Sud grande assente del dibattito politico - QdS

Sud grande assente del dibattito politico

Marco Vitale

Sud grande assente del dibattito politico

mercoledì 07 Marzo 2018

Da sempre dimenticato e “costretto” ad un inseguimento impossibile e frustrante con il Centro-Nord. Dopo gli anni ‘50, quando la corruzione ha finanziato i mostri industriali le cose sono peggiorate

Da più parti viene proposta una domanda che all’incirca suona così:
il Sud ormai da anni è il grande assente nel dibattito politico. La campagna elettorale lo ha dimostrato in modo più che evidente. Per quale motivo la politica pare ammutolita su questo fronte?
La verità è che la campagna elettorale ha sparato tante idiozie e tante balle e si è dimostrata tanto incapace di affrontare, in modo serio, qualsiasi problema serio, che il fatto che non abbia parlato del Sud è, forse, un buon segno. Per il Sud.
 
Il presidente di Fondazione con il Sud Carlo Borgomeo in un intervento che pubblica su Vita sostiene che “Occorre rovesciare il paradigma: è inutile la condanna per il Sud ad un inseguimento impossibile, frustrante e deresponsabilizzante, dei livelli di ricchezza del Centro-Nord. Il divario vero non è nel PIL né nel reddito pro-capite, ma nei tassi di abbandono scolastico, nei posti disponibili negli asili nido, nelle chiare prospettive di futuro ai giovani, nei servizi alla persona, nei servizi sanitari, nel funzionamento delle istituzioni, nel rispetto delle regole. Bisogna partire da qui”. Prima quindi lo sviluppo sociale, a cui segue quello industriale/ economico.
Quello che dice Carlo Borgomeo non è una provocazione. È una assoluta verità che personalmente affermo da almeno trent’anni.
 
Spesso ho anche scritto che la strategia governativa per il Sud è stata un “grande successo”. Essa veniva infatti illustrata nel 1952 da Pasquale Saraceno (il principale ispiratore del progetto insieme a Menichella, che qui fece il suo unico grande errore) con queste parole:
“In un paese sovrapopolato, nel quale la popolazione non occupata prende coscienza del suo stato di minorità rispetto alla popolazione restante, l’iniziativa privata non può avere che una funzione complementare rispetto all’iniziativa pubblica: se questa è viva ed è consapevole dei propri compiti anche l’iniziativa privata si sviluppa; altrimenti essa decade…. Ora, il fatto che il problema economico italiano risulti dalla combinazione di un ristagno industriale nel Nord e di uno stato di sovrapopolazione agricola nel Sud addita, di per sé, una linea direttiva per la soluzione dei nostri problemi: una politica di larghi investimenti al Sud crea infatti quella più larga base di mercato interno che si richiede per una piena utilizzazione dell’apparato industriale del Nord e per una sua estensione al Sud; la classica immagine delle due debolezze contrapposte che possono creare la solida forza di un arco ben equilibrato può essere utilmente richiamata a questo riguardo. Una politica di spese a favore del Mezzogiorno rappresenta una forma di intervento a favore dell’industria, e in particolare di quella meccanica, tra le più efficaci…. L’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno non è che il riconoscimento di tale ostacolo pregiudiziale e quindi il passo preliminare all’avvio di ogni programma. Spesa pubblica e relativi effetti non potranno quindi che aumentare di mano in mano che lo Stato andrà attrezzandosi per lo svolgimento dei nuovi compiti”.
 
Questa è stata la strategia base avviata negli anni ’50 per il Mezzogiorno, e quello che si prefiggevano si è puntualmente verificato. Per questo si può dire che è stata un successo. Questo volevano e questo si è verificato. La situazione è andata ulteriormente peggiorando, quando si è innestata la corruzione per finanziare mostri industriali assurdi, nel campo chimico, o pseudo-chimico e petrolchimico, distruttori del territorio e dell’ambiente, bene primario del Sud. Non sono mancate voci dissenzienti, come quella di Amendola, di Sturzo, di Vera Lutz. Ma erano voci profetiche che parlavano nel deserto. Il discorso di Amendola per motivare il suo voto “Contro la istituzione di una Cassa per il Mezzogiorno” (20 giugno 1950), merita di essere riletto ancora oggi, come pochi passaggi sono sufficienti a evidenziare:
“Il Mezzogiorno non può essere considerato come una zona depressa. Per superficie e popolazione, esso è un terzo di tutto il paese. La sua popolazione si accresce con continuità . E le regioni meridionali hanno dietro di sé una storia millenaria. Esso respinge, pertanto, il concetto di colonizzazione, che è intimamente legato a quello di area depressa. Ed invece il termine area depressa è usato non a caso nella relazione governativa.
La via per la soluzione della questione meridionale non è quella di un intervento dall’esterno o dall’alto, a mezzo di un ente speciale che, sotto la copertura di un’azione tecnica, aprirebbe la strada all’espansione di gruppi monopolistici anche stranieri. La via è un’altra: quella di permettere alle stesse popolazioni meridionali di operare il rinnovamento e il progresso economico di quelle regioni e promuovere lo sviluppo delle forze produttive rimuovendo, con una svolta della politica dello Stato italiano verso il Mezzogiorno, e non solo con l’esecuzione di determinate opere pubbliche, le cause di carattere politico e sociale che hanno, dal 1860 in poi, determinato il formarsi di una questione meridionale. Questa, del resto, è la via indicata dalla Costituzione, che afferma la necessità delle riforme di struttura e che invita le stesse popolazioni interessate, attraverso l’autogoverno regionale, ad essere le protagoniste del processo di valorizzazione e di sviluppo economico di cui esse dovranno anche essere le beneficiarie…
 
I lavori pubblici sono certamente necessari, indispensabili, urgenti; ma essi da soli non riescono a modificare la realtà meridionale, anche perché non possono essere attuati nella misura resa necessaria dalle condizioni di quelle regioni…. Soltanto rimuovendo le cause della miseria meridionale e provocando con vaste riforme di struttura un aumento della produzione, della ricchezza e del benessere delle popolazioni meridionali, è possibile mettere queste popolazioni, attraverso i loro organi di autogoverno, Comuni, Province e Regioni, in condizioni di risolvere gli innumeri problemi che vanno dalla viabilità, agli acquedotti, alle scuole, alle case municipali, agli ospedali, ai cimiteri.
Allora, un investimento massiccio e centrale potrebbe veramente dare i massimi frutti, perché questo sforzo sarebbe sorretto da quello delle popolazioni interessate, liberate finalmente dalla secolare oppressione e messe in grado di agire per la propria redenzione”.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017