Dottore Russo, quale è la funzione dell’Ufficio scolastico al Consolato italiano di New York che lei dirige?
“L’obiettivo è, insieme alla collaborazione di tutti i provveditorati di New York, Connecticut e New Jersey, di promuovere lo studio e la diffusione della lingua italiana nelle scuole pubbliche e private e di verificarne lo svolgimento attraverso una serie di controlli. Tutto questo viene coordinato dall’ufficio che io dirigo ma viene svolto insieme, oltre ai già citati provveditorati, allo Iace (Italian American Committee on Education).
“L’interesse per la lingua italiana è cresciuto negli ultimi anni e ha registrato un aumento nelle scuole, dalle elementari fino all’ottavo grado (che corrisponde circa al nostro secondo anno delle superiori ndr) nella circoscrizione di competenza dell’ufficio che io dirigo (Connecticut, New Jersey, New York). Secondo gli ultimi dati che riguardano gli anni 2009-2010, sono 14 mila gli studenti che seguono i corsi nelle scuole pubbliche e private, circa 600 sono invece gli studenti coinvolti nei centri linguistici gestiti dallo Iace e dal 2002 al 2006 gli studenti sono passati da 63 mila a 78 mila. Non solo, uno studio condotto dall’American Counseling for trading ha rilevato che la lingua preferita dagli studenti è l’italiano e l’Italia risulta, dopo il Regno Unito, come la seconda destinazione per gli studi all’estero. Per la prima volta poi nel 2005, la lingua italiana è stata inserita tra le discipline presenti nell’Advancement Placement, una sorta di test per gli studenti che valuta le competenze nelle varie materie.
“Certo, a questo bisogna aggiungere che oggi la crisi economica ha penalizzato in qualche modo le lingue in generale e anche la lingua italiana. Questo perché le scuole, ricevendo meno fondi, sono costrette a tagliere i costi. Purtroppo le lingue risultano quelle che subiscono le riduzioni più rilevanti in termini economici”.
“Oggi l’italiano è svincolato da qualsiasi appartenenza etnica rispetto al passato. L’approccio alla lingua è di origine squisitamente culturale. Chi studia italiano lo fa perché attratto dalla cultura, storia dell’arte, dal cibo, dalla moda.
“E lo studio non ha confini di razza né di etnia: le classi sono formate da studenti indiani, black-american, cinesi, ispanici”.
“Sono stati anni molto intensi dal punto di vista professionale. Mi sono confrontato con un ambiente che è molto più internazionale di quello italiano, molto competitivo e professionale.
“Tutto questo mi ha arricchito molto professionalmente e fatto acquisire competenze che solo un contesto come quello americano, è in grado di sviluppare. Quanto all’aspetto umano, non c’è dubbio che ho arricchito moltissimo il mio bagaglio culturale”.
“Sicuramente la Sicilia ha una dimensione diversa da quella americana. Ho già messo in conto che dovrò confrontarmi con una realtà che, da siciliano, conosco abbastanza.
“Una realtà che ha molti gap e molte arretratezze. Di certo la vita in Sicilia presenta altri vantaggi e aspetti che non sono meno importanti. Come ad esempio quelli umani o quelli legati alla famiglia e ai rapporti interpersonali”.
“Il nostro sistema scolastico garantisce un maggiore accesso ai contenuti, a differenza di quello americano che invece punta soprattutto all’acquisizione delle competenze. Infatti, il risultato di questo è che gli studenti americani hanno, dopo aver portato a termine il loro percorso di studio, un approccio più pratico e meno generico. Un’altra differenza è che negli Stati Uniti l’istruzione è molto più personalizzata e si basa maggiormente sulle esigenze del singolo studente. Il sistema italiano invece, basato su programmi nazionali, garantisce una formazione più omogenea. Direi in definitiva che, l’Italia ha una buona didattica e metodologia, cosa in cui invece gli americani presentano una qualche debolezza, ma ha una programmazione generale forse un po’ superata e meno attenta agli studenti”.
“è un approccio che non funziona perché basato sul metodo traduttivo, che è un metodo sbagliato, soprattutto quando si confrontano due lingue con due origine completamente diverse.
Gli americani hanno una metodologia didattica per le lingue straniere che non si è aggiornata nel corso degli anni. Dal punto di vista culturale, l’insegnamento della lingua viene spesso associato ad un bisogno pratico. Un criterio utilizzato in passato, come oggi, è quello di insegnare la lingua per conoscere il nemico. Per questo prima era popolare l’insegnamento della lingua russa. Oggi, si parla invece dell’arabo”.