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Mafia: in carcere il nuovo capo di Cosa nostra

redazione

Mafia: in carcere il nuovo capo di Cosa nostra

martedì 04 Dicembre 2018

E' Settimino Mineo, 80 anni, ufficialmente gioielliere, già condannato nel Maxiprocesso. Salta la Cupola, operazione con 46 arresti per associazione mafiosa da parte dei Carabinieri. La storia e tutti i "segretari" della "Commissione interprovinciale" creata dalla mafia siciliana negli anni Cinquanta sul modello di quella americana. IN AGGIORNAMENTO

Cosa nostra, dopo anni, aveva ricostruito la storica Cupola. Emerge da una indagine della dda di Palermo che ha disposto il fermo di 46 persone tra cui il nuovo capo dell’organizzazione.
 
Il fermo è stato eseguito dai carabinieri del comando provinciale. Le accuse per gli indagati sono di associazione mafiosa, estorsione aggravata, intestazione fittizia di beni, porto abusivo di armi, danneggiamento a mezzo incendio, concorso esterno in associazione mafiosa.
 
Settimino Mineo, 80 anni, ufficialmente gioielliere, un "curriculum" mafioso di decenni, è il nuovo capo di Cosa nostra: emerge dall’inchiesta della dda di Palermo che ha portato al fermo oggi 46 persone.
 
Dopo la morte del boss Totò Riina, e un periodo di "segretariato" del latitante Messina Denaro, sarebbe stato designato al vertice della commissione provinciale che da anni ormai aveva smesso di riunirsi, segno che i clan avevano scelto di tornare alla struttura unitaria di un tempo.
 
Già condannato a 5 anni al maxi processo istruito da Giovanni Falcone, fu riarrestato 12 anni fa per poi tornare in libertà dopo una condanna a 11 anni.
 
 L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai pm Francesca Mazzocco, Amelia Luise, Dario Scaletta, Gaspare Spedale e Bruno Brucoli e ricostruisce gli assetti dei clan palermitani di Porta Nuova, Poagliarelli, Bagheria, Villabate e Misilmeri.
 
L’anziano padrino, del quale aveva già parlato agli inquirenti il pentito Tommaso Buscetta, come è emerso dalle indagini dei carabinieri, aveva il terrore di essere intercettato e non usava telefoni.
 
La Commissione interprovinciale di Cosa nostra, che da anni ormai aveva smesso di riunirsi, sarebbe stata riconvocata il 29 maggio scorso: un summit che riporta alla vecchia mafia.
 
Come ispirata alla tradizione sembra essere l’organizzazione della nuova commissione provinciale guidata da Mineo e improntata al rifiuto del digitale: lo "zio Settimo" camminava a piedi, parlava, non usava il telefono.
 
I fratelli uccisi
e il primo arresto
 
Gioiellieri erano stati anche i fratelli di Mineo, Antonino, ucciso nel novembre 1981, e Giuseppe, assassinato pochi mesi dopo, nel maggio del 1982 in un agguato nel negozio di corso Tukory in cui aveva rischiato di cadere anche Settimo.
 
Dieci anni dopo il pentito Gaspare Mutolo avrebbe spiegato che quei delitti andavano ricondotti in una faida interna della famiglia palermitana di Pagliarelli.
 
Settimo Mineo fu incarcerato per la prima volta il 29 settembre 1984 e condannato nel primo maxi processo a sette anni di reclusione.
 
A Giovanni Falcone che lo interrogava di essere soltanto un commerciante: "Di che parla? Cado dalle nuvole!" rispose alle contestazioni del magistrato.
 
Di lui però avevano parlato diversi pentiti: oltre al "boss dei due mondi" Buscetta, anche Leonardo Vitale e Totuccio Contorno.
 
Ormai riconosciuto come il boss di Pagliarelli, Mineo era tornato in carcere nel 2006 ed era da poco nuovamente libero dopo aver scontato una condanna a undici anni.
 
Imprenditori
e boss di riferimento
 
L’inchiesta avrebbe svelato particolari inquietanti sul panorama economico in particolare palermitano.
 
Oltre agli appalti e la droga il grande affare sarebbe quello del gioco d’azzardo, come hanno dimostrato anche recenti operazioni delle forze dell’ordine.
 
Inquetante anche l’indiscrezione secondo la quale alcuni insospettabili imprenditori sarebbero stati intercettati mentre erano alla ricerca di "boss di riferimento" per condurre affari e per risolvere problemi pratici, dal pagamento delle fatture inevase alla composizione delle controversie.
 
 
La storia della Cupola
o Commissione interprovinciale
 
La prima "Commissione interprovinciale", che sarebbe stata poi definita "Cupola" dai giornali, venne creata negli anni Cinquanta del Novecento da Andrea Fazio, boss di Trapani, ma fu sciolta dopo l’esplosione della "Prima guerra di mafia" nel 1963. c. 1950-1957 — Andrea Fazio[1] — dimessosi nel 1957 (potere trasferito alla Commissione provinciale fino a 1975), quando segretario divenne Salvatore "Ciaschiteddu" Greco, fuggito in Venezuela nel 1968 e dimessosi nel 1975.
 
Questo organismo direttivo si riuniva – sul modello americano – per deliberare su importanti decisioni riguardanti gli interessi mafiosi di più province che esulavano dall’ambito provinciale e che interessano i territori di altre Famiglie.
 
La Cupola venne poi ricreata nel 1975, su proposta di Giuseppe Calderone detto Cannarozzu d’argentu capo della Famiglia di Catania, che voleva evitare l’oligarchia di Michele Greco, Luciano Liggio e Gaetano Badalamenti. Calderone, fratello di quell’Antonino che si sarebbe poi pentito, venne anche incaricato di dirigere la Cupola.
 
Fu stabilito che vi dovevano partecipare soltanto i rappresentanti mafiosi di ogni provincia siciliana (escluse quelle di Messina, Siracusa e Ragusa), i quali decisero il divieto assoluto di compiere sequestri di persona in Sicilia per porre fine ai rapimenti a scopo di estorsione operati dallo schieramento dei Corleonesi, guidati dal boss Luciano Liggio.
 
È formata da sei rappresentanti mafiosi di ogni provincia siciliana, escluse quelle di Messina, Siracusa e Ragusa, dove la presenza di Cosa Nostra è tradizionalmente assente.
 
Questa "Commissione interprovinciale" era composta da:
Giuseppe Calderone (rappresentante della provincia di Catania), Segretario
Gaetano Badalamenti (rappresentante della provincia di Palermo), Segretario della Commissione provinciale
Giuseppe Settecasi (rappresentante della provincia di Agrigento)
Nicola Buccellato (rappresentante della provincia di Trapani)
Giuseppe Di Cristina (rappresentante della provincia di Caltanissetta)
Giovanni Mongiovì (rappresentante della provincia di Enna)
 
Proprio secondo il collaboratore di giustizia Antonino Calderone, inizialmente le riunioni della "Regione" si tenevano mensilmente presso le singole province, ma in seguito si svolsero sempre presso la tenuta agricola di Michele Greco a Ciaculli.
 
Nel 1978 Giuseppe Calderone e Di Cristina vennero uccisi dai Corleonesi e la direzione della "Commissione interprovinciale" passò a Giuseppe Settecasi, che però venne pure assassinato nel 1981 nel quadro di un conflitto mafioso nella provincia di Agrigento che vide l’ascesa del boss Carmelo Colletti (legato a Bernardo Provenzano), il quale divenne il nuovo rappresentante provinciale di Agrigento.
 
La direzione della "Commissione interprovinciale" passò allora al boss Michele Greco (rappresentante mafioso della provincia di Palermo in quanto dirigeva la Commissione provinciale).
 
Secondo il collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè, nel 1983 avvenne un incontro nelle campagne di Caccamo a cui parteciparono i boss Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Bernardo Brusca, il fratello di Nitto Santapaola (in rappresentanza della provincia di Catania), Carmelo Colletti (per la provincia di Agrigento), Giuseppe "Piddu" Madonia (per le province di Caltanissetta ed Enna) e alcuni mafiosi della provincia di Trapani.
 
Nel corso della riunione venne deciso che la direzione della "Commissione interprovinciale" passava direttamente a Riina.
 
 
Tutti i Segretari
della Cupola
 
1950-1957 – Andrea Fazio — dimessosi nel 1957
1957-1975 – Salvatore Ciaschiteddu Greco — fuggito in Venezuela nel 1968, dimessosi nel 1975
1975-1978 – Giuseppe Cannarozzu d’argentu Calderone — assassinato nel 1978
1978-1981 – Giuseppe Settecasi – assassinato nel 1981
1978-1986 – Michele Il Papa Greco — imprigionato a vita nel 1986
1986-1993 – Salvatore Totò u’ Curtu Riina — imprigionato a vita nel 1993 e morto nel 2017
1993-2006 – Bernardo Binnu u’ Tratturi Provenzano — morto nel 2016
2006-2007 – Salvatore Il Barone Lo Piccolo — imprigionato a vita nel 2007
2007-2017 – Matteo ‘U siccu Messina Denaro
2017-2018 – Settimino Mineo

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