Aziende confiscate, nessuna utilizzata - QdS

Aziende confiscate, nessuna utilizzata

Adriano Agatino Zuccaro

Aziende confiscate, nessuna utilizzata

giovedì 01 Febbraio 2018

Bilancio dell’Anbsc 2017 per la Sicilia nelle parole del direttore, prefetto Sodano: “Più strumenti col nuovo codice Antimafia”. 902 in gestione in attesa di assegnazione. Scongiurata la chiusura della sede di Palermo

In tutto il 2017 l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata è riuscita a destinare appena 15 aziende sul territorio nazionale su 2883 in gestione al 15 gennaio 2018, nessuna in Sicilia. Solo il 23% delle aziende “passate per le mani” dell’Agenzia è stato destinato. Un dato allarmante che non si ripercuote sugli immobili su cui l’Agenzia sta facendo progressi enormi: nel 2017 sono 2400 gli immobili destinati, contro i 1200 dello scorso anno, ben 759 solo in Sicilia. Il 43% degli immobili è stato destinato. Il prefetto Ennio Mario Sodano, direttore dell’Agenzia, spiega le ragioni del gap, illustra le novità di una riforma complessiva del sistema e scongiura, nel breve tempo, la chiusura delle sedi di Palermo, Napoli e Milano in seno all’Agenzia.
 
 
Le aziende che al 15 gennaio 2018 risultano gestite dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata sono 2.883, quelle destinate sono 878. Su un totale di 3.761 aziende passate negli anni per le mani dell’Agenzia, dunque, solo il 23% è stato destinato. Una percentuale indubbiamente bassa ma che si spiega considerando che non tutte le aziende sono già allo stadio “confisca definitiva” e le tempistiche di gestione sono lunghe e complesse.
 
La Sicilia non fa eccezione: le aziende in gestione sono 902, quelle destinate 333. Su un totale di 1.235 aziende passate per le mani dell’Agenzia, dunque, solo il 27% sono state destinate. “É inevitabile – prosegue Sodano – che le imprese scontino comunque un prezzo quando passano attraverso un procedimento di sequestro e poi di confisca. Le imprese sequestrate e poi confiscate si accorgono che erano gestite da mafiosi quando passano allo Stato, prima nessuno sapeva niente! Quelle imprese che fino a quel momento avevano lavorato col ricatto mafioso (anche se non bene) appena vengono sequestrate perdono occasioni di lavoro e si fanno da parte i fornitori, i finanziatori e il mercato”.
 
“Quella dei beni confiscati – ha rilevato il segretario della Cgil Sicilia, Michele Pagliaro – è una partita che si scontra con un quadro normativo piegato sul diritto fallimentare col risultato dell’allungarsi infinito dei tempi tra sequestro e assegnazione”.
Il prefetto Ennio Mario Sodano, direttore dell’Agenzia spiega che “i tempi sono lunghi perché sono lunghi i tempi del processo e questi sono incomprimibili perché il processo ha le sue esigenze di garanzia con una serie di passaggi che non si possono contrarre oltre una certa misura”.
 
Discorso diverso, invece, per ciò che attiene gli immobili. “L’Agenzia sta facendo progressi enormi: nel 2017 abbiamo destinato 2.400 immobili, contro i 1.200 dello scorso anno, i 1.700 del 2015, i 630 del 2014, i 640 del 2013. Il trend per la destinazione è più che positivo, qualunque azienda ‘stapperebbe bottiglie’. È un trend frutto del lavoro dell’agenzia sul terreno dell’informatizzazione e l’approccio alle conferenze di servizio” conclude il prefetto. Anche qui permangono criticità e immobili di difficile destinazione (intervista al prefetto in basso).
 
Sono 17.275 gli immobili in gestione presso l’Anbsc, quelli destinati 13.040 per un totale di 30.315 unità passate per le mani dell’Agenzia secondo gli ultimi aggiornamenti datati 15 gennaio 2018. Il 43% del totale, dunque, è stato destinato. In Sicilia la percentuale sale al 45% ma in valori assoluti abbiamo il più alto numero d’immobili in gestione: 6.223 contro i 2.643 della Campania e i 2.131 della Calabria, rispettivamente seconda e terza regione in classifica. Numerosi anche gli immobili destinati nell’Isola, e dunque in uso: 5.100, 759 solo nel 2017.
 
Se, dunque, per stessa ammissione del prefetto (intervista in basso) “c’è molto da fare come agenzia e da parte di tutti”, è anche vero che gli addetti ai lavori si aspettano risvolti positivi dal nuovo codice antimafia e strumenti più incisivi per consentire la fruizione più rapida e costruttiva di beni da riconsegnare alla collettività.
 

 
Ennio Maria Sodano, direttore Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità Organizzata
 
Il prefetto Ennio Mario Sodano, direttore dell’Agenzia, ci parla del nuovo codice antimafia, entrato in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 4 novembre scorso, della riforma e delle novità da essa introdotte.
“L’impianto generale è positivo – dichiara Sodano – perché disegna una nuova geometria dell’Agenzia che si servirà di nuclei di supporto presso le prefetture, avrà strumenti normativi nuovi a sostegno delle imprese e dei lavoratori e di una rete più ampia che costituisce la base sulla quale cominciare a rielaborare un approccio ai beni confiscati che è più complessivo. La legge conteneva anche degli elementi tecnici che andavano messi apposto e con l’aiuto del ministero dell’Interno siamo riusciti a sistemare anche questi aspetti.
C’era il problema della chiusura delle sedi di Palermo Napoli e Milano che è stato scongiurato. Una chiusura che nell’ambito complessivo della legge era anche coerente però è un disegno che ha bisogno di tempi lunghi per concretizzarsi. Siamo riusciti ad ottenere che con una norma contenuta nella finanziaria le sedi periferiche continuino ad operare finché il disegno complessivo di riforma dell’Agenzia e di potenziamento non sarà completato; cosa che richiederà tempi abbastanza lunghi perché c’è da fare tra le altre cose un grande piano di mobilità. Per ora l’agenzia continuerà a lavorare come ha fatto fino ad oggi”.
 
Quali strumenti vengono introdotti?
“La riforma consente per i grandi gruppi d’interesse strategico di nominare amministratori da Invitalia e quindi tecnici più specializzati. Abbiamo avviato rapporti col ministero dello Sviluppo perché grandi aziende dell’immobiliare, della sanità e del turismo a Palermo e dell’eolico in Calabria non possono essere gestite con gli strumenti ordinari ed è necessario il concorso di manager qualificati e specializzati. C’è una norma che estende la possibilità di avvalersi di strumenti per i grandi gruppi in crisi anche alle aziende confiscate che non hanno i requisisti previsti per le altre”.
 
Quali sono le prospettive per il futuro?
“Le prospettive future vedono un disegno con un’agenzia centrale che si avvale di nuclei di supporto presso le prefetture e renderà più capillare e più presente l’Agenzia su tutto il territorio nazionale. Nell’ambito dei nuclei di supporto collaboreranno enti ed istituti del territorio e dunque avremo certamente una maggiore capacità di intervenire sulle situazioni locali con una maggiore conoscenza delle situazioni. Presso la prefettura saranno istituiti dei tavoli consultivi che saranno a servizio delle imprese confiscate con l’obiettivo di rivitalizzare queste imprese e vedere le possibilità che hanno di riprendere l’attività e realizzare sinergie tra le imprese confiscate (e questa è una grande novità). Abbiamo un network d’imprese che operano separatamente l’una dall’altra e la legge adesso prevede di mettere in rete queste imprese accumunate dal fatto di essere gestite dallo Stato. La rete può salvare la manodopera e creare nuove occasioni per il territorio”.
 
I dati su immobili e aziende destinate… Come giudica il lavoro dell’Agenzia?
“Sugli immobili i progressi sono enormi, c’è molto da fare per quanto riguarda le aziende perché il percorso è molto più accidentato. La realizzazione di tavoli locali con la presenza dei soggetti economici (sindacati, associazioni di categoria) potrà essere un grande aiuto per le imprese. Avremo un quadro più dettagliato delle imprese confiscate con l’avanzare dell’informatizzazione. Le tante aziende che risultano in carico all’Agenzia in realtà non producono bilanci da due-tre anni e quindi esistono solo sulla carta. Le aziende ancora attive sono 500-600. Inoltre, molto spesso tali aziende mafiose presentano un numero di dipendenti che non è quello reale con una grande presenza di lavoro nero.
Tornando agli immobili, su cui le procedure sono molto più rodate, si porrà il problema di cosa fare di quelli che è difficile collocare. Sotto la dicitura immobili vanno unità catastali come la baracca degli attrezzi, garage, fabbricati diroccati in zone impervie, appezzamenti di terreno in zone scoscese… Lì manca l’interesse per poterli utilizzare e ci vorrà una riflessione per far chiudere il cerchio. Abbiamo avviato contatti col ministero dell’agricoltura per fare un censimento dei terreni perché molti di questi immobili sono piccoli terreni in località impervie per capire se c’è la possibilità di farli rivivere”.

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