Il soggetto passivo, al quale va notificato il ricorso – che, però, è formalmente diretto “Alla Corte d’Appello” – è diverso, a seconda della materia che ha formato oggetto del relativo giudizio.
a) Il Ministero della Giustizia, in persona del ministro pro tempore (presso l’avvocatura distrettuale), quando si tratta di procedimenti (civili o penali), che si siano svolti davanti al Giudice ordinario (giudice di Pace, Tribunale e Corte d’Appello).
b) Il Ministero della difesa, in persona del ministro pro tempore, quando si tratta di procedimenti svoltisi davanti al giudice militare.
c) Ministero dell’Economia e delle finanze, in caso di procedimenti che si sono svolti davanti al Giudice Tributario (Commissione Provinciale, Regionale e Consiglio di Giustizia amministrativa: in Sicilia).
d) In tutti gli altri casi, per esclusione, il ricorso va proposto nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri, pro tempore.
Va qui detto, per completezza d’argomentazione, come presso ogni Corte d’Appello vi sia, a disposizione di chi ha diritto al “risarcimento dei danni”, un fondo spese, dal quale verrà prelevata, e pagata all’interessato, la somma per cui è stata emessa la condanna.
Detto pagamento, però, verrà eseguito, dalla cancelleria, dopo che il decreto di condanna è stato notificato, da parte dell’interessato, al Ministero competente, domiciliato presso l’avvocatura distrettuale del luogo dove è stato notificato il decreto.
Dall’entrata in vigore della suddetta legge ogni persona, che sia parte in un procedimento giudiziario che duri oltre un termine ragionevole, ha quindi la possibilità di ricorrere alle Corti di Appello per far constatare la violazione ed ottenere un equo risarcimento. La durata ragionevole di un qualunque processo o procedimento è considerata, generalmente, di 4 anni per il primo grado, di due per il secondo e di uno per la cassazione.
Il risarcimento può essere chiesto anche se il giudizio è terminato con una transazione. Il risarcimento può essere chiesto anche se il processo e ancora pendente. In questo caso verrà fatta una prima liquidazione e, se il processo poi non terminerà entro un tempo ragionevole, potrà presentarsi un secondo ricorso per l’ulteriore “segmento” temporale di irragionevole durata, che darà luogo ad una seconda ed ulteriore liquidazione.
L’unica cosa da tenere bene presente è che il ricorso per equa riparazione va presentato entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce il processo. Scaduti i sei mesi, infatti, la parte è considerata decaduta dal potere di proporre il relativo ricorso. Per la presentazione del ricorso è ovviamente necessaria l’assistenza di un avvocato. Il risarcimento attiene sia al danno patrimoniale (da quantificare in relazione alla natura della causa) sia al danno non patrimoniale, quest’ultimo da determinarsi secondo le tabelle risarcitorie della Corte Europea.
La domanda di equa riparazione si propone con ricorso, sottoscritto appunto da un difensore munito di procura speciale, depositato nella cancelleria della Corte d’appello del distretto in cui ha sede il giudice competente a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati, nel cui distretto è concluso o estinto. relativamente ai gradi di merito, ovvero pende il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata.
Consolata Gagliano