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Terrorismo: blitz a Palermo e altrove, quindici provvedimenti

Pietro Crisafulli

Terrorismo: blitz a Palermo e altrove, quindici provvedimenti

mercoledì 09 Gennaio 2019

Solo sette i fermi eseguiti nell'operazione dei Carabinieri del Ros anche a Trapani, Caltanissetta e Brescia. L'inchiesta scattata grazie a un "pentito" tunisino. Gli indagati, tra i quali anche italiani, accusati anche di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina con gommoni veloci. Uno dei ricercati, sfuggito alla cattura, su Facebook inneggiava all'Isis con immagini di decapitazioni. Orlando contro Salvini

I Carabinieri del Ros impegnati nelle province di Palermo, Trapani, Caltanissetta e Brescia nell’esecuzione di quindici ordini di custodia disposti dalla Dda palermitana nei confronti di persone accusate di istigazione al terrorismo, associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina per piccoli gruppi di migranti portati dalla Tunisia in Italia a bordo di gommoni veloci.
 
Solo sette
i fermi eseguiti
 
Finora sono state fermate soltanto sette persone: Monti Ltaief, 47 anni, tunisino, Aymen Ouafi, tunisino, 34 anni, Noureddine Jallali, tunisini, 47 anni, Mohamed El Kouch, marocchino, 29 anni, Hassen Fadhlaoui, tunisino, 27 anni, Michele Mercurio, palermitano, 62 anni e Salvatore Sutera, palermitano, 56 anni.
 
Gli altri indagati risultano latitanti.
 
L’inchiesta, coordinata dalla Dda di Palermo guidata da Francesco Lo Voi, è nata dalla collaborazione con gli inquirenti di un tunisino coinvolto nell’attività della banda e "pentito".
 
L’uomo ha infatti deciso di parlare per evitare, ha detto agli inquirenti, che ci si ritrovasse con "un esercito di kamikaze in Italia", raccontando di essere a conoscenza dell’esistenza di un’organizzazione criminale che gestiva un traffico di esseri umani, contrabbandava tabacchi e aiutava a espatriare soggetti ricercati in Tunisia per reati legati al terrorismo.
 
Le rivelazioni
del "pentito"
 
"I clandestini normali – ha ricostruito il "pentito" – pagano 5.000 dinari tunisini mentre le persone che sono ricercate in Tunisia, per vari reati compreso il terrorismo, pagano da 10.000 dinari in su". "I clandestini normali pagano 5.000 dinari tunisini mentre le persone che sono ricercate in Tunisia, per vari reati compreso il terrorismo, pagano da 10.000 dinari in su".
 
"Nel viaggio per la Sicilia – ha raccontato – insieme a me c’erano altri dieci clandestini, solo uomini, tutti tunisini e all’interno dello scafo c’erano anche venti scatole di sigarette di contrabbando. Quella notte, dopo essere sbarcato ed essermi immediatamente allontanato sono andato a Marsala. Pochi giorni dopo, in un bar del centro ho incontrato un mio connazionale di nome Monji Ltaief e ho appreso che era al servizio di un soggetto di nome Fadhel conosciuto anche come Boulaya per via della sua barba molto folta. E’ ricercato in Tunisia per aver sparato a personale della guardia costiera tunisina e per tale motivo avrebbe da scontare ventuno anni di carcere in quel Paese e per quanto mi è stato detto nel 2011, nel corso della rivoluzione tunisina, sarebbe evaso".
 
"Il mio amico – ha aggiunto – si occupa di organizzare i viaggi di almeno tre o quattro gommoni che fanno la spola tra l’Italia e la Tunisia, da località, variabili in prossimità di Mazara del Vallo ed anche da Marsala, con partenze organizzate ogni volta che il meteo lo consente. Come nel mio caso, i gommoni trasportano clandestini e tabacchi nell’ordine di circa dieci clandestini e 20/50 scatole di sigarette per viaggio".
 
"Una volta – ha detto – un gommone è riuscito a scappare e a bordo c’erano anche tre ‘barboni’ indicati come terroristi; nel giugno del 2016 ho incontrato un tunisino di nome Ahmed e so per certo che è ricercato in Tunisia per terrorismo ed è arrivato in Italia da qualche mese. Attualmente dovrebbe vivere a Palermo insieme a suo fratello più giovane e ad una ragazza di nome Ameni, forse tunisina".
 
"Ha aiutato – ha spiegato – diversi terroristi a espatriare pare verso l’Italia e per questo motivo ritengo che sia egli stesso un terrorista".
 
Sfuggito alla cattura
l’istigatore al terrorismo
 
 
E’ sfuggito alla cattura l’uomo che, secondo il "pentito",  istigava al terrorismo, invocava la morte in nome di Allah e faceva apologia dello Stato islamico.
 
"Dice il Profeta di Allah (che Dio lo benedica): ogni Stato ha il suo turismo e il mio turismo è la jihad in nome di Dio".
 
Così era scritto sull’immagine di copertina del profilo Facebook da Khaled Ounich
 
Sul profilo, intestato a un alias, sono stati trovate decine di post inneggianti all’Isis e con video di esecuzioni capitali fatte da Jihadi John, noto come boia di Daesh.
 
Tutte indicative, secondo gli inquirenti, della condivisione alle procedure operative adottate dalle organizzazioni terroristiche di matrice confessionale.
 
"Nei video trovati – hanno spiegato gli inquirenti – ci sono diversi sermoni che incitano alla violenza e promettono la liberazione e purificazione delle ‘terre colonizzate’ per far tornare la dominazione islamica anche usando la forza con le armi e le guerre".
 
E’ stato anche scoperto materiale propagandistico delle attività di gruppi islamici di natura terroristica come preghiere, scritti, ordini, istruzioni e video con scene di guerra, immagini di guerriglieri, discorsi propagandistici e kamikaze presi dalla rete.
 
Scoperti anche suoi contatti con profili di altri estremisti islamici.
 

Uno dei cassieri
dell’organizzazione
 
L’istigatore al terrorismo era uno dei cassieri dell’organizzazione che, con 2.500 euro, consentiva di raggiungere le coste trapanesi partendo dalla Tunisia a bordo di gommoni veloci.
 
Gli inquirenti sospettano che abbia usato il denaro guadagnato con i viaggi nel Canale di Sicilia anche per finanziare attività terroristiche.
 
Per i pm di Palermo, che hanno disposto i fermi, la banda rappresenta "una minaccia alla sicurezza nazionale perché in grado di fornire un passaggio marittimo sicuro e celere particolarmente appetibile per persone ricercate dalle forze di sicurezza tunisine o sospettate di connessioni con formazioni terroristiche".
 
L’organizzazione criminale, che operava in Italia e Tunisia, contrabbandava anche tabacchi lavorati esteri smerciati nel palermitano graziie alla mediazione di complici italiani.
 
I guadagni dell’organizzazione criminale, custoditi da cassieri designati dai vertici della banda, venivano riutilizzati per il rifinanziamento della attività come l’acquisito dei natanti veloci e l’aiuto economico dei componenti della associazione criminale finiti nei guai con la legge.
 
Ai fermati sono stati contestati i reati di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, istigazione al terrorismo, contrabbando di tabacchi lavorati esteri e esercito abusivo dell”attività di intermediazione finanziaria con l’aggravante della transnazionalità.
 
Già nel gennaio dello scorso anno una organizzazione che trasportava clandestini e tabacchi era stata sgominata dalla Dda di Palermo.
 
E nell’aprile del 2018 i finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo e della Compagnia di Marsala hanno eseguito a Palermo e Trapani, 13 provvedimenti di fermo per tunisini, italiani e marocchini, appartenenti ad un’organizzazione criminale di carattere transnazionale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e al contrabbando di tabacchi lavorati esteri.
 
Orlando ancora
contro Salvini
 
Commentando la notizia su twitter il ministro dell’Interno e capo della Lega Nord Matteo Salvini, ha scritto: "Altro che farne sbarcare altri o andarli a prendere con barconi e aerei, stiamo lavorando per rimandarne a casa un bel po’. Scafisti e terroristi: a casa!".
 
Opposto il giudizio del saindaco di Palermo Leoluca Orlando: "L’operazione antiterrorismo condotta oggi dal Ros e coordinata dalla Procura di Palermo – ha detto –  conferma quanto sostengo da tempo e cioè che le politiche di criminalizzazione dei migranti non fanno altro che aiutare le organizzazioni criminali".
 
"L’operazione – ha aggiunto – conferma soprattutto, quasi in modo clamoroso, quello che è sotto gli occhi di tutti: chi vuole venire in Italia in collegamento con organizzazioni terroristiche non viene certo sui barconi dei migranti rischiando la vita".
 
"Così come i grandi boss della mafia – ha concluso il sindaco di Palermo – non girano certo con il ‘lapino’ sgarrupato, i criminali internazionali non vengono in Italia sui barconi ma su potenti gommoni fuoribordo che in poche ore e su rotte poco trafficate li portano sulle coste siciliane".
 
 
 
 

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