Depurazione, ora si rischia grosso - QdS

Depurazione, ora si rischia grosso

Rosario Battiato

Depurazione, ora si rischia grosso

venerdì 16 Marzo 2018

Alla Corte di giustizia Ue è partita la causa avviata dalla Commissione contro l’Italia per il mancato trattamento dei reflui. Incombe una multa da 62 mln € subito e 347 mila al dì. L’Isola c’è dentro fino al collo 

PALERMO – Il caso della depurazione siciliana è emblematico perché condensa alcune delle principali criticità del sistema Sicilia. In prima linea si registra la bassa capacità di spesa dei fondi e la difficoltà progettuale – la prima delibera sul tema del Cipe risale al 2012 e stanziava oltre un miliardo per la depurazione siciliana – che adesso vede il commissario nazionale Enrico Rolle in azione per avviare 94 interventi su 51 agglomerati, in seguito a un commissariamento regionale.
 
Negli ultimi mesi qualcosa si è mosso: il 19 gennaio sono stati consegnati i lavori di adeguamento e potenziamento dell’impianto di depurazione di Castelvetrano e “si tratta – si legge sul sito governativo della depurazione – del primo dei 92 cantieri gestiti direttamente dal Commissario unico” per lavori che dureranno circa due anni e costeranno 14 milioni di euro. Responsabilità che da anni Regione e Comuni si rimbalzano, ma che di fatto hanno portato all’immobilismo.
 
Ritardi di spesa che si sommano al danno ambientale – il portale del ministero della Salute “acqua.gov.it” ha registrato 324 irregolarità e 228 Comuni su 390 che non depurano in regola e che non hanno adeguate reti fognarie – e a quello economico con sanzioni pecuniarie, in caso di condanna degli eurogiudici della Corte Ue, che potrebbero andare a pesare proprio sulle tasche degli isolani.
La prima direttiva Ue in materia di depurazione delle acque reflue risale all’inizio degli anni Novanta (91/271/Cee), eppure qui il tempo sembra essersi fermato e la situazione resta complicata e difficile. Un discorso simile riguarda le altre numerose procedure di infrazione che riguardano l’Isola e che comprendono altri aspetti delicatissimi, come l’inquinamento acustico, i rifiuti e la qualità dell’aria.
 
1. L’Italia recidiva torna sul banco degli imputati
Alla fine di febbraio la Corte Ue ha annunciato di aver avviato una causa per sanzionare l’Italia in riferimento agli inadempimenti nel trattamento e nello scarico delle acque reflue. La richiesta è arrivata dalla Commissione Ue che ha chiesto di agire per “persistente inadempimento dell’Italia in materia di trattamento e scarico delle acque reflue urbane e industriali”.
Il caso risale al 2009, quando Bruxelles aveva già avviato la procedura e la Corte di Lussemburgo aveva dato ragione all’esecutivo comunitario. In particolare, il 19 luglio del 2012 la sentenza aveva evidenziato il venir meno dell’Italia agli obblighi della direttiva comunitaria di riferimento per il settore della depurazione delle acque (91/271).
Proprio secondo la normativa comunitaria, il Belpaese avrebbe dovuto mettersi in regola entro il 2000 per gli agglomerati urbani con abitanti superiori ai 15 mila abitanti.
 
2. Il 64% dei siti non depurati si trova al di qua dello Stretto
In attesa di avere ulteriori ragguagli in relazione al passaggio che si è consumato alla fine di febbraio, l’ultimo aggiornamento sugli agglomerati coinvolti nella procedura di infrazione, al dicembre del 2016, ne aveva registrato un numero pari a 80, distribuiti su sette Regioni. Alla Sicilia spettava la fetta più cospicua con ben 51 agglomerati coinvolti, più della metà. Non ci sono certezze, ma questo è il numero potenziale degli agglomerati che potrebbero essere inclusi nella causa.
L’Isola è inoltre coinvolta anche nella procedura 2009_2034 che è già in sentenza di condanna (causa C-85/13), coinvolti 5 agglomerati isolani, e nella procedura 2014/2059, allo stato di “parere motivato” e riguarda gli agglomerati con più di 2mila abitanti. In quest’ultimo caso ci sono 175 agglomerati isolani su un totale di 758 a livello nazionale.
 
3. Sanzioni, il meccanismo di recupero in autotutela
La richiesta della Commissione ai giudici comunitari è di natura pecuniaria e potrebbe costare molto all’Italia e, di conseguenza, alla Sicilia: in caso di condanna in arrivo dalla Corte alcune stime fanno riferimento a 347mila euro al giorno a partire dalla data della sentenza e fino alla risoluzione del problema, a cui bisognerà aggiungere 62,7 milioni di euro come conseguenza di 39mila euro al giorno da pagare per il periodo che intercorre tra il 19 luglio del 2012, data della prima sentenza, e la causa partita alla fine di febbraio.
Sanzioni che, almeno teoricamente, potrebbe essere girate agli enti coinvolti in quanto esiste il meccanismo di recupero in autotutela dello Stato previsto dall’art. 43 legge 234/2012 s.m.i”. In altri termini, per l’amministrazione centrale c’è la possibilità di rivalersi sui soggetti responsabili delle violazioni degli obblighi in riferimento agli “oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia dell’Unione europea”.
Sul punto, comunque, il dibattito è aperto, anche perché le ultime sentenze del Tar, in materia di sanzioni comunitarie sui rifiuti, hanno dato ragioni ai Comuni che avevano fatto ricorso contro la decisione dello Stato.
 
4. Pil, inflazione e capacità spesa. Come si calcola una multa Ue
L’ultimo riferimento in materia è l’“Aggiornamento dei dati utilizzati per il calcolo delle somme forfettarie e delle penalità che la Commissione propone alla Corte di giustizia nell’ambito dei procedimenti d’infrazione”, pubblicato lo scorso dicembre da Bruxelles, che stabilisce la base sulla quale la Commissione calcola l’importo delle sanzioni pecuniarie, somma forfettaria o penalità, che chiede alla Corte di giustizia di applicare quando la adisce a titolo dell’articolo 260 del Tfue nell’ambito dei procedimenti d’infrazione contro uno Stato membro. Nel definire il peso della sanzione si calcolano, infatti, elementi come il Pil aggiornato, l’inflazione, la capacità finanziaria e anche il numero di voti di cui dispone in Consiglio.
L’aggiornamento dello scorso dicembre prevede un importo forfettario di base uniforme per il calcolo della penalità a 700 € al giorno e un importo fisso di base per la somma forfettaria che è fissato a 230 € al giorno. L’Italia è il terzo Paese per costo delle sanzioni, considerando, tra gli elementi moltiplicatori, un fattore speciale “n” pari a 15,10 (terzo dato dopo Germania e Francia) e una somma forfettaria minima da 8.715 €. A fare i calcoli ci ha pensato Ignazio Corrao, europarlamentare stellato, che ha riportato, in un recente comunicato, che per “l’Italia la somma forfettaria minima d’infrazione è stata portata a 8.715.000 €, mentre l’importo di base per calcolare la sanzione forfettaria sale da 680 a 700 € giornalieri”.
 
5. Corrao (M5s) a Commissione: Quanto pagano già i siciliani?
Dal suo sito ufficiale, l’europarlamentare stellato Ignazio Corrao ha comunicato di aver chiesto alla Commissione europea di rendere note le cifre che “i cittadini di ogni singolo comune pagano per le infrazioni delle discariche pericolose”, facendo riferimento a un’altra procedura di infrazione Ue, già maturata a sentenza con sanzioni in corso.
Corrao ha tuttavia allargato il campo d’azione della sua richiesta, chiedendo conto del costo che grava su un cittadino che risiede in un territorio che ospita una discarica pericolosa o un depuratore guasto o inesistente.
“Le scellerate politiche sulla gestione dei rifiuti, sulla depurazione delle acque, sul precariato e sull’inquinamento – ha scritto in una nota – hanno approfittato del fatto che i cittadini siciliani non hanno mai saputo quanto stessero pagando per le infrazioni comminate dall’Europa”. A Bruxelles è stato chiesto “l’esatto ammontare totale delle infrazioni ricadenti sul territorio della Sicilia, la lista degli enti locali siciliani coinvolti nelle infrazioni. Dopo la Sicilia il lavoro proseguirà per tutte le altre regioni italiane”.
 
6. Le altre infrazioni ambientali che coinvolgono l’Isola
La procedura 2003/2077 riguarda la “non corretta applicazione delle direttive 75/442/CE sui ‘rifiuti’, 91/689/CEE sui ‘rifiuti pericolosi’ e 1999/31/CE sulle ‘discariche’” che comprende una decina di siti siciliani inseriti nell’elenco degli irregolari della sentenza della Corte di Giustizia Ue che nel 2014 aveva condannato l’Italia a pagare una sanzione forfettaria da 40 milioni e una semestrale da circa 200 mila euro a sito. Si stima che ogni semestre l’Isola costa all’Italia circa 2 milioni di euro di sanzioni, senza considerare il danno ambientale di questi siti non bonificati.
La procedura 2013/2022 contesta all’Isola la “non corretta attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale”, mentre sulla qualità dell’aria ci sono la procedura 2014/2147 e la 2015/2043 per violazione della direttiva Ue 2008/50/CE, relativa alla qualità dell’aria ambiente, che nel dettaglio riguardano rispettivamente il Pm10 e il biossido di azoto.
Poi ci sono ancora la procedura 2015/2165, che si occupa dell’aggiornamento dei Piani regionali di gestione dei rifiuti, e la 2015/2163 in riferimento alla “mancata designazione delle zone speciali di conservazioni (Zsc) e mancata adozione delle misure di conservazione. Violazione Direttiva Habitat”.

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