Partiti vergogna, pagati anche se sciolti - QdS

Partiti vergogna, pagati anche se sciolti

Carlo Alberto Tregua

Partiti vergogna, pagati anche se sciolti

venerdì 12 Novembre 2010

Rimborsi spese elettorali in 5 anni

In queste ultime settimane il termometro politico ha la febbre alta. Nonostante i tatticismi dei vari protagonisti, le elezioni politiche sembrano prossime. Il che significa che a meno di tre anni dalle precedenti si torna a votare pro o contro Berlusconi e non a favore di questo o quel programma. Tutto ciò, dopo un anno di blocco delle attività parlamentari che hanno risentito dell’inefficienza del Governo in carica e del presidente Fini, divenuto capo partito.
La situazione è grave anche perché l’opposizione è variegata e frantumata, non ha una sola voce e un solo programma, un testo basato su dieci attività e non di più. Non c’è in vista una situazione del tipo anglosassone o francese o tedesca, per cui si sa, prima di votare, che chi vince governa davvero e chi fa opposizione critica in modo costruttivo. 
Quando il vertice di un Paese come il nostro non funziona, è miracoloso che parti della società civile ed economica funzionino per proprio conto. Ma è evidente che la mancanza di un coordinamento comporta l’impossibilità di utilizzare sinergie essenziali per moltiplicare la creazione di valore.

Il valore che si crea non deve essere necessariamente economico, può essere anche sociale. L’importante è che esso aumenti costantemente. Ma chi è capace di creare valore? Solo chi è dotato professionalmente e moralmente, cioè chi è onesto e capace. Coloro che non possiedono questi due requisiti creano disvalore, che si sottrae al valore. La società italiana non è capace di separare nettamente valori da disvalori e, secondo la regola che tutti hanno famiglia, confonde colpevolmente gli uni con gli altri.
I partiti ricevono i rimborsi elettorali anche in caso di scioglimento anticipato delle Camere. Ancora oggi lo Stato sta pagando con i nostri  soldi i rimborsi elettorali della tornata che vide Prodi vincente per 24 mila voti nel 2006. Infatti, tali rimborsi saranno completati nel 2011. Ma intanto dal 2008 sono partiti i rimborsi per la campagna elettorale che vide vincere il Cavaliere. Si tratta di centinaia di milioni di euro, non di bruscolini (1 euro per voto, moltiplicato per il numero di anni).
Il finanziamento pubblico dei partiti fu abolito a furor di popolo dopo il ciclone Mani Pulite, ma poi ripristinato con una denominazione diversa, cioè il rimborso elettorale.

 
I partiti ne inventano una più del diavolo per arraffare i nostri soldi.
A qualcuno potrebbe sembrare che noi siamo contro i partiti. Non è così. Innanzitutto perché sono previsti dall’art. 49 della Costituzione, il quale prevede: Tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti, per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
I partiti, dunque, possono concorrere. Non sono i decisori, i quali restano i cittadini. I partiti devono usare il metodo democratico, cioè devono avere degli statuti che consentano di eleggere i propri organi, senza far prevalere fazioni e prepotenze e, in nome della trasparenza e del diritto dei cittadini, compilare bilanci veri e certificati, in modo da giustificare la percezione del pubblico denaro che finanzia la politica, ma quella giusta e corretta, non i loschi affari.

Dal metodo democratico previsto in Costituzione, questi partiti hanno ribaltato l’indirizzo della Magna Carta e, con una tracotanza senza limiti, si sono approvati una legge elettorale detta porcellum che ha di fatto incentrato il potere di nomina di tutti i membri del Parlamento nelle mani di quattro o cinque persone. Altro che democrazia! Si tratta di una oligarchia conclamata.
Com’è noto, il partito che prende anche un solo voto più degli altri si aggiudica 340 seggi alla Camera su 630. Ecco perché Berlusconi lotterà con qualunque mezzo per evitare di cambiare questa legge.
Invece, essa va sostituita con un’altra. Noi pensiamo al maggioritario con il doppio turno alla francese che nel Paese transalpino funziona bene, seppur accoppiato a un regime presidenziale, cioè con l’elezione diretta a suffragio universale del presidente della Repubblica che ha compiti di gestione del Paese. Peraltro, il modello del doppio turno esiste già in Italia per l’elezione dei sindaci e funziona molto bene.
Attendersi reminiscenza dai responsabili dei partiti è illusorio. Solo l’opinione pubblica e i quotidiani che la rappresentano possono spingere al profondo cambiamento urgente e indifferibile.

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