Partecipate, assunzioni con regole del pubblico impiego - QdS

Partecipate, assunzioni con regole del pubblico impiego

Andrea Carlino

Partecipate, assunzioni con regole del pubblico impiego

mercoledì 22 Agosto 2018

Lo stabilisce la sezione penale della Corte di Cassazione. Le società in house rappresentano delle vere e proprie articolazioni della Pa. Non solo: dirigenti e funzionari sono pubblici ufficiali, per il fatto stesso di concorrere alla predisposizione di atti pubblicistici. Le società a partecipazione pubblica rappresentano un segmento importante dell’economia, ma dal punto di vista del diritto del lavoro hanno dei confini, talvolta, incerti

ROMA – Interessante sentenza (n.30441/2018) della Corte di Cassazione, sezione penale riguardante le società in house. Secondo i giudici, infatti, le società partecipate devono assumere personale tramite le procedure previste dal pubblico impiego. Non solo: i relativi soggetti operanti con funzione apicale sono pubblici ufficiali, per il fatto stesso di concorrere alla predisposizione di atti pubblicistici.
 
Le società a partecipazione pubblica rappresentano un segmento importante dell’economia, ma dal punto di vista del diritto del lavoro hanno dei confini, talvolta, incerti. Nel corso degli anni, infatti, diverse sono state le sentenze anche contrastanti tra di loro.
 
Le società cosiddette “in house” rappresentano quelle società, a capitale interamente pubblico, che si occupano della gestione delle reti e erogazione dei servizi pubblici locali.
 
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La società può essere definita in house, allorché vi sia contemporanea presenza di 3 requisiti: il capitale sociale sia integralmente detenuto da uno o più Enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi e lo statuto vieti la cessione delle partecipazioni a privati; la società esplichi statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e infine se la gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici.
 
Nel caso specifico su cui sono intervenuti i giudici, tantissime erano le irregolarità riscontrate in fase di reclutamento del personale: da false verifiche in merito ai curricula dei candidati fino all’affidamento dell’attività di preselezione a un consorzio non presente nell’apposito albo, etc…).
 
Non solo. Per i giudici della Corte la disciplina del reclutamento del pubblico impiego si estende anche alle società in house, da considerarsi quali mere articolazioni organizzative della pubblica amministrazione. Principi già stabiliti dalla legge 133/2008 e ribaditi dal Dlgs 175/2016 secondo il quale “le società a controllo pubblico stabiliscono, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità”.
 
Il testo unico in materia di società partecipate, inoltre, prevede che le amministrazioni pubbliche fissino, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, comprese quelle per il personale, delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale.
 
Il Testo Unico, in aggiunta, pone, quale tetto retributivo massimo applicabile alla fascia più alta, l’importo di 240.000 euro lordi, da intendersi quale limite complessivo in caso di compensi corrisposti da più pubbliche amministrazioni o società a controllo pubblico.
 
I rapporti di lavoro stipulati in assenza di tali provvedimenti o procedure sono nulli
 
Pertanto le società in house quindi devono obbligatoriamente effettuare il reclutamento delle risorse umane secondo le regole proprie del pubblico impiego, attivando sempre procedure trasparenti rispettose dei principi di parità di trattamento e imparzialità dell’azione amministrativa.
 
Le società partecipate, pertanto, possono essere considerate come enti che rappresentano delle vere e proprie articolazioni della Pa, ma gli organi di tali amministrazioni sono assoggettate a vincoli gerarchici facenti capo al pubblico impiego.

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