Messina: comitato d'affari, tutti gli arrestati - QdS

Messina: comitato d’affari, tutti gli arrestati

Pietro Crisafulli

Messina: comitato d’affari, tutti gli arrestati

giovedì 02 Agosto 2018

Tredici le misure cautelari. I magistrati hanno fatto luce sul meccanismo che consentiva di lucrare sulla Pubblica amministrazione. I legami con i clan mafiosi. Sequestrati beni per trentacinque milioni di euro

Le misure di custodia cautelare emesse nell’ambito dell’inchiesta della procura messinese sul comitato d’affari in città riguardano Vincenzo Pergolizzi, 65 anni, arrestato in carcere, e dieci ai domiciliani: Emilia Barrile, di 48 anni; Marco Ardizzone, di 46; Francesco Clemente, di 51, Stefania Pergolizzi, classe di 40; Sonia Pergolizzi, di 38, Carmelo Cordaro, di 58, Michele Adige, di 38, Vincenza Merlino, di 54, Carmelo Pullia, di 50, Giovanni Luciano di 53.
 
Una misura di sospensione dal pubblico ufficio per la durata di sei mesi è stata emessa nei confronti di Daniele De Almagro, di 53 anni, il divieto temporaneo, per la durata di sei mesi, di esercitare attività imprenditoriali e di ricoprire uffici apicali in seno ad imprese e persone giuridiche è stato emesso per Antonio Fiorino, di 52 anni.
 
Gli indagati, insieme ad altre sette persone denunciate, sono accusati, a vario titolo, di vari reati.
 
Si tratta di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità in concorso, corruzione, detenzione illegale di armi, accesso abusivo a un sistema informatico o telematico, turbata libertà degli incanti, associazione per delinquere, intestazione fittizia di beni, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
 
Le misure cautelari reali, frutto di approfondimenti investigativi di natura finanziaria-patrimoniale, hanno colpito gli interi capitali sociali e compendi aziendali della "Per.Edil srl", della "Co.Ste.Son. srl" e della "Er.gi. Costruzioni srl", oltre ben undici cespiti immobiliari che rientrano nel patrimonio personale di uno degli indagati per un valore complessivo stimato in 35 milioni di euro.
 
Oltre alla Barrile, un ruolo centrale nell’organizzazione era svolto da Marco Ardizzone, ritenuto il ‘consigliori’ dell’ex presidente del Consiglio comunale di Messina.
 
Fin dagli anni Novanta, secondo gli investigatori, Ardizzone sarebbe stato vicino al gruppo criminale mafioso dei Mancuso.
 
Emilia Barrile, approfittando del suo ruolo politico, avrebbe fatto avere a una coop che controllava, la "Universo e Ambiente", il servizio di pulizie dell’Amam, l’Azienda meridionale delle acque.
 
Alle dipendenze della società è stato assunto con un ruolo di vertice Carmelo Pullia, mafioso del clan Mancuso recentemente scarcerato dopo una detenzione ventennale.
 
Le cooperative riconducibili alla ex presidente del Consiglio, anche grazie a una alternanza tra periodi di lavoro e periodi di disoccupazione gestiti tramite patronati compiacenti, venivano usati come strumento per dare posti di lavoro e acquisire diffuso "consenso popolare".
 
Dall’inchiesta sarebbe emerso anche il tentativo di Pergolizzi, vicino alla mafia di Barcellona Pozzo di Gotto e sottoposto a misura di prevenzione, di sottrarre, attraverso la complicità di familiari e persone di fiducia, il suo patrimonio al sequestro antimafia e di evitare il recupero del credito erariale, quasi un milione di euro, da cui le sue società erano gravate.
 
Con una serie di "trasformazioni" societarie per mezzo dei propri familiari, ha inscenato fittizie controversie con dipendenti di fiducia, per svuotare fraudolentemente le società di beni e capitali.
 
 
 

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