PALERMO – La regola generale che deve presiedere all’attribuzione della concessione è la gara pubblica perché la procedura selettiva è l’unica rispettosa della tutela della concorrenza. Alla luce di questa motivazione il prefetto Carmelo Aronica, Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, ha impugnato dinnanzi alla Corte costituzionale l’articolo 2 del disegno di legge n. 246 dal titolo “Modifica all’articolo 10 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 98 e successive modifiche ed integrazioni, in materia di attività all’interno dei parchi naturali di rilevanza regionale. Proroga delle concessioni- contratto per gli operatori economici danneggiati dai fenomeni vulcanici del monte Etna” approvato dall’Assemblea regionale siciliana nella seduta dell’1marzo 2011.
La norma ha violato articoli 11, 97, 117, 1° comma e 2° comma lett. l) della Costituzione, nonché degli articoli 14 e 17 dello Statuto Speciale per interferenza in materia di diritto civile.
Scrive il commissario: “La norma sopra riportata prevede che le concessioni – contratto già rilasciate da enti pubblici, (peraltro non puntualmente individuati) nell’interesse di operatori economici le cui strutture abbiano subito danni (non quantificati né specificati) a causa delle eruzioni dell’Etna verificatesi nell’ottobre 2002, nonché quelle rilasciate nel periodo emergenziale, siano tutte indistintamente prorogate senza alcuna condizione, con termini di durata variabile, attualmente non determinabili, atteso che lo stato di emergenza dichiarato nel 2002 non è ancora cessato e da ultimo, con l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3916 del 30 dicembre 2010, è stato prorogato sino al 31/12/2011”.
Il limite temporale di una concessione, però, è il punto cronologico oltre il quale l’intervento concessorio cessa di esistere. in questo momento però non è determinabile e sarà diverso per ciascuna concessione.
Le concessioni, inoltre, una volta venute a scadenza, richiedono il rinnovo secondo procedure concorsuali, che non possono essere derogate a favore del precedente destinatario del provvedimento. Ciò anche per motivi di pubblico interesse (Consiglio di Stato Sezione IV sentenza n. 952 del 15/6/1998; TAR Toscana Sezione I, sentenza n. 79 del 24/4/1997; Consiglio di Stato sezione VI, sentenza n. 168/2005).
La motivazione economica è forte, in quanto verrebbe vanificata la maggiore redditività della concessione per l’ente territoriale, vale a dire per la generalità dei cittadini, diminuendo proporzionalmente i vantaggi dei soggetti particolari che assumono la veste di concessionari “è di tutta evidenza che il disporre “ope legis” la prosecuzione dei rapporti concessori antecedenti al 2002 alle medesime condizioni e di quelli successivi con l’adeguamento agli indici Istat di rivalutazione, non consente agli enti pubblici interessati dalla norma di potere adeguare i canoni di godimento dei beni, rendendoli più equilibrati rispetto a quelli pagati in favore di locatari privati e di incrementare al contempo le entrate (sentenza C.C. n. 488 del 1997)”.
Non solo verrebbe compromessa la valorizzazione dei beni pubblici, (vedi sentenza Corte costituzionale n. 302/2010), ma anche si determinerebbe una “disparità di trattamento tra gli operatori economici in violazione dei principi di concorrenza e di libertà di stabilimento, dal momento che non sono previste procedure di gara al fine di tutelare le esigenze concorrenziali delle imprese che non siano titolari di una concessione scaduta o in scadenza”.