PALERMO – “In Italia basterebbe far emergere quanto si evade di Iva per coprire quasi per intero la manovra finanziaria”. Con queste parole Fabbrica Confapi Padova ha presentato uno studio relativo all’evasione del tributo nel nostro Paese, partendo da un rapporto diffuso a settembre dalla Commissione Europea, e dalla ricerca “Asymmetries in the territorial Vat gap” elaborata dall’Agenzia delle Entrate per analizzare l’andamento del fenomeno nel corso degli anni in relazione alle singole regioni italiane.
Secondo i dati riportati dalla Commissione Europea, la differenza tra quanto l’Italia incassa dall’Iva e quanto in linea teorica dovrebbe raccogliere è stata, tra elusione fiscale ed errori nel calcolo della tassa, di 35,9 miliardi nell’anno in corso. Dal nostro Paese arriva un quarto dell’evasione Iva europea totale (147,1 miliardi di euro). Incrociando questi dati con le cifre diffuse dall’Agenzia delle Entrate, Confapi Padova ha stimato il gap Iva nelle diverse regioni italiane. Il risultato che emerge, considerando il rapporto tra evasione fiscale e ricchezza prodotta, è quello di un Nord Est fortemente penalizzato dagli “evasori” del Sud Italia. Fabbrica Padova, infatti, ha elaborato un indice a partire da due fattori: il contributo alla ricchezza nazionale e l’evasione dell’Iva. Basandosi su questi due dati, il Centro studi ha assegnato alle regioni italiane un indice di diverso valore: 1 alle regioni con un livello di evasione “proporzionato” alla produttività, valori superiori all’1 alle regioni in cui l’evasione è risultata superiore alla produttività e, infine, valori inferiori all’1 a quelle regioni in cui si è registrato un livello di evasione inferiore alla produttività.
Come se l’è cavata la Sicilia? Male, ancora una volta. L’evasione siciliana stimata è di 3.296 miliardi di euro (il 9,16% rispetto al totale italiano). Una cifra enorme se si considera che l’intero Belgio ha registrato un Gap Iva di 3 miliardi e 79 milioni e che la Danimarca è riuscita a restare sotto i 2 miliardi e mezzo (dati Agenzia delle Entrate).
Guardando al quadro italiano, però, di per sé il dato siciliano non sarebbe nemmeno eccessivamente clamoroso se si considera che, per esempio, la Lombardia ha accumulato un’evasione ben superiore: 5.251 miliardi, il 14,59%. Se si incrociano queste cifre con la ricchezza prodotta, però, i nodi vengono al pettine. Il Pil prodotto dalla Sicilia, infatti, è di appena 87.383 miliardi di euro, il 5,31 % del Pil nazionale. Quello della Lombardia, invece, è di 357.200 miliardi di euro (il 21,71% del nazionale). Questo gap ha fatto sì che Confapi Padova assegnasse alla nostra Isola un indice evasione Iva in rapporto al Pil di 1.73 (la Lombardia, invece, è rimasta sotto l’1: 0,9). È chiaro quindi che, l’evasione registrata in Sicilia pesa notevolmente sulle condizioni finanziare del nostro Paese e penalizza, inevitabilmente, l’economia di aree più produttive, come, appunto, il Nord-Est.
A monte, comunque, resta il serio problema dell’evasione fiscale che continua ad affliggere la nostra isola.
Secondo l’ultimo rapporto della Guardia di Finanza, nei primi cinque mesi del 2018 in Sicilia sono stati scoperti 843 soggetti sconosciuti al fisco (evasori totali). Una lotta, quella contro i furbetti che non pagano le tasse, che dovrebbe essere sicuramente più serrata ma che comincia a portare qualche risultato.
Secondo gli ultimi dati diffusi dal ministero di Economia e Finanza, infatti, nei primi otto mesi del 2018, le entrate tributarie derivanti dalle attività di accertamento e controllo si sono attestate a 6,6 milioni di euro, il 6% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (per un totale di circa 460 milioni in più).
In Sicilia gap reddito-consumi stimato in 10 miliardi di euro
PALERMO – Ma a quanto ammonta l’evasione fiscale totale nella nostra Isola? In una precedente inchiesta del Qds abbiamo provato a fare una stima partendo dai dati nazionali. Secondo l’indagine intitolata “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva”, realizzata dalla Fondazione nazionale dei commercialisti, che prende in esame i dati del ministero dell’Economia e delle Finanze, l’ammontare dell’evasione fiscale presunta in Italia è di 107,7 miliardi di euro.
Quanto, di questa cifra, è riconducibile alla Sicilia? Non essendoci dati regionali ufficiali, possiamo limitarci ad una stima, tenendo conto del fatto che la Sicilia è circa un decimo dell’intera penisola sia per superficie (25.711 km quadrati sui circa 300 italiani) che per popolazione (5 milioni di abitanti su complessivi 60 milioni. Partendo da questo dato e dai 107, 7 miliardi di euro, in Sicilia si può stimare un’evasione presunta di circa 10 miliardi di euro.
Sempre dal Mef, inoltre, arrivano altre interessanti cifre (seppur riviste al ribasso) sul fenomeno. L’ultima relazione del ministero, infatti, prende in considerazione la distribuzione regionale del cosiddetto “gap non dichiarato”. Nella mappa dell’Italia che viene fuori, la Sicilia si presenta come una delle regioni in cui l’ammontare del gap è tra i più alti in Italia: tra i 311 e i 500 milioni di euro.
Peggiori, i dati relativi alla propensione all’evasione: l’Isola infatti si colloca nella “fascia rossa” d’Italia e raggiunge percentuali tra il 32 e il 40% (l’unica regione, insieme a Calabria, Campania e Molise).
Carlo Valerio, presidente Confapi Padova: “Cifre mostruose, ma in Italia si evade così tanto anche per colpa della troppa burocrazia”
PALERMO – I dati presentati mettono in luce almeno due questioni fondamentali: in primo luogo, nel nostro Paese esiste un serio problema di evasione fiscale che non sempre viene adeguatamente contrastato. In secondo luogo, in Italia continua a persistere in quest’ambito un gap Nord-Sud che non fa bene a nessuno. Ma come si spiegano cifre così rilevanti?
Qualche ipotesi è stata avanzata da Carlo Valerio, presidente Confapi Padova. “Quelle relative all’evasione dell’Iva – ha dichiarato – sono cifre mostruose, che da sole danno l’idea di quanto qualsiasi misura in grado di combattere il fenomeno vada favorita. Non è una giustificazione, ma se in Italia si evade così tanto è anche per via della troppa burocrazia che agevola coloro che non vogliono pagare le tasse, dell’eccessiva propensione all’uso del contante in confronto alle altre nazioni e del continuo ricorso da parte dei Governi che si sono succeduti negli anni di misure inquadrabili come condoni che sono, in un certo senso, una sorta di incentivo all’evasione”.
Valerio ha poi commentato il gap Nord- Sud, ampliando il ragionamento. “I dati elaborati dal nostro centro studi – ha precisato – ci dicono che, contrariamente a quanto si possa pensare rifacendosi al luogo comune dei piccoli imprenditori del Nord e dei lavoratori autonomi che evadono appena possono, il fenomeno incide molto di più in altre regioni, proprio quelle che, in questi anni, hanno goduto di forme assistenzialistiche più spinte e che potrebbero goderne ancora. Un esempio? Sicilia e Campania da sole – lo attestano i dati Inps – coprono il 53% del totale delle persone che beneficiano del Reddito di inclusione varato dal governo Gentiloni lo scorso dicembre. Dei 6,5 milioni di potenziali beneficiari del Reddito di cittadinanza di cui si discute oggi, 1,7 sono concentrati nell’Isola”.
“Attenzione – ha precisato Valerio – noi non diciamo certo che il Mezzogiorno non vada aiutato, ma non attraverso quelle che rischiano di essere misure che, se non ci sarà ad esempio un ripensamento dei centri per l’impiego, disincentivano il lavoro. Dirò di più: evitiamo che l’aiuto di Stato si assommi all’aiuto che si dà, da solo, chi evade e poi dichiara di vivere in condizioni di povertà. Il rischio, se non individuiamo gli anticorpi che consentono di identificare chi imbroglia, è che gli imprenditori onesti si ritrovino a pagare anche per chi non lo è”.
Perché l’evasione dell’Iva spaventa l’Ue?
PALERMO – La lotta all’evasione dell’Iva travalica i confini nazionali. Come già accennato, infatti, il mancato pagamento della tassa incide sull’economia dell’Unione Europea. Dal nostro Paese, dicevamo, arriva un quarto dell’evasione Iva europea totale.
Cifre che allarmano l’Unione che tra le cosiddette “risorse proprie” annovera, appunto, anche una parte del gettito Iva di ogni Stato membro. Tutti i Paesi europei, infatti, devono versare nelle casse dell’Unione, lo 0.5% delle entrate derivanti dall’Imposta sul Valore Aggiunto.
Ai 35,9 miliardi vanno poi aggiunti tutti i mancati introiti dell’incasso di altre tasse (Irpef, Irap e Ires) che pesano per altri 50 miliardi circa.
I mancati introiti, quindi, spingono l’Unione ad essere sempre più intransigente. Intransigenza che dovrebbe e potrebbe tradursi in una più attenta lotta all’evasione nei singoli Stati membri.