Appalti e crediti vantati dai lavoratori - QdS

Appalti e crediti vantati dai lavoratori

Antonino Lo Re

Appalti e crediti vantati dai lavoratori

mercoledì 06 Febbraio 2019

Cassazione, sentenza 444/19: eliminata ogni forma di “gerarchia” tra i debitori. Il committente è responsabile in solido per le retribuzioni non corrisposte

ROMA – La responsabilità solidale riguarda solo i crediti maturati nel periodo di durata del contratto di appalto e in ragione della prestazione resa per la realizzazione dell’opera o del servizio commissionati ed è considerata anche l’impresa appaltante la quale risulta peraltro completamente estranea al rapporto svolto al di fuori dell’esecuzione dell’appalto stesso.


Ecco quanto afferma la Corte di Cassazione con la sentenza 444/2019, pronunciandosi in relazione ai trattamenti retributivi e contributivi impiegati nell’appalto.
 
Il giudizio della Suprema Corte prende spunto dalla pronuncia del Tribunale di Firenze che aveva accolto da una lavoratrice nei confronti della società appaltante di servizi di pulizia su una tratta di autostrada nazionale per il pagamento di somme retributive (Tfr, tredicesima e quattordicesima mensilità, retribuzioni degli ultimi quattro mesi, indennità sostitutiva delle ferie, permessi Rol non goduti) per il periodo che va dal 2004 al marzo 2011.
 
La Corte d’appello ha confermato il giudizio di primo grado, ritenendo sussistente, nei confronti, del committente, un’obbligazione solidale in senso stretto (e non garanzia sussidiaria) per i trattamenti retributivi e contributivi, nonché l’intero Tfr, maturati nei confronti dell’appaltatore-datore di lavoro, con conseguente irrilevanza di preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore.
 
La società ricorrente ha proposto ricorso affidato a quattro motivi. Nel primo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, 32, comma 1, avendo il tribunale ritenuto applicabile alla società appaltante il criterio di solidarietà previsto dall’art. n. 29 del D.lgs. n. 276/2003. La Cassazione ha considerato il primo motivo infondato, mentre dal secondo al quarto, nella sentenza è stato fatto un sintetico excursus storico-normativo della disposizione invocata.
 
“L’art.29 del d.lgs n.276 del 2003 – afferma la Suprema Corte – disciplina il regime di tutela della complessiva posizione giuridica dei lavoratori impiegati in appalti di opere o di servizi ed è stato oggetto di numerosi interventi legislativi”. Infatti viene ricordato nella sentenza che il beneficio di escussione ha avuto una durata brevissima nel nostro ordinamento. E’ stato introdotto nel 2012 e poi abolito con il decreto legge 25/2017, riportando la situazione del vincolo della solidarietà al 2003 per quanto riguarda sia la posizione processuale del committente, sia la possibilità dei contratti collettivi nazionali di lavoro di derogare al regime legale della responsabilità negli appalti.
 
La Cassazione, infatti, spiega nella sentenza che “l’art. 29 del D.lgs. n. 276/2003 non prevedeva un regime di sussidiarietà, delineando dunque una obbligazione solidale in senso stretto, con conseguente irrilevanza di un litisconsorzio necessario tra debitore principale (datore di lavoro-appaltatore) e condebitore (committente)”. Inoltre, si è eliminata la gerarchia tra i debitori. Dunque, tutte le imprese legate dal vincolo di responsabilità solidale si troveranno di fronte alla possibilità che, a seguito delle inadempienze del proprio datore di lavoro, i dipendenti scelgano di rivolgersi alle imprese ritenute più solide per ottenere le retribuzioni non percepite che fanno riferimento al periodo del lavoro svolto nell’appalto.

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