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Palermo – Zen e Iacp, quel circolo vizioso di abusivi e debiti per 56 milioni di euro

Luca Fornaro

Palermo – Zen e Iacp, quel circolo vizioso di abusivi e debiti per 56 milioni di euro

giovedì 10 Giugno 2010

Conti allo sbaraglio e immobili da inventariare, ente commissariato e possibili soluzioni all’emergenza. Il 28% degli alloggi occupati indebitamente, moroso il 35% degli inquilini

PALERMO – Mentre la situazione al quartiere popolare Zen continua ad essere in una condizione di stallo, tra notizie di falliti tentativi di sgombero delle case popolari abusivamente occupate dai non assegnatari – l’ultimo effettuato il 31 maggio – minacce ai funzionari dell’Iacp – vedi quello denunciato dall’ingegnere Raimondo Giammanco, l’architetto Vincenzo Chiaracane e l’architetto Monica D’Agostino – e continui avvicendamenti al vertice dello stesso Iacp Palermo, sarebbe opportuno analizzare il rapporto costi-benefici di un ente (già commissariato, ma sembra non bastare) in palese difficoltà ed in continuo deficit economico.
Le prove del disastro sono di facile interpretazione, anche se i conti non sono davanti agli occhi di tutti. I dieci Istituti autonomi case popolari in Sicilia sono sprofondati nel baratro di conti da tribunale fallimentare. Nessuno ne conosce di preciso l’entità, ma in attesa dei risultati del monitoraggio messo in atto mesi fa dall’assessorato ai Lavori Pubblici, ci si può basare su una stima approssimativa da cui sembrerebbe che il buco abbia superato i cento milioni di euro.
A Palermo l’Iacp gestisce undicimila alloggi; ma poiché il 28 per cento circa è occupato abusivamente ed il 35 per cento permane in morosità perenne, i conti rimangono allo sbaraglio ed anzi peggiorano di continuo. Ed il risultato è presto fatto: 56 milioni di euro di debiti nel solo anno 2009, inventario degli immobili mai ufficialmente effettuato, case assegnate e mai consegnate perché già occupate da abusivi – che nonostante il loro status di abusivi ricevono regolarmente bollette della luce e notifiche di verbali dalla Polizia municipale – e situazioni di guerriglia urbana come quelle che sono accadono quotidianamente allo Zen. Ma il tutto giace in una sorta di circolo vizioso, in cui gli ultimi ed i dimenticati occupano case non assegnate ad essi, mentre gli Iacp – rimanendo in una situazione di “rosso permanente” – hanno problemi a trovare una sistemazione per questa gente e, di conseguenza, anche per i legittimi assegnatari, portando il tutto ad un collasso sociale prima ancora che economico per l’ente stesso.
Le soluzioni proposte dal Comune di Palermo e dall’Istituto stesso, per il momento solamente provvisorie – come quella di trasferire gli occupanti dell’Insula 3 a Piazzetta della Pace negli ex locali dell’urbanistica -, sanno tanto di bendaggio per fermare questa ‘emorragia’, ma non l’intero problema. Alternative valide potrebbero essere, ad esempio, quelle emerse dalle dichiarazioni di qualche giorno fa dal coordinatore di Sinistra e Libertà Sergio Lima, secondo cui ‘esistono soluzioni praticabili: dall’uso di parte delle strutture pubbliche in dismissioni, come le caserme inutilizzate, all’uso degli immobili confiscati alla mafia. Quello che manca è la volontà politica delle istituzioni cittadine che alle richieste oppongono un concetto di legalità a due velocità, inflessibile con i poveri, gli emarginati ed i disperati e tollerante con chi, proprio amministrando a proprio uso e consumo la cosa pubblica, ha creato lo sfascio delle aziende pubbliche cittadine”.
La soluzione per i problemi degli Iacp siciliani, quello palermitano in testa, sarebbe invece molto più facile di quanto non possa sembrare: finito il periodo di commissariamento ed aggiustati i conti, basterebbe adeguarsi a quanto accaduto nel resto della penisola, sciogliendo i costosi e filo-clientelari carrozzoni burocratici e trasformandoli in strutture semplici, configurandoli come enti pubblici economici con autonomia imprenditoriale, gestionale, patrimoniale e contabile, vincolati al rispetto dei criteri di efficienza, efficacia ed economicità, con l’obbligo del pareggio di bilancio.

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