Emigrazione dei bravi impoverisce l'Italia - QdS

Emigrazione dei bravi impoverisce l’Italia

Carlo Alberto Tregua

Emigrazione dei bravi impoverisce l’Italia

giovedì 28 Giugno 2018

Non accogliere pakistani e iracheni

Ogni giovane italiano portato alla laurea costa allo Stato, cioè a noi cittadini, intorno a centomila euro. L’investimento dovrebbe essere capitalizzato, cioè utilizzando il sapere anche modesto di tali giovani, nel nostro Paese.
Invece accade che i più bravi o i migliori vanno all’estero, in giro per il mondo, portandovi ricchezza.
Nel dopoguerra gli italiani che emigravano erano quelli della parte più bassa della popolazione e quindi non depauperavano le capacità generali. Oggi accade il contrario.
L’Italia si svuota proprio dei bravi, gli anziani aumentano, i saperi diminuiscono a causa di una scuola ove gran parte degli insegnanti è ignorante in quanto non è stata selezionata, con la conseguenza che il livello generale delle competenze diminuisce e con l’ulteriore conseguenza che diminuisce la competitività del Paese e la sua produttività.
Qualche sapientone afferma che bisogna accogliere gli immigrati perché la popolazione diminuisce, cosicché vi è nuova forza lavoro. Ma a noi non servono braccia, servono cervelli, servono professionisti che sappiano fare ricerca, sviluppare sistemi, applicare tecnologie, insomma attività del sapere.
 
L’altro giorno sono sbarcati iracheni e pakistani. Nei due Paesi vi sono democrazie, per quanto precarie. Non vi è quindi alcuna motivazione di accogliere quei cittadini che vengono qui nella speranza di migliorare la loro vita (perfettamente legittimo), ma l’Italia non può dar sfogo a milioni di persone che vengono solo per questo.
Gli immigrati debbono essere selezionati, verificati in un mese e non in tre anni. Anzi, la proposta di trasferire gli hotspot nei Paesi del Sud Mediterraneo, assistiti dai Caschi blu delle Nazioni Unite è ragionevole perché in tal modo si potrebbero far imbarcare gli aventi diritto, con viaggi organizzati e onorevoli, e collocazione presso i Paesi europei.
Ma si sa, la demagogia fa presa sull’opinione pubblica. Questo accade perché il ceto politico è debole e fragile, non ha cultura, parla a vanvera, senza cognizione. Che poi sbagli congiuntivi o utilizzi un italiano precario è un peccato veniale.
Entrino gli immigrati con il loro buon diritto perché fuggono da guerre e sono in pericolo di vita.
 
La gestione della nostra popolazione di 60 milioni di cittadini è attività difficile e problematica anche perché al suo interno continuano a rimanere le lobby e le corporazioni di origine fascista, per cui gli interessi di parte quasi sempre prevalgono su quelli generali.
Nel nostro Paese si sconosce il merito, nessuno risponde per quello che fa, bene o male, o che non fa, il clima del volemose bene è esteso, perché tutti tengono famiglia.
Non è così che si può sviluppare un Paese, perché le regole, ovvero le leggi, sono caotiche e disordinate, spesso volutamente incasinate in modo da renderle inapplicabili o lasciando al libero arbitrio dei burocrati la loro esecuzione.
Anche per questo i giovani se ne vanno. Quelli bravi e sapienti hanno imparato che le attività si devono fare in base a regole ordinate e metodiche le quali prevedono che esse vengano rispettate e fatte rispettare.
Il caos è padre di tanti vizi fra cui quello dell’incultura e della depressione economica. Un Paese cresce se ha regole certe, chiare, limpide e se tutti sono abituati a rispettarle anche con la forza, con la forza della legge.
 
Noi dovremmo essere ben lieti di accogliere ingegneri, architetti, medici e ricercatori provenienti da tutti i Paesi del Medioriente perché essi ci porterebbero saperi, quei saperi che se ne vanno, con i nostri giovani, all’estero.
Ma qui non arrivano laureati stranieri, anzi le nostre università li respingono per favorire le lobby interne.Vengono nel sistema privato perché si è internazionalizzato e quindi ha bisogno delle migliori energie esistenti al mondo.
La competizione diventa sempre più aspra, per reggerla occorre maggiore qualità anche nei comportamenti. Non sempre, anzi quasi mai, tale qualità c’è, perché da noi, soprattutto nel Sud, vige ancora la maledetta legge del favore secondo cui non vanno avanti i bravi ma i raccomandati.
Il governo GialloVerde vuole schedare i raccomandati. Trovarli! Magari lo facesse!

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