La Sicilia perde 12.747 imprese artigiane in 10 anni - QdS

La Sicilia perde 12.747 imprese artigiane in 10 anni

Serena Giovanna Grasso

La Sicilia perde 12.747 imprese artigiane in 10 anni

domenica 24 Febbraio 2019

Cgia di Mestre: l’Isola è la quinta regione per perdite (-15,1%). Più in generale il Sud è l’area con il maggiore crollo (-14%). Il settore più colpito è stato l’autotrasporto che tra il 2009 e il 2018 ha subito una riduzione del 22%. Seguono le attività manifatturiere con un decremento pari al 16,3% e l’edilizia che ha visto crollare il numero delle imprese del 16,2%. Sono in forte aumento imprese di pulizia, giardinaggio e servizi alle imprese (+43,2%)

PALERMO – Una vera e propria emorragia di imprese artigiane: questo è quello che è avvenuto in Sicilia negli ultimi dieci anni. Secondo le elaborazioni condotte dalla Cgia di Mestre (Associazione artigiani e piccole imprese), l’Isola è la quinta regione in Italia per maggior incidenza di chiusure: infatti, tra il 2009 e il 2018 sono state ben 12.747 le imprese artigiane sparite dal radar (-15,1%, nel 2009 erano 84.560, ridottesi a 71.813 nel 2018).
 
La caduta dei consumi delle famiglie e la loro lenta ripresa, l’aumento della pressione fiscale e l’esplosione del costo degli affitti hanno spinto fuori mercato molte attività. Senza contare che l’avvento delle nuove tecnologie e delle produzioni in serie hanno relegato in posizioni di marginalità molte professioni caratterizzate da un’elevata capacità manuale.
 
La Sardegna è la regione che subisce la perdita più pesante, con una contrazione pari al 18% (-7.664). Seguono l’Abruzzo con una diminuzione del 172% (-6.220), l’Umbria con -15,2% (-3.733) e la Basilicata con -15,1% (-1.808). Dunque, come è evidente, il Mezzogiorno è la macro area dove la caduta è stata maggiore (-14%, con una perdita pari a 52.306 artigiane).
 
Più in generale sono tutte le regioni a registrare un bilancio passivo, senza nessuna eccezione. Se così si può dire, il Trentino Alto Adige è la regione con un saldo più “roseo”: infatti, in questa regione le perdite ammontano al 4,3% (-1.160 imprese).
 
Riferendoci all’ultimo anno, nella nostra regione si osserva il quarto decremento maggiormente sostenuto (-1,7% tra 2007 e 2018, con 1.244 attività in meno). Peggio fanno Basilicata (-1,9%), Abruzzo (-1,8%) e Piemonte (-1,8%). Nell’ultimo anno, l’Italia ha complessivamente perso 16.337 imprese artigiane, ben 165.598 negli ultimi dieci anni.
 
Il settore artigiano più colpito dalla crisi è stato l’autotrasporto che negli ultimi dieci anni ha perso il 22,2% di imprese. Seguono le attività manifatturiere con una riduzione pari al 16,3% e l’edilizia che ha visto crollare il numero delle imprese del 16,2%. Sono in forte aumento, invece, imprese di pulizia, giardinaggio e servizi alle imprese (+43,2%), attività cinematografiche e produzione software (+24,6%) e magazzinaggio e corrieri (+12,3%). Tra le aziende del settore produttivo quelle più in difficoltà sono state quelle che producono macchinari (-36,1%), computer-elettronica (-33,8%) e i produttori di mezzi di trasporto (-31,8%).
 
Oltre al danno economico causato da queste chiusure, c’è anche un aspetto sociale molto preoccupante da segnalare. Quando chiude definitivamente la saracinesca una bottega artigiana, si perdono conoscenze e cultura del lavoro difficilmente recuperabili. Infatti, la Cgia di Mestre ha elencato venticinque vecchi mestieri artigiani che negli ultimi decenni sono pressoché scomparsi dalle nostre città e nei paesi di campagna, o professioni che sono in via di estinzione a causa delle profonde trasformazioni tecnologiche che li hanno investiti.
 
Esempi di questo tipo sono rappresentati dal calzolaio, casaro (addetto alla lavorazione, preparazione e conservazione dei latticini), canestraio (produttore di canestri, ceste, panieri), ceraio, cocciaio (produttore di piatti, ciotole e vasi), mugnaio, maniscalco, ombrellaio e scalpellino.

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