Borse: dietro il crollo di Fb e Twitter la diffidenza degli utenti social - QdS

Borse: dietro il crollo di Fb e Twitter la diffidenza degli utenti social

Pietro Crisafulli

Borse: dietro il crollo di Fb e Twitter la diffidenza degli utenti social

domenica 29 Luglio 2018

La perdita di fiducia conseguente allo scandalo Cambridge Analytica ha causato un drastico calo di "amici" e "followers" evidenziando le carenze del modello di business. Indice puntato sul nuovo regolamento europeo per la gestione dei dati. Le connessioni tra il sistema delle fake news, la politica populista e i partiti-agenzie di comunicazione collettori di consenso

Obsoleti, se non tecnologicamente, almeno sotto il profilo del modello di business.
Così alcuni analisti definiscono Facebook e adesso anche Twitter, che, in conseguenza della perdita di "amici" e "followers" sono crollate in Borsa.
 
Giovedì scorso la società di Zuckerberg ha bruciato una capitalizzazione di mercato superiore all’intera Goldman Sachs e adesso anche Twitter precipita a Wall Street, con un calo addirittura del 19% e non trova di meglio che dare la colpa alle nuove regole europee sui dati.
 
 
Il mezzo di comunicazione preferito dai politici populisti, da Trump a Salvini a Di Maio, perché consente di poter affermare qualunque cosa senza alcun contraddittorio giornalistico, sta insomma mostrando la corda soprattutto perché da una parte i millenial li considerano obsoleti e guardano oltre (ma anche Instagram, di proprietà di Facebook, non naviga in buone acque) e dall’altra le generazioni più mature, scosse dallo scandalo Cambridge Analytica e da quello che quotidianamente emerge sulla costruzione delle fake news, sugli algoritmi di Facebook che creano le echo chambers, stanno prendendo le distanze dai social.
 
Il popolo dei social sta finalmente prendendo coscienza del fatto che Facebook e Twitter fanno parte di un sistema che contribuisce – in maniera subliminale si sarebbe detto un tempo – a condizionare pervasivamente le scelte sia sotto il profilo politico sia sotto il profilo dei consumi. Anche perché i partiti populisti funzionano ormai – e in qualche caso derivano, come il Movimento Cinque Stelle con la Casaleggio e Associati – come delle agenzie di comunicazione.
 
Sono cioè collettori di consenso, indirizzato sia sulla politica, sia su scelte come quella di vaccinare o meno i propri figli – vedi la proposta di legge della Regione Lazio sulla "democratizzazione della medicina" presentata da due consiglieri grillini -, sia, a poco a poco, sui consumi.
 
Che sono sempre più globali, come conferma, a fronte del crollo di Facebook e Twitter, il volo in borsa di Amazon, Google e Netflix, non coinvolte negli scandali su dati e fake news e apprezzate dai più giovani perché forniscono programmi tv on demand in streaming, offrono piattaforme sicure e soprattutto acquistano online.
 
L’altra faccia della medaglia del boom di Amazon, sta nel fatto che questo sistema sta a poco a poco uccidendo, in particolare in territori deboli come la Sicilia, quella rete del piccolo commercio già messa a dura prova dalla Grande distribuzione organizzata. Anche i centri commerciali, peraltro, a causa della fortissima concorrenza della vendita sul web, si stanno riconvertendo, trasformandosi in contenitori per eventi.
 
Anche di questo ci si sta a poco a poco rendendo conto e si assiste a una, per quanto ancora embrionale, presa di distanza rispetto a Internet, che, prima divinizzato, comincia a essere riconosciuto – e additato – come un Moloch che divora posti di lavoro.
 
I primi segnali di reazione a questo sistema webcentrico sono, appunto, da una parte i crolli in Borsa, e dall’altra il Gdpr, quel regolamento europeo sulla gestione dei dati che, appena entrato in vigore, ha immediatamente messo in crisi i due social media.
 
E ancora c’è da stabilire quanto i colossi del web dovranno pagare di tasse, in Europa.

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