Istituto Lucia Mangano: cinque arresti della Dia - QdS

Istituto Lucia Mangano: cinque arresti della Dia

redazione

Istituto Lucia Mangano: cinque arresti della Dia

martedì 10 Luglio 2018

Distratti fondi regionali per dieci milioni di euro, il pm presenza istanza di fallimento per la struttura che da sessant'anni si occupa di disabili. Arrestati Corrado Labisi - anche rettore dell’Università Telematica Unisanraffaele e organizzatore del premio di Legalità "Livatino, Saetta, Costa" - la moglie e la figlia e due collaboratori

La Dia di Catania diretta da Renato Panvino – ha arrestato cinque persone e sequestrato una notevole quantità di documenti nell’operazione denominata "Giano bifronte" che ha colpito i responsabili dell’Istituto Lucia Mangano di Sant’Agata Li Battiati, nel Catanese, che da sessant’anni si occupa di disabili.
 
Gli arrestati sono Corrado Labisi, 65 anni, accusato di associazione per delinquere e appropriazione indebita, in qualità di "capo, organizzatore e promotore" della presunta frode – sua moglie, Maria Gallo, di 60 anni, agli arresti domiciliari insieme con la loro figlia, Francesca Labisi, di 33.
 
Ai domiciliari anche collaboratori Gaetano Consiglio, di 39, e Giuseppe Cardì. di 57.

 
Tutti sono accusati di distrazione di fondi per dieci milioni di euro.
 

Gli ordini di custodia del Gip sono stati emessi nell’ambito dell‘inchiesta, coordinata dal Procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, con l’aggiunto Sebastiano Ardita e il sostituto Fabio Regolo, per la gestione di fondi regionali dell’Istituto medico Psicopedagogico "Lucia Mangano" di Sant’Agata Li Battiati, nel Catanese, una struttura che opera da sessant’anni nel campo della neurofisiatria e neuropsicologia.
 
Al centro di tutto Corrado Labisi, presidente del consiglio d’ammistrazione dell’Istituto Lucia Mangano e rettore dell’Università Telematica Unisanraffaele. Labisi, ha osservato la Procura, era riuscito a "costruirsi una immagine modello, tanto da indurre soggetti a lui legati a sostenerlo nelle sue iniziative, essendo considerato un paladino in difesa della legalità" e promotore di due premi antimafia: "Antonietta Labisi" e "Saetta-Livatino".
Con gli altri quattro arrestati, Labisi, è scritto nell’ordinanza, avrebbe "gestito i fondi erogati dalla Regione Siciliana e da altri Enti per fini diversi dalle cure ai malati ospiti della struttura, distraendo somme in cassa e facendo lievitare le cifre riportate sugli estratti conti accesi per la gestione della clinica, tanto da raggiungere un debito di oltre dieci milioni di euro".
 

Da una perizia del consulente dell’autorità giudiziaria è emerso che Corrado Labisi ha utilizzato un milione e trecentomila euro di fondi regionali per fini diversi – pubblicizzare gli eventi da lui organizzati, cene e soggiorni per amici e altre spese – e sua moglie 384.000 euro.
 
Avrebbe inoltre sottratto soldi all’Istituto per organizzare i due premi.
 
"Dispiace veramente – ha detto Zuccaro ai giornalisti – che si utilizzino nomi di magistrati a cui tutti siamo legati per il loro sacrificio della vita per poter intrattenere amicizie e potere vantare rapporti privilegiati".
 
"Per parlare di antimafia – ha detto Panvino –  in una terra dove si sono registrati efferati omicidi occorre  umiltà e grande senso di rispetto per le vittime e le loro famiglie e per il lavoro pagato col sangue da alcuni eroi, tra cui magistrati come, Falcone, Borsellino, Saetta, Livatino e tanti appartenenti alle forze dell’ordine".
 
 Secondo l’accusa la famiglia Labisi e i collaboratori "hanno dato corso ad una attività illecita anche associativa, molto grave perché a causa delle reiterate appropriazioni indebite per importi elevati, hanno creato i presupposti per la distruzione di un ente benefico… ponendo le basi concrete per privare la società civile di una struttura di assistenza ai bisognosi, soprattutto ai disabili e agli anziani, e con la prospettiva di una perdita di 180 posti di lavoro".

Un’istanza di fallimento è stata chiesta dalla magistratura catanese nei confronti del Lucia Mangano.
L’udienza è prevista per stamattina.
 
Se la richiesta dovesse essere accolta agli indagati potrebbero essere contestati anche altri reati finanziari.

Vittime di questa situazione, ha detto Zuccaro, "i bisognosi che all’Istituto Lucia Mangano ricorrevano per l’assistenza e i 180 dipendenti dell’Istituto, i cui posti di lavoro sono messi a rischio dalla gestione scellerata di Labisi, creando un debito di oltre dieci milioni di euro".
 
Secondo quanto accertato, il trattamento riservato agli ospiti dell’Istituto Lucia Mangano, nonostante le indebite sottrazioni di denaro, sarebbe stato "di livello accettabile", ma "soltanto grazie all’attività caritatevole del personale preposto, e non certamente per l’illecita gestione della famiglia Labisi".
 
Nelle testimonianze rese note dalla Procura, alcuni dipendenti hanno affermato, riferendosi ai Labisi: "se fosse dipeso da loro, si continuerebbe a dare (ai pazienti) latte allungato con acqua, maglie di lana e scarpe invernali nel periodo estivo".
 
Per sanare la pesante situazione debitoria dell’Istituto, Labisi ha proceduto, nel 2017, alla vendita a un’associazione di Caltagirone del ramo dell’azienda destinato a Rsa.
 
Oltre agli arresti la Dia – supportata dai centri operativi di Palermo, Reggio Calabria, Caltanissetta e dalla sezione di Messina –
sta eseguendo anche ispezioni in banche dove si trovano i conti correnti dell’Istituto Lucia Mangano per eseguire un sequestro preventivo per diversi milioni di beni.
 
Perquisizioni, disposti dalla Procura distrettuale di Catania, sono in corso anche in domicili e in sedi in cui gli indagati hanno eletto il loro domicilio alla ricerca di documenti utili all’inchiesta.
 
Nell’Istituto Mangano, il 28 settembre del 2017 la Dia aveva sequestrato una serie di documenti.
 
Di Labisi, aderente alla Massoneria, si era parlato in passato nel corso di un’inchiesta denominata "Fiori Bianchi", dal nome di una loggia massonica.
 
Dalle intercettazioni telefoniche risultavano contatti tra Labisi e Giorgio Cannizzaro, uno dei colletti bianchi del clan Santapaola.
 
"Il riferimento – ha sottolineato Zuccaro rispondendo alle domande dei giornalisti – ai rapporti che Labisi ha con la massoneria, con eventuali persone appartenenti al ministero della Difesa, con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata mafiosa vengono soltanto evidenziati in questa indagine soltanto per dire che Labisi è persona che non fa mistero di intrattenere rapporti con personaggi importanti e non fa mistero del fatto che, qualora lo ritenga utile possa ricorrere all’aiuto di questi soggetti".
 
"Non ci risulta in questa indagine – ha aggiunto – che questi soggetti siano intervenuti a suo favore così come noi non gli imputiamo l’appartenenza a logge massoniche deviate e l’appartenere alla massoneria, come voi sapete, non costituisce reato"
 
 
"Questa è la schifezza fatta a uno che si batte per la legalità… vediamo a chi dobbiamo fare saltare la testa".
 
Così Corrado Labisi, intercettato, parlava con il suo commercialista all’indomani di una perquisizione eseguita dalla Dia, su delega della Procura, nell’istituto Lucia Mangano.
 
In questa circostanza, è stato sottolineato nel corso della conferenza stampa in Procura, "chiaro appare il riferimento alla struttura investigativa della Dia", diretta da Renato Panvino, e "ai magistrati inquirenti che svolgono le indagini".
 
Così come accertato nel corso di altre indagini, ricorda la Procura Distrettuale etnea, "Corrado Labisi ha mantenuto contatti con il pregiudicato Giorgio Cannizzaro, noto esponente della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano".
 
Per il Gip, la personalità di Labisi è connotata da un rilevante tasso di pericolosità sociale: "da una parte le millantate amicizie importanti con apparati dello Stato o addirittura con i servizi segreti, dall’altra i rapporti di amicizia con mafiosi di grosso calibro, come Cannizzaro".
 
A quest’ultimo, ricorda la Procura, Labisi "riserva un posto addirittura nelle prime file della chiesa dove si stanno celebrando i funerali della madre".
 
Una doppia personalità, secondo l’accusa, che ha denominato l’inchiesta "Giano bifronte"’.
 
Nelle ultime regionali  Labisi era anche sceso in politica, con il centrodestra, fondando il movimento "Coscienza popolare".
 
 
 

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