E invece, aperti il 23 maggio scorso, fino a oggi i cantieri lavoro si sono rivelati soltanto un problema, e certamente non per responsabilità dei malcapitati: 81 disoccupati impiegati, per la maggior parte donne, tra l’altro a secco di stipendio fino a qualche giorno fa, quando sul conto corrente hanno visto lampeggiare gli stipendi dei mesi di maggio e giugno.
Naturale ciò ha determinato l’esasperazione dei commercianti della zona: da giugno, infatti, i marciapiedi del viale sono diventati campi di battaglia, per ampi tratti bugigattoli per il cui transito occorre fare la coda.
Questo perché mentre la fase di “distruzione” non ha avuto intoppi, quella della “ricostruzione” sta avendo tempi biblici, che mal si sono innestati con quelli del mercato e dei saldi estivi.
Se a ciò si aggiunge la lentezza nel pagamento degli stipendi e le veementi proteste dei lavoratori, il quadro del disastro sociale provocato è bello che servito.
Secondo il sindaco la consulenza si è rivelata indispensabile perché a Palazzo Zanca non vi era alcuna disponibilità di risorse. Ma per la Ragioneria generale sarebbe davvero stato così oneroso occuparsi per qualche mese di 80 buste paga in più? Domanda più che legittima. Al momento molti dei lavoratori sono in ferie, rientreranno tutti il 22 agosto, data per la quale si attende l’invio di operai specializzati da parte del Comune.
Il buon senso a Palazzo Zanca non è di casa. E a poco vale l’intenzione tardiva di correre ai ripari. “Ritenuto il pericolo per la pubblica incolumità e il decoro per ciò che attiene nella specie i cantieri di viale San Martino – ha dichiarato l’assessore ai Lavori pubblici Gianfranco Scoglio – dovrà essere valutata la possibilità nella redazione della variante (indispensabile qualora i lavori non terminassero entro i tempi previsti, nda) di far ricorso alle imprese fornitrici per la collocazione dei materiali, limitando l’utilizzo del personale operaio addetto esclusivamente per la demolizione e per le relative attività di supporto”.
In questo modo, un provvedimento di assistenza si tramuterebbe immediatamente in una forma di elemosina, togliendo qualsiasi dignità ai lavoratori coinvolti, comportando un prevedibile aumento delle spese generali.