Capire il disagio sociale e individuare soluzioni - QdS

Capire il disagio sociale e individuare soluzioni

Melania Tanteri

Capire il disagio sociale e individuare soluzioni

sabato 02 Luglio 2011

Forum con Nello Musumeci, sottosegretario per il Lavoro con delega alle Politiche sociali

Onorevole, lei è all’interno dell’esecutivo, qual è il preciso incarico che ha ricevuto?
“Il ruolo di sottosegretario è quello di delegato dal ministro, quindi un ruolo sostitutivo e allo stesso tempo ausiliario; non ha potere decisionale, non partecipa al Consiglio dei ministri e quindi non concorre a formare le decisioni. Elabora, invece, proposte da sottoporre al ministro, per le deleghe che ha ricevuto.
Il mio ministro è quello al Lavoro, Maurizio Sacconi, e la delega che ho ricevuto è quella alle Politiche sociali. Queste, che fino a qualche anno fa costituivano Ministero a sé, sono state assegnate esclusivamente al sottoscritto. Il budget è limitato, ma le competenze restano quelle e sono di grande attualità”.
Quali sono queste competenze?
“Noi ci occupiamo della promozione e dell’integrazione sociale, con particolare attenzione alle fasce più deboli, alle fasce emarginate; ci occupiamo dell’infanzia abbandonata, non accompagnata, della terza età, dei problemi legati al disagio giovanile, della fascia della povertà, dei rifugiati politici e dell’integrazione degli immigrati regolari.
Il nostro ministero gestisce, poi, l’ossevatorio per l’infanzia, quello per l’associazionismo e quello per il volontariato. In buona sostanza, la mia delega tende a fotografare prima e a interpretare dopo, le cause di fenomeni che determinano disagio sociale, e individuare, insieme agli altri enti preposti, le possibili soluzioni, che non sempre passano da una erogazione finanziaria, ma attraverso l’analisi del territorio delle cause e dei rimedi che coinvolgono l’amministrazione della Giustizia, dell’Interno, le stesse strutture del volontariato, il Banco alimentare, ecc.”.
Quali sono le iniziative intraprese relativamente al Villaggio della solidarietà di Mineo?
“Ho incontrato il prefetto di Catania, Vincenzo Santoro, il prefetto Franco Gabrielli, capo dipartimento della Protezione civile, per verificare quali saranno le iniziative che si intendono assumere allorquando, dalla fase di accertamento dello status di rifugiato, si sarà passati alla fase dell’integrazione. In questo momento, a Mineo, sono ospitati circa duemila immigrati che dichiarano di essere perseguitati politici e un’apposita Commissione sta accertando se sussistano le ragioni perché venga riconosciuto questo status. Questa prima fase è gestita dal ministero dell’Interno, attraverso gli organi di prefettura e attraverso Protezione civile e Croce rossa. Non appena sarà completata la fase dell’identificazione e della rilevazione, con l’ausilio degli interpreti, comincerà quella, certamente più difficile, dell’integrazione”.
Quali sono i vosti obiettivi, in questo senso?
“Sicuramente, evitare che la presenza massiccia di immigrati sul territorio possa creare conflitti sociali con la popolazione indigena. Da quando si è aperto il campo, infatti, centinaia di immigrati vagano per le campagne, per le strade del calatino, molto spesso sulla strada, costituendo pericolo per loro e per gli automobilisti. Il processo di integrazione sarà certamente difficile”.
Di quali strutture si avvele il ministero?
“Il ministero si avvale, per svolgere questo difficile compito, delle strutture di volontariato, dalla Caritas, al Banco alimentare, alle associazioni presenti sul territorio; deve fornire soltanto strumenti di orientamento, indicazioni programmatiche e strategie: l’ente gestore, dopo la modifica del titolo V della Costituzione, è la Regione siciliana che si avvale degli Enti locali.
Il mio obiettivo è proprio quello di capire quando sarà completato questo lavoro di ricognizione, che tipo di gestione vorrà continuare a operare la Protezione civile, insieme alla Croce rossa, e quale coinvolgimento degli Enti territoriali. Attualmente, a Mineo, si respira un’aria piuttosto tranquilla, ma dobbiamo capire, tra due o tre mesi, cosa fare di queste duemila persone. Questo è uno dei casi simbolo delle nostre funzioni istituzionali”.
 

 
L’integrazione vera degli immigrati deve avvenire in una cornice di diritti e doveri della persona
 
Vi occupate anche di infanzia e di disagio minorile: quali sono i compiti rispetto a questi aspetti?
“Il problema dell’infanzia degli immigrati senza genitori è un aspetto molto delicato dell’intera questione. Qui, il compito principale è svolto dal Tribunale dei minori che riconosce la condizione del minore e lo affida alle comunità. Il nostro è un compito di vigilanza e di coordinamento”.
Quali sono i progetti che state portando avanti?
“Relativamente all’immigrazione, già lo scorso anno, il Governo ha predisposto un piano che si chiama “Identità e incontro”. Devo dire che, sul piano dell’integrazione, questo progetto supera il concetto di multiculturalismo e dell’assimilazionismo; noi riteniamo che l’integrazione possa e debba avvenire guardando alla persona singola e non alla comunità. È la persona al centro di ogni processo di integrazione, che deve avvenire in una cornice di diritti e di doveri. Molto spesso si parla solo dei diritti spettanti al cittadino straniero: noi riteniamo, invece, che l’integrazione vera avvenga nel concetto di diritto e di dovere, come imparare la lingua italiana, conoscere le norme di base, avere rispetto di usi e costumi, evitare che interi quartieri vengano abitati da una sola etnia, evitando così la formazione di quartieri ghetto. È un processo molto difficile, che il Governo sta portando avanti, nella consapevolezza che il multiculturalismo, sbandierato per anni, laddove è stato tentato, si è rivelato un fallimento, come ad esempio, in Olanda”.
 

 
Tremonti lavora bene. Più attenzione al Sud
 
Qual è la sua valutazione dell’attuale quadro politico e, in particolare, del caso Tremonti.
“Io sono convinto che il ministro Tremonti stia facendo il proprio dovere, in un contesto nel quale alcune scelte diventano inevitabilmente impopolari. La ricerca del consenso mal si concilia con la politica del rigore e con una politica di tagli. Ritengo che l’azione di Tremonti, peraltro apprezzata dall’Ocse e dagli organismi internazionali, debba essere stemperata in una politica maggiormente attenta alle esigenze del Mezzogiorno d’Italia. Ritengo che oggi sia impossibile tentare di ridurre la pressione fiscale; solo chi fa demagogia può pensare una cosa del genere”.
Quale pensa possa essere la soluzione?
“Io ritengo che sia necessario mettere attorno a un tavolo i superstiti della destra politica italiana, nel tentativo di costruire un tessuto politico che si richiami ai valori della destra sociale, nazionale e meridionalista. Se la coalizione di governo, avesse avuto anche una forte presenza della destra sociale e meridionalista, alcune spinte liberiste sarebbero state certamente neutralizzate. Invece, il quadro politico lascia un vuoto profondo per l’assenza della destra tradizionale, quella del Msi prima e di An dopo”.
E per quanto riguarda la Sicilia?
“In Sicilia sembra che il centro destra sia convinto di poter vivere di rendita e, in politica, questa logica fa a pugni con la ragione. Vero è che il Dna del centro destra porta con sé la meridionalità, ma è anche vero che, negli ultimi anni, c’è stata scarsa attenzione alla capacità di determinare discontinuità dei metodi. È in crisi la credibilità degli uomini della classe dirigente. Serve più umiltà e maggiore contatto con la gente”.
 

 
Decreto sull’apprendistato novità nel sistema-Paese

Affrontando un altro aspetto fondamentale per il nostro Paese, ovvero il lavoro, quali ritiene siano i problemi principali da affrontare?
“C’è un problema essenziale legato alla formazione. Lo scorso 5 maggio, il Governo ha predisposto un Decreto legislativo che disciplina l’apprendistato in Italia, rendendolo molto più agile e snello, sul quale c’è una sostanziale convergenza delle parti politiche. Il decreto contiene numerose novità: innanzitutto, si prevede l’alta formazione per le Università, perché il Governo ritiene che la laurea debba essere altamente specializzante; in secondo luogo, tende a valorizzare il lavoro manuale, che è stato demonizzato per decenni. Questo è l’elemento di novità del Decreto legislativo sull’apprendistato: noi vogliamo che la scuola torni a parlare con la bottega e stimolare le aziende a sottoscrivere contratti a tempo indeterminato, con gli stessi giovani che hanno formato. Bisogna restituire al territorio quelle figure che sono scomparse”.
Questo Decreto, può influenzare la formazione regionale?
“È uno dei nodi che sarà affrontato all’interno della conferenza Stato-Regioni, perché il decreto prevede che le Regioni debbano recepire e, quindi uniformarsi ed entro un certo periodo di tempo, se non hanno ottemperato, diventa operante e vigente il provvedimento nazionale. Naturalmente, su questa norma, le Regioni  faranno un po’ di resistenza, ma sono convinto che si troverà un punto di incontro. I principi ispiratori del decreto, inoltre, hanno incontrato la condivisione delle maggiori organizzazioni sindacali. Si tratta di definire nei particolari le modalità di attuazione”.
 

 
Curriculum
 
Nello Musumeci è nato a Catania nel 1955. È cresciuto e si è formato nelle file della destra politica catanese e, a soli 32 anni, è eletto segretario provinciale del Msi. Nel 1994 viene eletto presidente della Provincia regionale di Catania, poi riconfermato nel 1998. Deputato europeo per tre legislature, dal 1994 al 2009, nel 2005 fonda Alleanza siciliana e nel 2007 è tra i fondatori de “La Destra”. Consigliere comunale a Catania, dal giugno 2008, dal 18 aprile del 2011 è  sottosegretario di Stato al Lavoro e alle Politiche sociali.

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