Uffici Regione, il caos regna sovrano - QdS

Uffici Regione, il caos regna sovrano

Valeria Arena

Uffici Regione, il caos regna sovrano

mercoledì 29 Agosto 2018

Corte dei Conti (anno 2017): pesano l’uso distorto delle politiche di assunzione, le lacune nel ciclo delle performance e l’organizzazione confusa e farraginosa. I giudici contabili puntano il dito, ancora una volta, su quelle che da anni sono le deficienze dell’amministrazione regionale:e fabbisogno, gestione, controllo e meritocrazia

PALERMO – Inadeguatezza del controllo di gestione, assenza di contabilità analitica e lacune del ciclo della performance che non permetterebbero alla Regione di compiere un’accurata rilevazione degli oneri per i centri di costo.
 
Questo è il quadro disegnato dalle Sezioni riunite della Corte dei Conti siciliana nell’ultima relazione sul rendiconto della Regione Sicilia relativo all’organizzazione amministrativa e al sistema dei controlli interni dell’anno 2017.
 
In estrema sintesi, nella nostra Isola regna il caos.
 
I giudici contabili puntano il dito, ancora una volta, su quelle che da anni sono le deficienze dell’amministrazione regionale: un sistema di controllo e gestione del personale farraginoso e confuso, mancanza di una strategia fondata sull’accurata verifica dei fabbisogni, uso distorto delle politiche di assunzione, totale assenza di contabilità analitica, quella che permetterebbe di capire il reale peso dei costi dell’amministrazione nel suo insieme, elefantiasi e un ciclo della performance svolto in maniera parziale e piano di lacune.
 
 
Elementi che, secondo gli stessi giudici, non sarebbero in linea con i valori costituzionali. E a niente sono valsi i piccoli miglioramenti registrati, a livello quantitativo, alla voce “spesa del personale”: al 31 dicembre 2017, infatti, le unità in servizio censite sono state 14.797, il 4,2% in meno rispetto al 2016 (15.439), mentre, al 1^ gennaio 2018, la Corte ha registrato un dirigente per ogni 10,12 dipendenti, contro i 9,77 dello scorso anno.
 
Tale evoluzione, però, è dovuta esclusivamente alla riduzione del numero sia dei dipendenti di fascia non dirigenziale (da 13.990 a 13.431), sia dei dirigenti (da 1.1431 a 1.326).
 
I dati comparativi, si legge nel documento, continuano a indicare che “la consistenza numerica dei dipendenti di ruolo della Regione siciliana è pari quasi ad un quarto (23,5%) dell’ammontare complessivo del personale di tutte le Regioni: il numero dei dirigenti resta oltre un terzo di tutti quelli regionali in Italia e il rapporto con i dipendenti, 1 ogni 10, pur migliorato rispetto al passato, è lontano dalla media nazionale (in cui l’incidenza è di 14,89)”. Personale che resta ancora superiore, seppur di poco, a quello di dieci anni fa, nonostante i prepensionamenti e il sostanziale blocco delle assunzioni.
 
COSA DICE LA CORTE DEI CONTI SICILIA
 
MANCA VERIFICA FABBISOGNO
“L’Amministrazione regionale nel 2017 è rimasta tutt’ora ancorata al concetto di dotazione organica e di spesa storica mentre è priva di una strategia complessiva fondata sull’accurata verifica dei fabbisogni, come, invece, sarebbe necessario per determinare un’effettiva razionalizzazione della spesa in questione”.
 
MANCA LA GESTIONE
“Continua a mancare una seria politica di assunzione e di gestione del personale, che, invece, è stata finalizzata essenzialmente alla stabilizzazione di precari in assenza di qualsiasi meccanismo di pubblico concorso”.
 
MANCA IL CONTROLLO
“Per il 2017 la valutazione sul sistema dei controlli interni rimane sostanzialmente negativa a causa delle diffuse criticità che investono le sue diverse component. Infatti, da un lato, il ciclo della performance si è svolo in maniera parziale e lacunosa; dall’altro lato, il controllo di gestione è rimasto carente a causa dell’assenza di contabilità analitica; infine, i controlli sulle società partecipate e sugli enti vigilati si sono rivelati inadeguati”.
 
MANCA LA MERITOCRAZIA
“La dimensione degli organici e l’espandersi del perimetro pubblico regionale solo in parte trovano giustificazione nella titolarità – per via dell’autonomia differenziate di cui gode la Regione siciliana – di funzioni altrove allocate a livello “statale”: piuttosto, la Corte ha rilevato come, nel tempo, il settore pubblico sia stato piegato, attraverso un uso distorto delle politiche assunzionali, a supplire all’incapacità del tessuto produttivo di assorbire la forza lavoro espressa nella regione. Da qui la chiusura alle opportunità di reclutamento attraverso le ordinarie procedure concorsuali e meritocratiche, sostituite da lunghi e complessi percorsi di stabilizzazione del personale precario, tutt’ora condizionanti la legislazione e le politiche del personale, con il conseguente innalzamento dell’età anagrafica del personale in servizio e un’inevitabile frattura generazionale, oltre all’evidente vulnus ai valori costituzionali che regolano l’accesso al pubblico impiego e garantiscono il buon andamento della pubblica amministrazione”.
 

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