La delocalizzazione uccide la Sicilia - QdS

La delocalizzazione uccide la Sicilia

Michele Giuliano

La delocalizzazione uccide la Sicilia

giovedì 01 Settembre 2011

Un’indagine di Confindustria dimostra che i paesi in via di sviluppo sono molto concorrenziali e questo svantaggia l’Isola. I dati sull’occupazione dimostrano un calo in tutte le Province con un aumento dei cassintegrati

PALERMO – I paesi in via di sviluppo e le loro industrie sono ormai i diretti concorrenti delle aziende siciliane, che, alla ricerca di soluzioni per combattere la crisi, trovano la strada in quello che rischia di diventa un circolo vizioso: la delocalizzazione di parte della produzione. L’industria, quindi, che lascia i nostri territori per andare altrove. Occupazione ancora in calo in una situazione già a dir poco preoccupante.
“Dagli studi di Confindustria (Area per il  Mezzogiorno) – spiega Giovanni Condorelli, Segretario Generale dell’Ugl in Sicilia – sono emerse le criticità delle imprese siciliane durante il biennio della crisi economica. L’indagine dimostra che i paesi in fase di industrializzazione sono molto concorrenziali, questo è un fattore  – rimarca il sindacalista – che spinge verso la delocalizzazione di una parte della produzione”.
“Secondo i dati rilevati per il Sud – approfondisce Claudio Marchesini, segretario responsabile dell’Ugl/Utl di Palermo – questo fenomeno raggiunge un valore pari all’1,9 per cento e sebbene si tratti di un dato ancora contenuto, la sua incidenza si traduce, in ogni caso, in perdite occupazionali rilevanti”. “Per evitare di frammentare i distretti produttivi – conclude Condorelli – bisogna usare tutte le risorse provenienti dai Fondi Strutturali comunitari, investire in innovazione e ricerca, implementare le competenze del capitale umano, conquistare i mercati esteri pur mantenendo la base produttiva e l’occupazione in Sicilia”.
E i toni preoccupati dei sindacati si trasformano in allarme quando si leggono i dati relativi all’occupazione nell’Isola, e soprattutto, alle centinaia di persone che si trovano in cassa integrazione ormai da mesi senza risposte e senza certezze per il futuro. Se la madre di tutte le vertenze rimane la Fiat di Termini Imprese, con 2.300 lavoratori in attesa di risposte, anche nelle altre province le statistiche sulla disoccupazione sono pesanti. Il futuro del gruppo STMicroelectronics è un’incognita. La prossima chiusura di alcune produzioni rischia di provocare esuberi tra 3.900 dipendenti diretti. Nel frattempo, Stm ha ceduto un ramo d’azienda, la Numonyx, alla multinazionale americana Micron Technology, senza nessuna tutela per i 409 lavoratori. Hanno chiuso i battenti diverse aziende, come Sogit, Anteo, Cables Factory. Complessivamente 138 posti di lavoro persi.
 
Colpita pesantemente dalla recessione anche l’industria di Messina. Arranca la cantieristica navale, fino a oggi volano dell’economia locale. Un esempio su tutti, la Aicon yachts, gruppo che produce imbarcazioni di lusso, in crisi da un anno, che fa ricorso a cassa integrazione e contratti di solidarietà. Sessanta tute blu della ex Smeb, aspettano ancora di essere riassorbite dai Cantieri navali Palumbo. Rilancio in ritardo per le Acciaierie Duferdofin. Nel siracusano, la Siteco, azienda che lavora nella costruzione di pale eoliche, ha messo in cassa integrazione 240 dipendenti a causa del blocco imposto dalla Regione. I 170 lavoratori della Sfi, Società forniture impianti, che opera nella manutenzione del petrolchimico, sono in cassa integrazione straordinaria da un anno.
 

 
Dalla Regione si cercano rimedi possibili a questa recessione
 
E a Palermo l’assessore regionale alle attività produttive, Marco Venturi, cerca ormai da tempo di porre rimedio con l’istituzione di un tavolo permanente sulla crisi industriale nella provincia del capoluogo siciliano, con la partecipazione dell’assessore al Bilancio, dell’assessore al Lavoro e di un rappresentante del dipartimento Programmazione. “La riunione mi è stata chiesta per affrontare le crisi del settore industriale nel palermitano, i cui casi più noti sono quelli che riguardano i Cantieri Navali, la Keller e la Fiat di Termini Imerese. Ma la crisi industriale – ha detto Venturi – dilaga in tutti i comparti, dalla chimica, alle telecomunicazioni, al tessile”. Nella provincia di Palermo, infatti, dove la cassa integrazione ordinaria è raddoppiata e quella straordinaria quadruplicata, c’é preoccupazione per gli oltre 200 lavoratori dell’Italtel di Carini, in contratto di solidarietà e per le 220 tute blu della Keller, di nuovo in cassa integrazione fino a dicembre di quest’anno, in assenza di commesse e di un piano industriale. Il possibile trasferimento di alcuni lavori in Croazia fa temere per il futuro della Fincantieri, dove scarseggiano ormai da tempo i carichi di lavoro.

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