Ortofrutta a chilometri 2.000 - QdS

Ortofrutta a chilometri 2.000

Vanessa Paradiso

Ortofrutta a chilometri 2.000

giovedì 20 Maggio 2010

Crisi agricola. E’ emergenza nell’Isola comparto al collasso.
Viaggi costosi. Fragole inviate nel Lazio per essere confezionate. Stesso percorso per il pomodorino di Pachino che percorre oltre due mila chilometri prima di tornare nel mercato di Vittoria.
Doppio prezzo. Tra le cause della speculazione della filiera, oltre alla mancanza di farmers market, anche la mancata esposizione del doppio prezzo prevista da una legge regionale del 2005.

Ogni giorno partono dalla Sicilia trecento camion in direzione del Centro e Nord Italia, per trasportare l’ortofrutta che proviene dai grossi mercati di Vittoria, Catania, Siracusa, Pachino, Modica e Ragusa negli stabilimenti che si occupano del confezionamento. Parte di questa è poi costretta a rientrare impacchettata in Sicilia, mettendo fuori mercato le piccole aziende. Quella che si pensava trattarsi della filiera “pazza”, che vedeva i prodotti ortofrutticoli siciliani passare di mano in mano, percorrere sino a 2 mila chilometri, per poi ritornare sui banconi di vendita di supermercati e fruttivendoli dell’Isola con il prezzo quadruplicato rispetto a quello al quale l’agricoltore li aveva venduti, dopo la recente operazione della Dia coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli, assume altro significato.
 
L’"organizzazione” ha infatti imposto sino ad oggi il monopolio ai commercianti ed agli autotrasportatori di prodotti ortofrutticoli in tutto il Centro Sud Italia, con la conseguente lievitazione dei prezzi della frutta fino al 200%. Valga per tutti l’esempio di quanto avviene per le fragole che venivano inviate dalla Sicilia e precisamente dal mercato di Vittoria a quello di Fondi nel Lazio – ritenuto uno dei più importanti d’Europa – per poi essere distribuita in tutto il Sud d’Italia e a Milano con un enorme aggravio di spese e la conseguente vendita a prezzi esagerati.
Allo stato, si sa che in tutta questa vicenda viene coinvolta maggiormente la grande distribuzione alimentare. Infatti, almeno secondo le indagini della Dia, si progettava di aprire nell’area romana magazzini per lo stoccaggio di merci e la commercializzazione nelle sedi di due grossi supermercati (si aspetta di conoscere i nominativi).
A questa nuova lettura del quadro della gravissima crisi che investe tutto il settore dell’agricoltura, ora si aggiunge l’allarme lanciato da Assoimballaggi: l’aumento del costo del legno ha registrato un +4% rispetto al mese di marzo. Già dagli ultimi mesi del 2009 al primo trimestre 2010 gli aumenti hanno toccato punte di oltre 10% colpendo non solo il legno, ma anche tutte le materie collegate  alla costruzione delle cassette.
Angela Sciortino, vice presidente della Confederazione Italiana Agricoltori regionale dice che “gli agricoltori non producono cassette, le acquistano semmai e subiranno tale rincaro. Così come in questi ultimi tempi subiscono il rincaro tutti i prodotti che si utilizzano in agricoltura, dai concimi ai fitofarmaci, dai carburanti ai film plastici senza che per questo i prezzi all’origine dei prodotti agricoli ne abbiano risentito. Infatti, si registrano forti aumenti dei prodotti che si utilizzano per la produzione, trasformazione e confezionamento, ma il prezzo di vendita all’origine non è aumentato, anzi ha fatto registrare forti ribassi. La crisi del settore agricolo si sintetizza così: costi in crescita ma prezzi in caduta”.
Analizzando la lievitazione dei prezzi di frutta e verdura, Angela Sciortino afferma “l’imballaggio incide ma è soprattutto colpa degli innumerevoli passaggi che a volte coinvolgono sei figure diverse, ognuna delle quali punta a guadagnare dallo stesso prodotto. In questi passaggi, inoltre capita che sulla tavola dei consumatori finiscono prodotti spacciati per siciliani, ma in realtà provenienti da altri luoghi oppure che un pomodoro ciliegino coltivato a Ragusa prima di arrivare sul bancone di un supermercato siciliano percorra anche 2 mila chilometri”.
Intanto non riescono a decollare i farmers market, vale a dire i mercatini in cui il produttore vende direttamente al consumatore, evitando così tutti i vari passaggi commerciali che fanno lievitare il prezzo. Abbattendo i costi intermedi della filiera si può offrire al consumatore un prodotto a prezzi tagliati dal 30 al 60 per cento rispetto a quelli del negozio. I mercatini dei produttori sono stati autorizzati per legge già dal 2001 importando un’idea sbocciata 30 anni fa in California. Grazie alle novità apportate dalla Finanziaria 2007 e dal decreto attuativo in vigore dal 1° gennaio 2008, i farmers market potrebbero essere sin da subito una realtà anche in Sicilia. Ma la Regione aveva previsto uno strumento per combattere la speculazione della filiera: la legge regionale n. 19 del 2005 che prevedeva l’obbligo dei negozianti di esporre sia il prezzo all’origine che quello finale. Il regolamento attuativo però non è mai stato pubblicato e la norma è rimasta lettera morta.
La patata bollente è ora in mano all’assessore regionale alle risorse agricole Titti Bufardeci. La speranza è che anche lui non ne resti scottato.

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