Mangiare sano e biologico costa il 47% in più - QdS

Mangiare sano e biologico costa il 47% in più

Elio Sofia

Mangiare sano e biologico costa il 47% in più

sabato 05 Maggio 2018

Indagine Federconsumatori sui costi della spesa bio e light in confronto a quella ordinaria. Per i prodotti senza lievito il carrello della spesa arriva a pesare più del doppio 

CATANIA – Seguire i dettami di una vita sana all’insegna del mangiare bene e del restare in forma sono il mantra con il quale migliaia di italiani ogni giorno si confrontano quando mettono piede all’interno di un supermercato. Sono infatti sempre di più i supermercati dotati di intere zone e settori dedicati al cibo sano o bio, e sono sempre più in crescita anche le varietà dell’offerta tra gli scaffali. Ma l’alimentazione cosiddetta “sana” farà sicuramente bene alla salute ma un po’meno al portafoglio di noi consumatori.
 
Secondo una recentissima indagine condotta da Federconsumatori, la spesa “light” o “bio” fatta presso le catene di distribuzione dedicate o all’interno dei supermercati sempre più forniti di reparti ad hoc, costa in media un 47% in più rispetto alla spesa “ordinaria”.
L’attenzione dei consumatori lungo gli scaffali dei supermercati è nettamente aumentata per quanto riguarda la qualità del cibo da mettere nel proprio carrello della spesa insieme ad una nuova sensibilità sul tema della corretta nutrizione e circa la salubrità dei cibi; comportamenti questi totalmente assenti fino a poco tempo fa.
 
L’Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha così realizzato la Prima indagine sui prezzi degli alimenti light, biologici, senza lattosio e senza lievito; lavoro dal quale è emerso che i prodotti con determinate caratteristiche e qualità vengono proposti al consumatore a prezzi nettamente più alti rispetto a quelli dei prodotti cosiddetti ordinari e le differenze in termini percentuali arrivano anche ad un massimo dell’82%.
 
A scapito della continua e incessante lotta alle offerte “sottoprezzo” fatta da tutti i centri della grande distribuzione mediante volantini, gli acquisti sono sempre più orientati a prediligere la salute rispetto all’appagamento della gola e del portafoglio, focalizzandosi su un minore acquisto/assunzione di prodotti ritenuti eccessivamente calorici o allergizzanti. Questo mercato e questo consumo di alimenti più consapevole è costantemente alimentato oltre cha da coloro che compiono determinate scelte di acquisto sulla base di criteri etici e nutrizionali anche da quei consumatori che soffrono di allergie e intolleranze.
 
Secondo le stime divulgate dal ministero della Salute, in Italia circa 1.800.000 persone sono affette da forme di allergia alimentare e questo è direttamente connesso alle vendite di cibi light, integrali, senza lattosio, senza olio di palma o arricchiti con fibre e Omega 3 o glutin free; all’incremento del volume di vendita di questi alimenti vanno affiancati anche tutti quelli del comparto biologico che stanno conoscendo un vero e proprio boom di vendite.
 
L’incidenza di questo nuovo tipo di carrello della spesa sullo scontrino finale è notevole e non indifferente. Per fare qualche esempio il rincaro dei wusterl light che per fregiarsi dell’etichetta della leggerezza devono presentare un valore energetico ridotto di almeno 30% rispetto al normale, costano ben il 53% in più rispetto a quelli normali.
 
Nel panorama dei prodotti senza lattosio, il rincaro è di oltre un terzo del costo (+39%) e il discrimine dei costi aumenta quando scendono in campo i prodotti bio dove una semplice passata di pomodoro può arrivare a costare più del doppio (116%).
 
Quello che di sicuro lascia un po’ interdetti è comunque il rincaro che si può trovare se ci si spinge con il carrello verso lo scaffale dei prodotti senza lievito e in particolare degli alimenti da forno: le brioches confezionate e i biscotti raggiungono rispettivamente il 141% e il 135%, mentre le merendine si attestano sul 77%. Sperando che la ritrovata cultura del cibo sano non sia solo una moda passeggera, si spera sempre che controlli sulla realizzazione del prodotto “sano e bio” vengano fatti costantemente su tutta la filiera, dalla sua produzione/coltivazione fino all’arrivo sugli scaffali del supermercato e che il rincaro del relativo prezzo sia sempre veritiero e non speculativo a danno del consumatore.

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