I “cattivi pagatori” affossano le imprese - QdS

I “cattivi pagatori” affossano le imprese

Angela Carrubba

I “cattivi pagatori” affossano le imprese

venerdì 13 Agosto 2010

Determinazione dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici sui ritardi nei pagamenti da parte delle Pa. L’organismo ha promosso l’audizione delle associazioni d’impresa che invocano il rispetto delle leggi

PALERMO – Le ultime  notizie sui ritardi della Pa nei pagamenti (vedi nostra pagina dell’11 maggio 2010) sono dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che in una determinazione del 7 luglio 2010 n. 4 “Disciplina dei pagamenti nei contratti pubblici di forniture e servizi” pubblicata nella Guri n. 174 del 28/7/2010,  che ha disposto “un’indagine conoscitiva, mediante audizione di alcune associazioni di categoria, al fine di valutare l’ampiezza del fenomeno ed i suoi riflessi sull’economicità dell’azione amministrativa e sull’operatività dei prestatori di servizi e forniture”.

Lo spunto per i primi articoli era stata la dichiarazione del vicepresidente della Commissione Europea per l’industria e l’imprenditoria, Antonio Tajani, che annunciava “L’Unione Europea si sta impegnando affinché si faccia in fretta una direttiva per ridurre al massimo i ritardi dei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione nei confronti delle piccole e medie imprese”. 

Sino ad oggi la nuova direttiva non c’è e nel dibattito si inserisce l’Autorità che “ha ricevuto diverse segnalazioni riguardanti l’applicazione della normativa sui ritardati pagamenti di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 per i contratti pubblici di forniture e servizi. Dall’analisi dei dati acquisiti in riferimento all’anno 2009, è emerso che i tempi di pagamento oscillano in un range che va da un minimo di 92 giorni ad un massimo di 664 giorni” confermando i dati già pubblicati da noi nel box che riportiamo accanto e specificando che “Il ritardo è imputato ai tempi di emissione dei certificati di regolare esecuzione (46,3%) e dei mandati di pagamento (29,6%) da parte delle stazioni appaltanti ed a lentezze che derivano da vischiosità burocratiche interne alla pubblica amministrazione (32,5%)”.

Nei giorni scorsi, a conferma di questi dati, l’ennesimo allarme degli artigiani di una regione storicamente “amica” degli artigiani: l’Emilia Romagna. La Cna di Ravenna scrive che “In Europa la somma complessiva del credito vantato dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione ammonta a circa 180 miliardi di euro. Si tratta di cifre astronomiche che delineano una situazione divenuta ormai insostenibile per il sistema imprenditoriale”.

Tornando alla determinazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, troviamo scritto che “La presunta esposizione debitoria della pubblica amministrazione, calcolata sulla base della stima effettuata dalle associazioni audite, ammonterebbe a circa 37 miliardi di euro (pari al 2,5 per cento del Pil), dei quali una parte consistente deriverebbe dalla gestione del sistema sanitario e dalla raccolta dei rifiuti solidi urbani. La problematica è particolarmente avvertita, soprattutto nell’attuale congiuntura economica di difficile accesso al credito bancario, dalle piccole e medie imprese che risentono in maniera grave della mancanza di liquidità.

“Con specifico riguardo all’applicazione della normativa citata, sulla base degli approfondimenti svolti, sono state rilevate prassi delle amministrazioni consistenti nella individuazione unilaterale di termini di pagamento superiori a quelli previsti dal decreto 231 e nell’inclusione dei termini di pagamento in deroga tra gli elementi di valutazione delle offerte. Alcuni capitolati speciali d’appalto prevedono, altresì, la riduzione del tasso di interesse di mora previsto dal decreto.
“(…) L’assunzione del rischio connesso alla dilazione dei pagamenti genera problematiche connesse sia all’uso efficiente delle risorse pubbliche sia alla “sostenibilità” della partecipazione alle gare da parte dei soggetti privati. Sotto il primo profilo, si osserva che i privati appaltatori tendono ad includere l’onere finanziario che si presume di dover sostenere per i ritardi nei pagamenti nell’ambito del prezzo proposto alla stazione appaltante; quest’ultima si troverà, inoltre, nella condizione di dover corrispondere gli interessi di mora con conseguente aumento delle risorse inizialmente stimate per l’appalto. Sotto il secondo profilo, la necessità di sopportare i costi occulti legati alla mancata regolarità nei pagamenti distorce il confronto concorrenziale, disincentivando la partecipazione di operatori economici, ancorchè qualitativamente competitivi”.

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