La Giustizia lavora solo 10 mesi e mezzo - QdS

La Giustizia lavora solo 10 mesi e mezzo

Carlo Alberto Tregua

La Giustizia lavora solo 10 mesi e mezzo

giovedì 02 Settembre 2010

Il processo breve è un falso problema

Il bailamme agostano ha dimostrato ancora una volta che la politica italiana è basata su un teatrino indecoroso, oggetto di sarcasmo da parte delle democrazie avanzate e di lazzi da parte dei giornali. In nessun quotidiano europeo o statunitense vi è questa continua rappresentazione dei leader politici che si parlano addosso e parlano addosso agli altri. In nessun quotidiano europeo o statunitense c’è questa spasmodica ricerca dei retroscena fatti di pizzini, allusioni, insinuazioni e consimili attività perniciose.
Certo, questa manfrina fa vendere più copie, anche perché alimenta la voglia dei cittadini di scagliarsi contro questo o quel rappresentante istituzionale, che normalmente non fa il proprio dovere. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha giustamente posto alla propria maggioranza, ma segnatamente al gruppo Fli (Futuro e libertà per l’Italia) di approvare o non approvare cinque punti: Fisco, Mezzogiorno, Giustizia, Federalismo e Sicurezza.

A ben guardare, la giustizia sarà il tema caldo, perché contiene la riforma del processo penale con l’inserimento di vincoli temporali nei diversi gradi, per costringere i giudici ad arrivare a sentenza in tempi contingentati, ma sicuramente non brevi.
Questo provvedimento non si trova nel programma di governo, ma ha la funzione di tagliare i processi (Mills, Mediaset, Mediatrade) a carico del Cavaliere. Inutile nascondere questa verità. è opinione diffusa che questo provvedimento è l’ultima spiaggia per salvare Berlusconi dalle condanne che potrebbero provocargli la decadenza dai pubblici uffici, ritenuto che la Corte Costituzionale, nella seduta del 14 dicembre, dichiarerà incostituzionale l’ultimo provvedimento di protezione dei quattro vertici dello Stato.
Dunque, è corretto stabilire un cronoprogramma dei processi perché essi si concludano con sentenza entro un certo tempo e non in qualunque tempo. è iniquo, invece, che nulla sia previsto sulla certezza dei tempi nel processo civile. Il ministro Alfano ha proposto una nuova figura (il mediatore) che dovrebbe intervenire prima del giudice per far conciliare le parti. Non sembra che questo rimedio sia appropriato.

 
La legge Pinto (89/01) consente a qualunque parte coinvolta in un processo di chiedere un risarcimento, per ogni anno di ritardo rispetto al primo triennio, periodo che si ritiene equo per lo svolgimento di un processo civile o penale. Nella citata legge è già indicato il giusto periodo di un giusto processo. Tant’è che, per ogni anno successivo, l’attore e il convenuto possono chiedere il giusto risarcimento per il ritardo, facendo ricorso alla Corte d’Appello del distretto giudiziario, ritardo che viene liquidato in circa mille euro per ogni anno.
Sembra che nel 2009 lo Stato abbia sborsato per il risarcimento 500 milioni di euro. Se i processi si chiudessero nel tempo previsto, tale somma potrebbe essere destinata a finanziare la macchina della giustizia.
Ma c’è un altro elemento che va messo in luce. L’Italia è un Paese europeo nel quale la giustizia funziona solo dieci mesi e mezzo. Non si capisce perché dal 1° agosto al 15 settembre essa si paralizzi, salvo i casi urgenti.

Vi è un altro elemento di valutazione. Le procedure, civile e penale, sono farraginose e complicate. Sotto l’etichetta delle garanzie si nascondono una serie di passaggi inutili e dannosi che hanno l’unico scopo di alimentare un’attività giudiziaria che danneggia coloro che chiedono giustizia (a torto o a ragione) e favorisce la categoria professionale dei difensori secondo il principio che il processo più pende e più rende. Le commissioni che si occupano di preparare le riforme dovrebbero prevedere la presenza di ingegneri e professori universitari esperti di organizzazione, oltre che dei giuristi.
Solo trovando un giusto punto di equilibrio fra la necessità di una giustizia equa e quella di chiudere i processi in un tempo predeterminato, non molto superiore a quello previsto dalla citata legge Pinto, vi può essere una vera innovazione, che non serva a discettare di aria fritta.
Di questo oggi si tratta: discutere del nulla per interesse di bottega. è ora di finirla, per occuparci di questioni serie.

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