Tornano appelli contro le trivelle off shore - QdS

Tornano appelli contro le trivelle off shore

Rosario Battiato

Tornano appelli contro le trivelle off shore

giovedì 01 Settembre 2011

Nuovi appelli, stavolta di Greenpeace e Lipu, per tutelare il Canale dalle esplorazioni off shore. “Mentre gli italiani sono in vacanza, le acque svendute a progetti senza garanzie”

PALERMO – C’è del marcio al largo dell’Isola. Le nuove richieste per le esplorazioni petrolifere offshore minacciano alcune delle zone più sensibili del canale di Sicilia. L’allarme è stato lanciato da Greenpeace nei giorni scorsi, e poi ripreso dal mondo ambientalista che ha lanciato la proposta di un appello al ministero dell’Ambiente. Però proprio sul ruolo super partes del dicastero di Stefania Prestigiacomo ci sono dei dubbi dal momento che, secondo un recente articolo de Il Fatto Quotidiano, alcune società di famiglia del politico siracusano sono assai vicine ai trivellatori del mare siciliano. Assolutamente niente di illegale, ma resta il dubbio, questo legittimo, del ruolo al di sopra delle parti che dovrebbe accordarsi alla protezione ambientale.
“Nuove richieste per esplorazioni petrolifere offshore minacciano le zone più sensibili del Canale di Sicilia, i banchi d’alto mare. L’Audax Energy, già famosa nel Canale per le esplorazioni in acque tunisine, punta adesso ai giacimenti italiani al largo di Pantelleria”. Questo periodo è estratto dal dossier “Le mani sul tesoro” di Greenpeace, che ha documentato le bellezze dei mari italiani e le modalità per la loro distruzione. “Mentre gli italiani sono ancora in vacanza – ha spiegato Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia – invece di tutelare le bellezze naturali di cui il turismo vive, si moltiplicano i piani per distruggere i nostri mari. I banchi del Canale di Sicilia sono ricchissimi di biodiversità. È inammissibile che vengano svenduti per minacciosi progetti di ricerca, richiesti da compagnie petrolifere tramite una documentazione troppo spesso viziata e insufficiente a dare alcun tipo di garanzia”.
Nelle mire dell’Audax Energy Ltd (ADX) sarebbero dei permessi di esplorazione nelle acque del Canale attraverso una piccola compagnia di cui è totalmente proprietaria, ma con sede legale in Italia e con un capitale sociale assolutamente irrisorio di 120.000 euro. Questa scelta deriva da una scelta abbastanza comune tra le compagnie petrolifere che compiono ricerche in mare, perché, in caso di disastro ambientale, il capitale a rischio sarebbe comunque minimo, così come le eventuali responsabilità legali in capo alla casa madre.
Greenpeace propone di fare del Canale una riserva marina che vieti nelle aree più sensibili ogni attività estrattiva, compresa la pesca. Il rischio “Golfo del Messico” è sempre in agguato e non si è mai abbastanza attenti. A tal proposito anche la Lipu si è associata all’appello di Greenpeace diffondendo un comunicato in cui si associano alla richiesta “inoltrata da Greenpeace al ministro dell’Ambiente affinché blocchi le esplorazioni nel canale di Sicilia alla ricerca di depositi di petrolio”. I rischi per l’associazione animalista riguardano proprio la tutela della biodiversità, uno dei temi che sta maggiormente a cuore all’Ue.
Eppure resta qualche dubbio legittimo sul tardivo atteggiamento del ministero, dal momento che, come fatto rilevare su Il Fatto Quotidiano, all’interno del vasto mare delle società che si occupano a vario titolo di estrazione petrolifera rientra anche la Coemi (società della famiglia del ministro Prestigiacomo, nonostante lei stessa non abbia cariche), che ha tra i suoi clienti la Erg, l’Eni e l’Esso. Ad onor del vero bisogna ammettere che fu proprio la Prestigiacomo, lo scorso anno, a volere i limiti per l’estrazione a 5 miglia dalla costa e a 12 miglia da qualsiasi zona protetta, ma è anche inappuntabile che un documento di alcune società impegnate nella ricerca spiegava come tale norma non avrebbe comunque limitato più di tanto l’attività dei grossi gruppi.

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