Class action, forma senza sostanza un solo procedimento in un anno - QdS

Class action, forma senza sostanza un solo procedimento in un anno

Patrizia Penna

Class action, forma senza sostanza un solo procedimento in un anno

sabato 26 Febbraio 2011

Oliveri, presidente Corte d’Appello di Pa: “Ad oggi in Sicilia non ha avuto nessuna concreta applicazione”. Tra i punti deboli dell’“azione collettiva” vi è la mancanza di retroattività

PALERMO – Era nata sotto i migliori auspici, con tanto di proclami su giornali e televisioni. Ma cos’è oggi la Class Action? Quale bilancio possiamo tracciare a distanza di un anno dall’entrata in vigore (1 gennaio 2010) della cosiddetta “azione di classe collettiva”? In che misura essa è divenuta effettivamente strumento di tutela del consumatore?
 
Per quanto lodevoli siano state le intenzioni che ne hanno ispirato la costituzione e per quanto apprezzabile sia da considerare la sua natura (teorica, ma forse troppo poco pratica) di strumento di difesa dalle ingiustizie subìte dai consumatori, ad oggi le sole immagini che si possono associare alla Class Action sono quelle di una scatola vuota o, se preferite, di una pistola caricata a salve. Qualunque sia l’immagine che si desidera associare, scatola o pistola, la sostanza non cambia… perchè sostanza non ce n’è: per far valere i propri diritti, il cittadino non dispone al momento di un’arma efficace che possa tutelarlo dai soprusi perpetrati spesso e volentieri ai suoi danni da aziende private o dalla pubblica amministrazione.
A sancire i risvolti fallimentari della Class Action è stato di recente anche Vincenzo Oliveri, presidente della Corte d’Appello di Palermo il quale, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2011, ha detto che “L’istituto della azione collettiva risarcitoria a tutela dei diritti dei consumatori (la c.d. Class Action) non ha avuto nessuna concreta applicazione”. Tale affermazione non deve suonare azzardata poiché ad essa si accompagnano i numeri: sino ad oggi, infatti, risulta promosso un unico procedimento davanti al Tribunale di Palermo (competente per l’intera Isola). Mentre, se si fa riferimento al periodo che va dall’1 luglio 2009 al 30 giugno 2010, il numero dei procedimenti sopravvenuti è stato di appena quattro in tutta la Sicilia. Troppo esiguo per considerarlo una fotografia “realistica”.
Da ciò si desume che i punti deboli della Class Action non sono pochi e si posso così sintetizzare:
– Non è retroattiva: i cittadini, quindi, non si possono rivalere contro le clamorose truffe subite negli anni passati (es. Cirio-Parmalat) ma solo sugli illeciti commessi successivamente al 16 agosto 2009, ovvero successivamente all’entrata in vigore della legge n. 99 del 23 luglio 2009;
– non prevede danno punitivo;
– la richiesta si può presentare solo in 11 Tribunali (con relativi problemi di distanza);
– l’ammissibilità dell’azione è affidata alla discrezionalità dei giudici, che decidono in base a diversi parametri, tra cui anche quello della rappresentatività;
– per raccogliere adesioni, i promotori dell’azione devono pubblicizzarla a proprie spese;
– in caso di inammissibilità, soprattutto se si è effettuata una larga promozione dell’iniziativa, sono altamente probabili richieste di risarcimento per i danni all’immagine da parte delle aziende chiamate in causa.
Tuttavia, anche lo stesso presidente Oliveri, non ha espresso solo riserve in merito: “Malgrado le critiche autorevolmente espresse alla riforma dell’art.140 bis del codice del consumo, essenzialmente rivolte a sottolineare la difficoltà di definizione del concetto, estraneo alla tradizione giuridica interna, di “class” e di “sede” dell’impresa (in caso di pluralità di luoghi di esercizio della stessa)- ed alla possibilità che il giudizio si definisca senza l’individuazione precisa del quantum spettante ai danneggianti, riservando ad un’ulteriore fase la soddisfazione concreta dell’interesse leso, lo strumento qui succintamente ricordato rappresenta un’ulteriore espressione del principio di effettività della tutela giurisdizionale sul quale recentemente si sono soffermate la Corte di giustizia di Lussemburgo e la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo”.
Un piccolo passo in avanti, dunque, ma niente di più.
 

 
Consumatori poco aggiornati sull’argomento
 
Nella suo discorso inaugurale, tra le motivazioni che giustificherebbero il numero assai limitato di procedimenti di questo tipo, il presidente Oliveri adduce anche l’insufficiente livello di aggiornamento in materia da parte dei consumatori: “Ancora assai scarso è il numero dei procedimenti istaurati davanti ai Tribunali, quasi che tutti i rapporti negoziali legati alle televendite o alle vendite porta a porta si siano svolte in modo lineare, mentre è verosimile che le disposizioni introdotte dal citato provvedimento legislativo non siano a tutt’oggi ben conosciute dai consumatori”.
La class action è un’azione legale condotta da uno o più soggetti che, membri della classe, chiedono che la soluzione di una questione comune di fatto o di diritto avvenga con effetti ultra partes per tutti i componenti presenti e futuri della classe.
L’azione collettiva è il modo migliore con cui i cittadini possono essere tutelati e risarciti dai torti delle aziende e delle multinazionali, in quanto la relativa sentenza favorevole avrà poi effetto o potrà essere fatta valere da tutti i soggetti che si trovino nell’identica situazione dell’attore. “Detto istituto – ha detto Oliveri –  è stato, invero, introdotto nell’ordinamento italiano dall’art. 49 della legge 23 luglio 2009 n. 99, a partire dall’1 gennaio 2010 e per i soli illeciti compiuti successivamente alla data del 16 agosto 2009, innovando la precedente disciplina prevista dall’art. 140 bis del codice del consumo introdotta dalla l. 24 dicembre 2007, n°244, mai entrata in vigore”.
 

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