Monte dei Paschi guarda alla Sicilia nonostante la dura crisi - QdS

Monte dei Paschi guarda alla Sicilia nonostante la dura crisi

Maria Rosaria Mina

Monte dei Paschi guarda alla Sicilia nonostante la dura crisi

martedì 19 Ottobre 2010

Forum con Carlo Gaeta, responsabile Area territoriale Sicilia Monte dei Paschi di Siena

C’è stata o ci saranno dei cambiamenti nell’assetto  amministrativo della Montepaschi di Siena?
“Almeno che non sia una proposta , posso dirle che in futuro qualche cambiamento ci sarà. La Monte dei Paschi di Siena è presente in tutta Italia; frazionata per aree territoriali, che, per l’esattezza, sono 11, coincidono quasi sempre con le regioni, anche se, ovviamente c’è qualche regione accorpata. Campania, Basilicata e Calabria, ad esempio, fanno parte dell’area sud-ovest, la  Sicilia è sola e costiuisce l’area Sud, l’area sud-est  comprende Puglia e Molise, al centro abbiamo Lazio, Sardegna e Puglia, e poi ancora un’altra area include Umbria e Marche. In Toscana ci sono tre distinte aree”.
Tra queste 11 aree la Sicilia come si colloca?
“Sono responsabile dell’area Territoriale Sicilia da circa un anno. Posso dirle che la Sicilia conta 204 sportelli, rappresentando la seconda Banca dell’Isola dopo il Gruppo Unicredit, con un’incidenza sul territorio del 6-7% sia come raccolta che come impieghi. E siamo costantemente in crescita. Il Cda ha di recente deliberato 68 assunzioni in Italia, di cui 20 in Sicilia; è evidente che non c’è nessuna intenzione da parte della Monte Paschi di vendere sportelli da altri istituti bancari, ma quelli chiusi saranno semplicemente delocalizzati”.
Qual è il rapporto tra raccolta ed impieghi?
“Nell’ultimo anno in Sicilia, gli impieghi rappresentano più della raccolta, intendendo con quest’ultima la raccolta diretta, che sono le obbligazioni, i certificati di deposito, i conti correnti. Si tratta di denaro affidato alla mia Banca, senza tenero conto di titoli di Stato, eccetera, in proporzione ai quali il rapporto ovviamente cambia. Ritornando alla domanda , credo pertanto che stiano ad un rapporto di 1 a 5”.
E per quanto riguarda le spese bancarie, si è intrapreso un percorso di razionalizzazione?
“Se si prende in considerazione lo standard, un conto corrente costa 300 euro all’anno. In verità questa cifra non è corretta, perché non si applica. Ci sono troppe tipologie di conti, molti dei quali convenzionati,  per cui se devo calcolare l’incidenza effettiva sulla clientela mi renderò conto che non si supera la soglia del 10-15%. In poche parole,  i costi effettivi a carico del cliente sono minori rispetto a  quelli che appaiono. Io ho lavorato per 3 anni in direzione e mi occupavo molto della rete e di cantieri di lavoro, e non faccio fatica ad affermare che un percorso di razionalizzazione dei costi è in esame”.
Secondo lei, qual è il rapporto tra la Monte dei Paschi di Siena e la Sicilia?
“Sicuramente il Sud per la nostra Banca rappresenta un fortino, ne è un esempio la Campania, dove le quote di mercato sono molto elevate, e dove la nostra banca ha assunto un ruolo centrale, soprattutto dal momento in cui cominciavano ad esserci delle difficoltà per il Banco di Napoli, in seguito scomparso completamente”.
Secondo lei andrebbe fatta un tipo di comunicazione più calibrata su questo mercato che si presenta diverso rispetto a quello di altre regioni.
“Effettivamente eravamo un po’ carenti da questo punto di vista, né al momento esiste una tipicizzazione di comunicazione né tanto meno una comunicazione per area, anche se qualcosa sta cambiando”.
A cosa crede sia dovuta la crescita della Monte dei Paschi di Siena negli anni?
“La nostra forza è stata determinata da una centralità amministrativa, nel senso che nonostante ci siano diverse filiali si è garantita la figura del responsabile unico; un fatto che ci contraddistingue dalle altre banche, che in generale affidano ogni direzione di filiali ad un direttore generale.
Di conseguenza noi abbiamo posto al centro dell’attenzione il piano industriale e il cliente, la cui volontà per noi è fondamentale e prioritaria. Io sono responsabile dei risultati di tutta l’area regionale. Noi responsabili siamo divisi in 14 direzioni territoriali, ed a sua volta  le direzioni sono suddivise per mercati : 11 retaile, 2 corporate, 1 private, che riguarda clienti con consistenze più alte”.
 

 
Crescita degli impieghi, stazionari gli investimenti segnali positivi dal settore dell’energia alternativa
 
Qual è la sua visione in merito allo stato attuale dell’economia siciliana? E quali sono ripercussioni che essa ha sull’attività bancaria?
“È sicuramente un periodo difficile per l’isola. Dall’inizio dell’anno, in termini di quote di mercato, siamo rimasti inalterati, ciò significa che se è vero che non siamo cresciuti, d’altro canto non abbiamo neanche perso. Sugli impieghi, invece, siamo cresciuti parecchio anche come quote di mercato, soprattutto nei privati”.
E per quanto riguarda le imprese?
“Le quote di mercato sono in linea rispetto ai dati registrati in Sicilia. Il sistema d’ imprese non è cresciuto per investimenti. Come dimostrano i dati registrati dalla Capital Service, la nostra società che fa finanziamenti alle imprese con target a partire da 5 mln di euro, in termini di volumi, rispetto a due anni fa, si è fatto molto bene, dal punto di vista degli investimenti, anche se si tratta di due, tre operazioni. L’unico dato positivo che cresce riguarda l’energia alternativa, un settore in merito al quale siamo molto soddisfatti perché diversificato: c’è qualche grossa operazione, soprattutto nel catanese, e piccole investimenti da parte di privati”.
È vero che i ritardi dei pagamenti della Pubblica amministrazione costringe le imprese a bloccare gli affidamenti?
“Sì, è vero. Noi come banca siamo sottoposti a dei controlli serratissimi da parte della Banca d’Italia. Ciò significa che se un credito non rientra alla Banca d’Italia, noi abbiamo l’obbligo di codificarlo in un determinato modo”.

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