Regione e lavoro, flop da 800 milioni di euro

PALERMO – Le politiche del lavoro della Regione Siciliana? Un fallimento. Spese miliardarie fine a se stesse (per il mantenimento dell’apparato), politiche attive che hanno come risultato un drammatico 40% di disoccupazione giovanile, 30.000 lavoratori dipendenti che hanno perso il posto di lavoro, 14.000 persone (di cui 8.000 donne) in più rispetto al 2008 in cerca di occupazione.
Formazione professionale (242 milioni di euro), sportelli multifunzionali (52 mln), Centri per l’impiego (18 mln per il solo personale) sono costati nell’ultimo anno qualcosa come 312 milioni di euro.
 
A questi bisogna aggiungere il costo del personale dei tre dipartimenti dell’assessorato regionale al Lavoro: 134 milioni per il dipartimento Lavoro, 6 milioni per il dipartimento Formazione professionale e 5 milioni e mezzo per l’Agenzia dell’Impiego.
Ma non è finita. Dalla Regione girano altri soldi: i fondi europei, statali e connessi finanziamenti per la formazione (150 milioni e 94 mila euro euro), quelli per il catologo on line dell’offerta formativa (8 milioni di euro). Cifre da capogiro che però non corrispondono ai risultati che ci si dovrebbe aspettare, almeno nelle previsioni.
L’obiettivo fissato dall’Ue con il Patto di Lisbona è distante anni luce: entro il 2010 era stato indicato come meta il raggiungimento di un tasso di occupazione del 70 per cento per la popolazione attiva e del 60 per cento di partecipazione della forza lavoro femminile. Oggi si parla nell’Isola di un tasso di occupazione (ultima rilevazione Istat) pari al 43 per cento, e risulta tra l’altro essere il peggiore degli ultimi 5 anni (era al 44,1 per cento nel secondo trimestre e al 44,3 per cento nel terzo trimestre del 2008).
Numeri che testimoniano l’assoluta iniquità delle politiche del lavoro portate avanti in Sicilia. A cominciare dalla formazione professionale. Un sistema che si è gonfiato al suo interno a dismisura: si è passati da 40 enti accreditati 10 anni fa agli attuali 254, senza contare i 173 enti che sono già stati inseriti nell’elenco del decreto provvisorio dell’assessorato per il definitivo accredito.
E poi emerge un altro dato: si è passati dai 5 mila dipendenti assunti nei vari enti di formazione nel 2000 agli attuali 9 mila e 200, così come è stato appurato dal Dipartimento della Formazione professionale e anche dai sindacati. Inevitabile che i costi siano lievitati: un decennio fa la Regione sborsava 150 miliardi di vecchie lire, oggi invece ne scuce 242 milioni di euro, con un picco di spesa nel 2007, secondo i dati forniti dalla Corte dei Conti, di ben 360 milioni di euro.
Altro capitolo quello dei Centri per l’impiego che oggi sono stati ridotti quasi a delle “larve” viventi, snaturati dai compiti per cui originariamente erano nati e cioè far incontrare domanda ed offerta di lavoro. Di fatto però queste strutture oggi sono state “svuotate” dall’avvento dei super costosi SportelliMultifunzionali che, per fare qualcosa in più (sulla carta) rispetto ai vecchi collocamenti, costano quasi 3 volte di più.
 
Una serie di normative nel tempo hanno reso praticamente il Cpi assolutamente superato. Prima il Decreto Legislativo numero 297/2002 con il quale è stato riconfermato il principio dell’assunzione diretta, già sancito dalla legge 608/96, per i datori di lavoro privati, e gli enti pubblici economici; poi è arrivato il Decreto Interministeriale del 30 ottobre 2007 che ha reso obbligatorio
l’invio delle comunicazioni per via telematica, in attuazione di quanto previsto dalla Legge Finanziaria 2007 (L. 296/06).
Il che significa che un Centro può non essere interpellato da un’azienda per la ricerca di appositi profili professionali e non avvia nemmeno più al lavoro il disoccupato.