Ato idrici: servizio frammentato tradita organizzazione della Galli - QdS

Ato idrici: servizio frammentato tradita organizzazione della Galli

Rosario Battiato

Ato idrici: servizio frammentato tradita organizzazione della Galli

mercoledì 07 Settembre 2011

La gestione la tutela delle acque dovrebbero rappresentare temi prioritari nell’agenda politica. Il sistema di gestione integrata è fallito per la presenza di tanti soggetti

PALERMO – Di Ato si muore. In Sicilia che si tratti di rifiuti o di acque il sistema degli Ambiti territoriali non ha prodotto risultati rivoluzionari. Anzi in alcuni casi ha persino affossato ulteriormente una realtà che, già di base, non aveva mai espresso risultati straordinari. Eppure proprio la gestione e la tutela delle risorse idriche restano temi strategici nella politica italiana,  e isolana in particolare. L’intervento a gamba tesa dell’ultimo referendum sulla legge Galli e la privatizzazione del servizio di gestione potrebbe lasciar permanere un servizio, che, comunque, dopo decenni di gestione pubblica assolutamente inefficiente avrebbe avuto bisogno di una rivoluzione gestionale per risolvere il problema del personla e per permettere il ripristino di un programma di investimenti  per curare lo stato fatiscente delle infrastrutture dell’Isola, che continuano a far segnare perdite record. Un quadro complessivo della gestione Ato negli ultimi anni lo ha fornito la Corte dei Conti in un recente dossier.
La Regione siciliana ha approvato la legge Galli 36/1994 solo nel 1999, tramite l’articolo 69 della legge regionale 27/4/1999 n.10, mentre altri interventi attuativi sono stati realizzati tra il 2001 e il 2002 quando, per fronteggiare l’emergenza idrica, si è giunti al commissariamento di alcune Province e, successivamente, dell’intero territorio regionale. Il commissariamento per l’emergenza idrica, che per alcuni anni ha viaggiato di pari passo con quello dell’emergenza rifiuti, è stato interrotto dall’ordinanza n. 3533/2006 del Presidente del Consiglio dei Ministri. La progressiva riorganizzazione del sistema  (l’Amministrazione regionale ha indetto la gara per la ricerca del socio privato a cui cedere il 75% del capitale della società mista Siciliacque spa subentrata all’Eas, Ente acquedotti Siciliano, che, però, resta ancora in liquidazione da diversi anni) non ha dato i frutti sperati.
“Emerge – si legge nell’autorevole report della Corte dei Conti – che salvo l’Ato di Caltanissetta, negli altri ambiti territoriali la gestione del servizio idrico non risulta affidata ad un unico soggetto ma ad una pluralità di gestori, pubblici e privati”. Un sistema affastellato e confuso, dove l’idea originaria della Legge Galli, cioè la gestione unitaria del ciclo integrato dell’acqua, è stata deformata peggiorando l’organizzazione generale del servizio idrico isolano. Non stupisce pertanto che nella gestione del servizio idrico continua ad esserci una “notevole frammentazione in palese contraddizione rispetto agli obiettivi perseguiti dal legislatore del 1994”.
Le preoccupazioni principali, oltre per un servizio che di fatto continua ad essere tra i peggiori d’Italia, sono attinenti alla parte finanziaria: 14,9 milioni di euro le spese correnti nel 2009. La composizione di questa spesa comporta 9,9 milioni di euro solo per i trasferimenti e 2,8 milioni di euro per le spese di personale.
Nel complesso possiamo attestare che il 66% delle spese attiene a trasferimenti, il 18,7% al costo del personale, mentre il 5% è riferito al costo degli organi di amministrazione e controllo.
“Una prima osservazione – si legge nel dossier della Corte – è per segnalare come presso diverse Autorità d’ambito è comandato personale degli stessi enti locali che compongono l’ambito, il cui costo seppure permane in capo a questi ultimi viene peraltro contabilizzato nelle spese del settore idrico”.
 


Ad Agrigento il costo per abitante più caro di Sicilia
 
PALERMO – Nell’Ue che vuole lanciarsi compatta verso le grandi sfide globali ci sono realtà che ancora faticano a rientrare negli standard minimi di sopravvivenza. Ad Agrigento ci sono i consumi di acqua più bassi d’Italia, ma non si tratta di un’attenta sensibilizzazione nei confronti della cittadinanza. In realtà la vera ragione è che il servizio di acqua nel centro girgentino non è h24. Lo stato dell’arte è frutto di una gestione delle infrastrutture che non accenna a migliorare. E a fronte di questo disastro ad Agrigento si paga il più alto costo per abitante, pari a 7,96 euro, seguito da Palermo (5,20 euro), Enna (3,36 euro), Siracusa (3,10 euro), Caltanissetta (2,33 euro), Ragusa (1,61 euro), Catania (1,19 euro), Messina (0,61 euro) e Trapani (0,40 euro). Il costo medio siciliano per abitante, sulla base delle spese correnti Ato dai bilanci consuntivi del 2009, è fissato a 2,96 euro.
(1. Continua)

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