Fisco, la rivoluzione passa da chiarezza e semplificazione - QdS

Fisco, la rivoluzione passa da chiarezza e semplificazione

Salvatore Forastieri

Fisco, la rivoluzione passa da chiarezza e semplificazione

mercoledì 13 Giugno 2018

Il nuovo Legislatore dovrà ripartire dalla tax compliance e dalla “qualità” delle norme tributarie. La certezza dei diritti dei contribuenti non resti una mera dichiarazione di intenti
 

PALERMO – Questa volta siamo alla resa dei conti: “ora o mai più” . Se il nuovo Legislatore non trova il modo giusto per ridurre l’evasione ed aumentare la crescita del Paese utilizzando principalmente metodi non cruenti ed a costo zero, ossia puntando sulla tax compliance e sull’incremento dell’adesione spontanea, le cose non potranno che peggiorare.
 
Non sono più sufficienti i segni di distensione che provengono dai vertici dell’Amministrazione finanziaria o l’impegno dimostrato da molte realtà locali dell’Agenzia delle Entrate.
 
I cittadini, ormai, sono troppo stanchi. La pressione fiscale che supera il 60%, la quantità elevatissima di adempimenti formali e, cosa ancora peggiore, la normativa tributaria spesso incomprensibile, confusa e scoordinata, sono condizioni che certamente non favoriscono la fiducia e la spinta al pagamento dei tributi e che, anche in considerazione dell’eccessiva durata dei processi civili e tributari, sicuramente tengono lontani anche gli investitori esteri.
 
Ben venga, quindi, qualunque novità che si muova in una nuova direzione, a favore dei contribuenti.
Va bene l’introduzione della flat tax, in qualunque modo costruita, purchè rispettosa dei principi costituzionali.
Va bene l’eliminazione di molti adempimenti formali, come lo spesometro ed altri obblighi del genere.
Va bene l’eliminazione o una riduzione delle presunzioni fiscali oggi esistenti, come gli studi di settore.
Va bene l’incremento del contraddittorio preventivo, oggi assai limitato.
Va bene l’estensione dell’istituto della compensazione tra debiti fiscali dei contribuenti e crediti dagli stessi vantati verso le aziende pubbliche.
Va bene pure la previsione di un ennesimo condono (o “pace fiscale” come lo si vuol chiamare) se serve a sistemare la situazione dei meno ricchi e a dare coraggio in vista di un sistema tributario completamente diverso dal passato.
 
Questo, però, non basta.
Occorre, infatti, incidere, prima di ogni cosa, sulla qualità delle norme tributarie, anche quelle riguardanti i tributi locali, rendendole chiare a tutti e semplici da applicare, senza bisogno dell’attuale indispensabile ausilio costante dei professionisti del settore (ingolfati tra scadenze ed adempimenti telematici) e delle interpretazioni di natura giurisprudenziale e dottrinaria, oppure di quelle (numerosissime) provenienti dagli stessi Enti chiamati ad applicarle.
 
Non dimentichiamo che da una indagine condotta dai Dottori Commercialisti, dal 2008 al 2017, tra leggi Finanziarie (o di stabilità o di bilancio), manovre correttive e decreti “milleproroghe”, hanno raggiunto il pesantissimo “volume” di quasi 10 mila commi da leggere, interpretare ed applicare. Il tutto, senza parlare dei numerosissimi decreti attuativi che, solo per la legge di bilancio 2018, sono ben 189.
 
Nello stesso periodo le circolari dell’Agenzia sono state ben 490, le risoluzioni 1.768 ed i Provvedimenti del Direttore della stessa Agenzia delle Entrate ben 2.023. Il tutto corrispondente a quasi 50.000 pagine.
 
Non dimentichiamo, altresì, che le interpretazioni non sempre fanno giustizia. Anzi, qualche volta, fanno tutto il contrario, in quanto, nella grande confusione esistente, anziché attribuire alle norme che si prestano a interpretazioni contrastanti il giusto significato, che quasi sempre è possibile intravedere con il buon senso e con un orientamento conforme ai principi costituzionali ed alle disposizioni previste dallo Statuto dei Diritti del Contribuente, si preferisce adottare interpretazioni cautelative, quelle che mettono al riparo i funzionari da possibili censure da parte degli Organi superiori o, addirittura, della Corte dei Conti, costringendo, però, i malcapitati a ricorrere al Contenzioso tributario caratterizzato, come è ben noto, da tempi molto lunghi e da costi notevolissimi che, di fatto, mortificano il diritto alla difesa.
Così, a volte, la giustizia sostanziale risulta diversa da quella formale e si fa molto poco per escludere dal concetto di evasione alcuni episodi in cui il contribuente è colpevole solo di avere applicato male una disposizione senza avere sottratto alcun tributo alla Collettività.
 
Ci sono norme, poi, che non si sono dimostrate all’altezza dell’obiettivo che si prefiggono, come il “criterio di cassa” per i contribuenti in contabilità semplificata o il “regime forfettario” per i contribuenti minimi.
Per la verità ci sono pure interpretazioni coraggiose, come quella sulla detrazione Iva contenuta nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n.1 di quest’anno.
 
Ma le interpretazioni eccessivamente fiscali, sulle quali c’è stato anche l’intervento del Garante del Contribuente, purtroppo non mancano e pare che queste siano destinate a resistere almeno fino a quando le Sezioni Unite della Cassazione non avranno messo al sicuro la responsabilità di coloro i quali continuano a portarle avanti.
 
C’è quella, per esempio, che riguarda il termine di presentazione della dichiarazione “integrativa a favore” (art. 2, commi 8 e 8 bis del D.P.R. 322/1998 e art.5 D.L. 193/2016), questione sulla quale pareva avesse fatto giustizia lo stesso Legislatore equiparando il termine di che trattasi con quello previsto per la dichiarazione integrativa a favore dell’Amministrazione Finanziaria, ma che ancora continua a causare ingiustizie per il fatto che la stessa Amministrazione Finanziaria non ritiene la nuova disposizione di natura interpretativa ma innovativa (e quindi irretroattiva) e, conseguentemente, inefficace per i malcapitati del passato.
 
Oppure quella che riguarda la disposizione di cui all’art.32 del D.P.R. 600/1973, che sanziona in maniera sproporzionata (e per questo, forse, censurabile dalla Corte di Giustizia della Ue) l’omessa o intempestiva risposta da parte dei contribuenti destinatari di inviti, prevedendo l’impossibilità di far valere la documentazione non regolarmente esibita in sede amministrativa e contenziosa, anche quando si tratta di documenti che il contribuente non aveva motivo di “occultare” e che, seppure non esibiti a richiesta dell’ufficio, avevano una data certa oppure erano già in possesso di una Pubblica Amministrazione.
 
Ed allora, vada per l’obbligo generalizzato della fattura elettronica. Vada per i controlli incrociati attraverso le diverse banche dati esistenti. Vada per qualunque altro tipo di controllo.
 
Ma della chiarezza e della semplicità delle disposizioni tributarie non si può più fare a meno. Non si può più scherzare. Lo Statuto dei Diritti del Contribuente deve diventare un impianto normativo da applicare seriamente e senza esitazioni. La certezza del diritto non può restare solo un mero principio. Deve rappresentare il punto fondamentale per l’instaurazione di un vero rapporto di fiducia tra Stato e cittadini.
 
E perché no, magari ascoltando qualche suggerimento che proviene dalle relazioni che ogni anno i Garanti del Contribuente delle varie regioni d’Italia presentano al Parlamento ed al Governo.
Al nuovo Legislatore ed al nuovo Esecutivo i più sinceri auguri di Buon Lavoro.
 
Salvatore Forastieri
Garante del Contribuente per la Sicilia
 

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