Una boccata di aria inquinata prima di entrare a scuola - QdS

Una boccata di aria inquinata prima di entrare a scuola

Rosario Battiato

Una boccata di aria inquinata prima di entrare a scuola

martedì 30 Gennaio 2018

Monitoraggio di Greenpeace a Palermo: registrati, in 10 istituti su 10, elevati livelli di biossido di azoto. Oggi a Bruxelles vertice tra i Paesi in infrazione e la Commissione europea

PALERMO – Greenpeace ha monitorato la qualità dell’aria a Palermo, registrando, tra dicembre e gennaio e in un orario compreso tra le 7,30 e le 8,30, superamenti presso dieci scuole dell’infanzia e primarie di Palermo per i valori delle concentrazioni di biossido di azoto, spesso “ampiamente al di sopra del valore individuato dall’Organizzazione mondiale della sanità – si legge nella nota dell’associazione ambientalista – per la protezione della salute umana (40 μg/m3, microgrammi per metro cubo)”.
 
Non è certamente il migliore biglietto da visita con cui presentarsi oggi a Bruxelles per convincere l’Ue di aver intrapreso un cammino virtuoso ed evitare così che si proceda sulla strada del deferimento alla Corte di Giustizia comunitaria, concedendo un ulteriore passo in avanti all’iter delle procedure di infrazione. Una situazione che coinvolge direttamente anche sulla Sicilia, coinvolta in due procedure di infrazione.
 
Il capoluogo siciliano ha rappresentato l’ultima tappa della campagna di monitoraggio della qualità dell’aria in quattro città italiane che ha visto anche il coinvolgimento di Milano, Torino e Roma. Complessivamente sono state ben 40 le misurazioni, per 40 giorni e altrettanti istituti scolastici (asili o elementari): 39 monitoraggi su 40 hanno rilevato concentrazioni di NO2 superiori ai 40 μg/m3.
Palermo, in particolare, “conferma un quadro che appariva già evidente: da nord a sud, le città italiane sono assediate dai veleni dei diesel – ha spiegato Andrea Boraschi, responsabile della Campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia – e i bambini, che sono i più colpiti dagli effetti patogeni di queste sostanze, sono tutto fuorché al riparo”. Un risultato, spiega Boraschi, che si pone in linea con i “valori delle reti di monitoraggio ufficiali, segnala non solo un grave problema di qualità dell’aria, quanto un’emergenza sanitaria diffusa che esige soluzioni urgenti”.
 
L’origine del fenomeno è chiara: il 70-80 per cento del biossido di azoto arriva dal “settore dei trasporti”, in particolar modo dal diesel. Anche l’Arpa ha ricordato, in un recente report sulla qualità dell’aria, che il traffico nelle strade urbane determinato dai veicoli pesanti maggiori di 3.5 t e dalle automobili a gasolio è il “macrosettore maggiormente responsabile delle emissioni di Nox (ossido di azoto, ndr)”.
 
E la Sicilia, che nelle grandi città registra alcuni dei valori più elevati di utilizzo del mezzo privato con standard emissivo meno ecologico (euro 0, euro 1), è tra le regioni che pesano nel bilancio complessivo emissivo nazionale, soprattutto in tema di infrazioni comunitarie. L’Isola, infatti, è coinvolta, secondo l’aggiornamento di maggio del dipartimento Politiche europee, in due procedure di infrazione per violazione della direttiva 2008/50/Ce sulla qualità dell’aria: la n. 2015/2043 per i superamenti del valore limite per gli ossidi di azoto (NOx) e la n. 2014/2147 per i superamenti del valore limite per il particolato fine PM10 e per la mancata attuazione di interventi di risanamento della qualità dell’aria.
 
Le amministrazioni comunali isolane sono impegnate in prima linea nell’implementazione di misure di contrasto – tram a Palermo, bus ecologici e nuove tratte della metropolitana a Catania – ma secondo Greenpeace nessuno sembra pronto “a fare quanto stanno facendo altre città europee: dare una data di ‘scadenza ai diesel, oltre la quale questi veicoli non potranno più circolare nei centri urbani. Questo sarebbe il modo più efficace per dimezzare in breve tempo l’inquinamento da No2”.

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