Migranti: Salvini tradito da Visegrad - QdS

Migranti: Salvini tradito da Visegrad

redazione

Migranti: Salvini tradito da Visegrad

lunedì 16 Luglio 2018

No dei Paesi "amici" del ministro dell'Interno alla proposta di Conte di accogliere quote di profughi a fronte del sì di Francia, Malta, Germania, Spagna e Portogallo. E mentre il capo della Lega chiede di rendere la Libia "porto sicur", a Pozzallo si ricorda Segen, giovanissimo poeta morto per gli stenti patiti proprio nell'inferno dei lager libici

Si sono concluse poco dopo le nove di questa mattina nel porto di Pozzallo le operazioni di sbarco, cominciate poco dopo la  mezzanotte di ieri, dalle due navi che avevano soccorso al largo di Linosa e ora sono al lavoro gli uomini della Prefettura e della Questura per i ricollocamenti dei migranti negli altri Paesi europei.
 
Salvini aveva parlato in maniera trionfalistica di "vittoria politica", annunciando,  ieri  a tarda sera, di aver auutorizzato lo sbarco a Pozzallo di tutti i migranti – circa quattrocento dopo che erano scesi a terra donne e bambini – ancora presenti a bordo della nave della Gdf e di quella di Frontex ferme da ieri in rada.
 
Il ministro dell’Interno si riferiva alla disponibilità data da Malta, Francia, Germania, Spagna e Portogallo – e forse da Belgio e Svezia – ad accogliere ciascuno cinquanta persone.
 
"Questa è la solidarietà e la responsabilità che abbiamo sempre chiesto all’Europa – ha scritto il premier Giuseppe Conte su Facebook – e che ora, dopo i risultati ottenuti all’ultimo Consiglio europeo, stanno cominciando a diventare realtà".
 
In realtà l’Italia è stata tradita proprio da quei Paesi di Visegrad che Salvini considera i suoi principali alleati nella lotta a quella che continua a voler presentare come una "invasione".
 
Il premier Andrej Babis ha accusato Salvini di aver intrapreso la "strada verso l’inferno" spiegando che la Repubblica Ceca non accoglierà alcun migrante e si appella al "principio di volontarietà".
 
La medesima linea, condivisa anche da Austria, Polonia e Slovacchia, viene espressa dal portavoce del premier ungherese Viktor Orban: "Non accogliamo nessuno. Gli ungheresi rifiutano il piano Soros".
 
Colpito dal "fuoco amico" Salvini risponde confermando la chiusura dei porti alle ong.
 
Che affermano: vuol mettere le porte al mare.
 
Resta il dubbio su quanto il braccio di ferro del capo della Lega possa durare: cosa accadrebbe nel caso su quelle navi di disperati si verificassero incidenti, morti, o suicidi, come quello di un migrante di 23 anni appena rimpatriato che ha spinto i parlamentari tedeschi a chiedere le dimissioni del ministro dell’interno Horst Seehofer.
 
Quanto è lecito tirare la corda quando in ballo c’è la vita di migliaia persone che soffrono?
 
Già ieri il sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatuna, aveva ricordato come a bordo delle due navi al largo del Comune ibleo vi fossero "persone, non merci".
 
Sul versante umanitario all’interno del governo ci sono evidentemente posizioni diverse se Conte, dopo essere intervenuto su spinta di Mattarella sbloccando lo sbarco dalla Diciotti a Trapani, ha tenuto a far sapere, ieri, di aver autorizzato personamente lo sbarco di cinquanta donne e bambini.
 
"Il prossimo obiettivo sarà riaccompagnarli dove sono partiti" ha dichiarato Salvini, ossessionato dall’idea che in Libia si trovi la soluzione del problema: "Dobbiamo cambiare la normativa e rendere quelli libici Porti sicuri" ha detto.
 
In altre parole: chiudiamoli lì e che non se ne parli più, occhio che non vede cuore che non duole.
 
L’obiettivo di Salvini è di serrare gli occhi davanti a quello che il medico di Lampedusa Pietro Bartolo, protagonista del docu-film "Fuocoammare" candidato all’Oscar, ha definito "Un nuovo olocausto".
 
Sulla questione dei lager libici si discute intanto a Pozzallo, ricordando Tesfalidet Tesfom, migrante eritreo di 22 anni morto nell’ospedale di Modica all’indomani del suo sbarco con altre 81 persone.
 
Il ragazzo, che era stato bloccato nei campi di concentramento della Libia, veri e propri lager, era morto per le conseguenze di una lunga denutrizione: pesava 35 chili.
 

Segen veniva chiamato, Tesfalidet Tesfom, il soprannome che viene dato alle persone dal collo reso lungo dalla magrezza.
 
Trenta chili pesava una delle donne salvate con i 450 e ricoverata ieri a Palermo con la sua bambina di quattro anni che la accudiva.
 
Segen è stato ricordato il due giugno scorso, per la Festa della Repubblica, dalla prefetto di Ragusa Filippina Cocuzza, ricordando come il giovane avesse lasciato delle poesie vergate su pezzetti di carta scoloriti dall’acqua marina trovati nel suo portafogli.
 
Poesie che parlavano di amore e fratellanza, come questa:
 
 
"Non ti allarmare fratello mio/Dimmi, non sono forse tuo fratello?/Perché non chiedi notizie di me?/È davvero così bello vivere da soli/se dimentichi tuo fratello al momento del bisogno?/Nessuno mi aiuta/e neanche mi consola/si può essere provati dalla difficoltà/ma dimenticarsi del proprio fratello non fa onore/Il tempo vola con i suoi rimpianti/io non ti odio,/ è sempre meglio avere un fratello".
 

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