Con l’entrata in vigore del collegato lavoro nuovi termini per impugnare licenziamenti - QdS

Con l’entrata in vigore del collegato lavoro nuovi termini per impugnare licenziamenti

Michele Giuliano

Con l’entrata in vigore del collegato lavoro nuovi termini per impugnare licenziamenti

mercoledì 29 Dicembre 2010

La legge 183/2010 muta lo scenario del mercato, specie in ottica siciliana dove un lavoratore su 5 ha contratto atipico. 60 giorni di tempo per contestare tutte le maggiori questioni in materia di rapporti lavorativi

PALERMO – Con l’entrata in vigore del “collegato lavoro”, in vigore dallo scorso 24 novembre (la cosiddetta legge 183/2010) muterà notevolmente lo scenario del mercato, specie nell’ottica siciliana.
La normativa infatti introduce novità rilevanti nelle controversie individuali di lavoro quali la conciliazione, l’arbitrato e i termini per impugnare licenziamenti e contratti. Una legge che sostanzialmente riguarda più da vicino specifici tipi di contratto, specie quelli cosiddetti “atipici”, cioè che non sono a tempo indeterminato e che quindi non contemplano tutti i diritti legati alla stabilità dell’attività lavorativa. Quindi il collegato lavoro avrà notevole incidenza in Sicilia proprio perché in quest’ultimo decennio c’è stato un dilagare, nel mercato del lavoro locale, del ricorso a contratti a tempo determinato. La Uil Sicilia avverte i lavoratori: “Da oggi chiunque intenda impugnare licenziamenti, contratti a termine, collaborazioni, trasferimenti, somministrazioni, nullità del termine del contratto a tempo determinato, questioni relative alle qualificazione del rapporto di lavoro – dice in una nota il sindacato – avrà 60 giorni di tempo. Quindi occhio ai nuovi termini di legge”.
Secondo l’ultimo censimento dell’Ires si attesterebbe attorno al 20 per cento il tasso di lavoratori con contratto atipico in Sicilia, cioè stiamo parlando di un lavoratore ogni 5. Oltre alla più grande novità dei tempi di impugnazione c’è poi la conciliazione che cambia, cioè lo strumento più semplice ed immediato di risoluzione delle controversie di lavoro. Nelle forme precedentemente previste la conciliazione obbligatoria era inserita in un iter che comunque portava al contenzioso giudiziario con allungamento dei tempi. Con le nuove norme viene prevista in maniera esplicita la possibilità, e non più l’obbligo, di svolgere il tentativo di conciliazione in sede sindacale e comunque lasciare libero il lavoratore di scegliere, in qualunque fase della vertenza, di poter affidare la soluzione della controversia o in via arbitrale, alla  commissione di conciliazione, oppure di adire fin da subito le vie legali.
Novità sono introdotte anche nell’ambito dell’arbitrato che è lo strumento di risoluzione delle controversie di lavoro su cui più puntano le nuove norme. Nella legge sono previsti diversi tipi di arbitrato tra cui i più importanti sono: l’arbitrato contrattuale che può essere svolto presso le sedi sindacali secondo le modalità previste  nei contratti collettivi; l’arbitrato definito dalla legge, regolato dal provvedimento legislativo e si svolge presso la Direzione Provinciale del Lavoro; c’è poi l’arbitrato secondo equità dove il collegio arbitrale è tenuto al rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e dei principi regolatori della materia del lavoro, anche derivanti da obblighi comunitari; a seguire anche l’arbitrato con clausola compromissoria (non entrata immediatamente in vigore): prevede la possibilità, per il lavoratore, di sottoscrivere una clausola compromissoria, che deve essere certificata, con l’impegno ad utilizzare il canale arbitrale per le eventuali controversie future e potrà essere introdotta solo se prevista da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro (da realizzare nei prossimi 18 mesi).

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