A S. Elena costruttori e tecnici disonesti - QdS

A S. Elena costruttori e tecnici disonesti

Carlo Alberto Tregua

A S. Elena costruttori e tecnici disonesti

giovedì 30 Aprile 2009

Indispensabili i controlli continuativi

I costruttori disonesti, che usano tondini di ferro di minore diametro o minore quantità di cemento nella malta, dovrebbero essere spediti a S. Elena, come Napoleone, insieme ai loro direttori dei lavori, che non hanno controllato o hanno chiuso un occhio, unitamente ai tecnici degli enti pubblici preposti al controllo, che hanno chiuso tutti e due gli occhi.
Va da sé che coloro che chiudono gli occhi hanno aperto le tasche, in maniera inversamente proporzionale: più chiudono gli occhi e più aprono le tasche. Non che la corruzione non vi sia in altri Paesi d’Europa, però in Italia, e soprattutto nel Sud, è estesa ma non viene fuori.
Non viene fuori perché le corporazioni stringono patti scellerati per fregare i cittadini. L’acquirente di un’abitazione che può saperne se l’immobile che ha comprato abbia rispettato le norme e se abbia tutti i certificati e i bolli in regola? Ma i tecnici degli enti e i direttori dei lavori sanno perfettamente l’imbroglio che hanno commesso.

La conseguenza di questo comportamento delinquenziale è che al primo terremoto gli immobili si sbriciolano come biscotti, con il risultato che tutti conosciamo. Il comportamento è più criminale in zone come quelle della Sicilia orientale, ma anche in alcune macchie del centro e dell’occidente della Sicilia, nelle quali il terremoto è probabile e quando arriva, se è forte, si contano morti, feriti e danni ambientali ingenti.
I Governi nazionale e regionale, che si devono occupare della stabilità del territorio, nulla hanno fatto in questi 60 anni per mettere in moto un processo anche civico utile alla protezione degli immobili contro il sisma. Come sempre, quando se ne verifica uno, comincia il “bla bla bla”, ma poi, dopo un mese, la situazione torna al punto di partenza, come nel gioco dell’oca. Così non può continuare e la gente esige una svolta.

In che cosa consiste la svolta?
Primo. Nel chiedere a ogni proprietario un certificato che faccia la radiografia dell’immobile – cioè qual è la sua consistenza strutturale per resistere ai terremoti – cui assegnare un voto.
Secondo. Mettere a disposizione provvidenze e detrazioni fiscali, perché ogni proprietario, ogni condominio o ogni azienda possa decidere autonomamente di effettuare lavori per mettere in sicurezza gli immobili. Va usata la leva della convenienza, la quale faccia pendere il piatto della bilancia per il fare. L’altro piatto sarebbe che, in caso di cataclisma, lo Stato non rimborsi nulla.
Terzo. Istituire l’assicurazione obbligatoria per tutti gli immobili, applicando un premio basso, con una copertura assicurativa relativa al valore del costruito, anche in relazione alla vetustà o allo stato funzionale, naturalmente detraendo il terreno che ormai per legge ha un valore predeterminato nella misura del 20 per cento. Il premio assicurativo sarebbe più basso in funzione del maggior voto riportato nel certificato cui si accennava al primo punto.

Oltre a un intervento massiccio sugli immobili, che metterebbe in moto un’economia formidabile, fatta da milioni di proprietari che si mettono in regola, l’iniziativa prima indicata avrebbe il pregio di cominciare l’educazione generalizzata dei cittadini ad affrontare il trauma di eventi calamitosi. Naturalmente, tale educazione dovrebbe essere supportata da esercitazioni per simulare l’evento sismico – o di altra natura – in modo tale che, quando capiti, grosso modo la gente sappia cosa fare, cioè come muoversi dentro le costruzioni e, se riesce ad uscire, dove andare in aree di raccolta prestabilite e presidiate da Protezione civile, Vigili del fuoco, Forze dell’Ordine e compagnia cantando. Una nazione o una regione ben ordinata deve mettere in campo una forte prevenzione per attenuare le sorprese di un possibile cataclisma, specie ove esso è atteso.
Quando la prevenzione non si fa, le conseguenze diventano molto più gravi sul piano umano e molto più onerose per le casse dello Stato.
L’Abruzzo è un test per constatare se si possano cogliere due piccioni con una fava: cioè ricostruire e mettere in sicurezza antisismica gli immobili.

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