campania, con un valore che supera di poco la metà degli espatriati isolani. La situazione, quindi, non è per nulla rosea, almeno stando ai dati ufficiali. Il lavoro sommerso, infatti, rimane una piaga del nostro territorio, che distorce la visione della realtà economica siciliana.
Secondo i dati Istat, in Sicilia si tratta del 19,5% del valore aggiunto, qualcosa come 15 miliardi di euro, da imputare per l’8,4% al lavoro non regolare, il 7,8% alla sotto dichiarazioni fiscali delle imprese e il 3,3% all’economia illegale. Continua anche nel 2015 un’area di evasione stimabile intorno ai 20 miliardi di euro. Infatti, a fronte di redditi dichiarati di poco superiori a 45 miliardi, i consumi delle famiglie siciliane si sono attestati intorno a 65 miliardi: per ogni 100 euro di reddito dichiarato a fini Irpef, l’Istat stima 141 euro di consumi delle famiglie, un valore molto più alto della media italiana, che si attesta sui 121 euro. Sempre l’Istat ha recentemente confermato che la Sicilia, insieme a Campania e Puglia, detiene il primato della più bassa intensità lavorativa, valore che certifica l’incidenza delle persone in età lavorativa che vivono in famiglia e che nell’ultimo anno hanno lavorato per meno del 20% del loro potenziale.

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