Pari emissioni Sicilia e Lombardia - QdS

Pari emissioni Sicilia e Lombardia

Rosario Battiato

Pari emissioni Sicilia e Lombardia

mercoledì 13 Gennaio 2010

Ambiente. Le conseguenze al lavoro sui combustibili fossili.
Non solo PM10. La qualità dell’aria che si respira in Sicilia non è delle migliori. Colpa dell’inquinamento causato dall’industria pesante che si ripercuote anche nella produzione delle polveri sottili.
Il paradosso. L’Isola ha un quarto delle industrie inquinanti della Lombardia, ma riesce spesso a superare la regione del Nord nei vari valori di emissioni, come benzene, ossido di zolfo e azoto.

PALERMO – L’aria della Sicilia è sempre meno respirabile.
I dati regionali in materia di emissioni inquinanti rientrano tra i tre peggiori risultati d’Italia, a fronte dell’energia verde che ancora stenta a decollare.
Le raffinerie isolane, responsabili del 90% delle emissioni di inquinanti, pagano le tasse a Roma o Milano, dove hanno le loro sedi legali e intanto i siciliani respirano i veleni.
A fronte di questo dramma collettivo la nuova linea verde lanciata da Lombardo, con i nuovi impianti di pannelli fotovoltaici a Catania, e lo stop implicito alla “grande industria” lanciato dal governo regionale riuscirà a rendere più compatibile lo sviluppo economico e compatibilità territoriale?
 
Il mal d’aria conquista la Sicilia facendo strage di polmoni isolani da Catania a Palermo. Se Siracusa è la città leader per concentrazione di PM10, non sono da meno gli altri centri della regione, in particolar modo quelli che orbitano nelle aree delle Raffinerie. La Sicilia è tra le tre regioni italiane che emettono il maggior numero di fattori inquinanti in atmosfera assieme a Puglia e Lombardia, che però hanno una quota di energia verde sensibilmente superiore ed inoltre una concentrazione industriale di gran lunga maggiore. Come se non bastasse, le raffinerie dell’Isola inquinano qui, ma pagano le tasse altrove avendo le sedi legali fuori dall’isola. I decreti di Milone dello scorso settembre e il nuovo “corso” fotovoltaico della Regione saranno sufficienti ad invertire la tendenza?
La Sicilia, secondo gli ultimi dati del Registro INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti)   disponibili,  emette ogni anno il 12,54% dell’anidride carbonica nazionale (CO2), terza regione d’Italia dopo Puglia (21,2%) e Lombardia (13,34%). Al secondo posto nazionale invece per quanto riguarda il benzene (26,16%) superata sempre dalla Puglia (46,13%), ma decisamente davanti la Lombardia (9,87%). Lo stesso trio inquinante si riconferma anche nelle emissioni di ossido di azoto dove a guidare c’è ancora la regione pugliese (19,63%), seguita a pari merito da Lombardia (11,54%) e Sicilia (11,65%). L’Isola si conferma al secondo posto nazionale anche in termini di ossido di zolfo (21,20%) e per il particolato che la vede sulla terza piazza d’Italia (7,84%).
Dati che non stupiscono dopo le numerose inchieste pubblicate sul fenomeno da questo giornale, ma ciò che lascia ancora perplessi riguarda il numero degli stabilimenti siciliani e lombardi, che sono le due regioni leader nel settore dell’inquinamento. Il registro INES, che contiene informazioni su emissioni in aria e in acqua di specifici inquinanti provenienti dai principali settori produttivi e da stabilimenti generalmente di grossa capacità presenti sul territorio nazionale, certifica nell’isola 33 impianti potenzialmente inquinanti a fronte di 146 che sono registrati in Lombardia. Sarebbe come dire che la Sicilia con ¼ degli impianti inquinanti che ci sono nella regione di Formigoni inquina allo stesso modo.
Ma cosa influisce così tanto nei valori isolani? Partiamo dalla considerazione che il 90% dell’inquinamento scaricato in atmosfera, secondo dati relativi alle emissioni al 2005 e in fase di aggiornamento al 2007, inventario regionale delle emissioni in aria ambiente adottato con il D.A. n. 94/GAB del 24 luglio 2008, deriva dalla “Combustione nell’industria dell’energia e trasformazione fonti energetiche”. Un risultato scontato che tra l’altro raggiunge i suoi picchi proprio nei cosiddetti SIN, le aree ad elevato rischio di crisi ambientale, Triangolo della morte a Siracusa, Comprensorio del Mela e Gela, dove da oltre 10 anni sono stati predisposti dei programmi di bonifica, in realtà mai cominciati, come denunciato in un recente rapporto dell’Arpa regionale e dalle dichiarazioni del ministro Stefania Prestigiacomo.
Ulteriormente complesso resta il tema della conversione verde delle fonti inquinanti, visto che Puglia e Lombardia, le altre due maglie nere dell’inquinamento nazionale, mantengono una quota di green energy attualmente superiore a quella siciliana, rispettivamente 11.891,8 GWh di elettricità prodotta da Fer ((Fonti di energia rinnovabile – 2008) e potenza efficiente per elettricità da Fer pari a 5377 MW per la  regione settentrionale e 2141 GWh di elettricità e potenza efficiente di 1054 MW per i pugliesi contro 1200 GWh di elettricità prodotta e 983 MW di potenza efficiente nell’Isola.
In questo quadro desolante si aggiunge l’aggravante che gli impianti inquinanti esistono in Sicilia, ma pagano le tasse altrove non avendo la sede legale nell’isola. Ad esempio l’Eni spa, 50% della Raffineria di Milazzo e proprietaria della Raffineria di Gela, ha sede legale a Roma, stesso luogo per la proprietaria dell’altro 50% della Raffineria di Milazzo cioè la Kuwait Petroleum Italia S.p.A., mentre dal 2008 la Raffineria sud di Priolo Gargallo è gestita anche dalla Lukoil russa, il 49% di proprietà dell’impianto è stato ceduto dalla Erg SpA, quest’ultima con sede legale a Milano.

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