Sì ai tagli in politica ma la democrazia costa - QdS

Sì ai tagli in politica ma la democrazia costa

Gabriele Ruggieri

Sì ai tagli in politica ma la democrazia costa

sabato 10 Settembre 2011

Forum con Antonello Cracolici, Capogruppo del Partito democratico all’Ars

Ritiene che si possa fare una seria politica basata sui tagli? Avete intenzione di sostenere la proposta di legge Barbagallo per la riduzione dei deputati?
“Personalmente sono stato uno dei precursori di una politica di questo genere, perorando cause come la riduzione degli stipendi dei dirigenti regionali ad un massimo di 250 mila euro in tempi in cui ciò veniva considerata addirittura un’offesa, nonostante la cifra fosse considerevole, indicativo questo del fatto che ci fosse chi guadagnava molto di più. Ho dato il mio contributo nella cancellazione di enti inutili, che costavano milioni di euro, come le Agenzie per il Mediterraneo, per l’olio o per le acque e per i rifiuti. Devo dire, tuttavia, che oggi si avverte un clima in cui più che i tagli si chiede la forca, come fosse l’unica soluzione a tutti i problemi della crisi economica, sociale e morale di questo Paese. Non accetto le lacrime di coccodrillo di una parte di questo Paese che ha sostenuto e si è abbuffata dell’illusione dei benefici e delle prebende promesse dal berlusconismo e che adesso vorrebbe in qualche modo introdurre la forca per tagliare senza mezzi termini la politica e quindi la democrazia. Ha dell’assurdo riscuotere consensi annunciando il taglio di 60 mila poltrone della politica quando oggetto di questa epurazione sono i consiglieri comunali dei paesi con meno di mille abitanti, che di certo non si sono ingrassati con queste cariche. La democrazia è un valore irrinunciabile e se questa ha un costo dobbiamo accettarlo al pari di altri costi. In Regione c’è molto ancora da fare, ma i tagli devono essere fatti con criterio e sotto un’ottica riformista, non seguendo una cultura della forca. Per fare le riforme necessarie c’è bisogno però di una politica forte ed autorevole, perché, se la classe dirigente è debole non è nelle condizioni di produrre riforme che abbiano l’ardire di mettere in discussione, se necessario, anche pezzi di consenso”.
Perché non fate un’iniziativa di legge per abrogare la lr 44/65 sull’equiparazione al Senato?
“Ritengo che il legislatore del 1965, abbia fatto bene a stabilire un parametro, in un Paese nel quale non esistevano le Regioni, che sarebbero comparse solo negli anni Settanta. Questo criterio è stato quello di parametrare i costi del Parlamento siciliano con quelli del Senato della Repubblica, più vicino, a differenza della Camera, alla dimensione numerica dell’Assemblea regionale. Una volta nate le Regioni, in assenza di un parametro di riferimento, molti hanno fatto ciò che ha voluto. Ci sono ad oggi dei privilegi per i deputati Ars, alcuni dei quali anche assurdi, ma sulla scia di scelte illogiche del Parlamento nazionale. Posso assicurare che se non fosse stato così i privilegi accumulati dall’Assemblea regionale in questi cinquant’anni sarebbero stati quantomeno raddoppiati. Il problema non è il compenso, piuttosto bisognerebbe pensare a ridare valore etico alla rappresentanza politica. Non sopporto quest’idea del politico che ostenta benessere e superiorità non appena eletto. Che ci sia un problema che riguarda i costi della politica è vero, ma è vero anche che esiste una canea insopportabile che rischia di far passare l’idea che questo sia il massimo problema di questo Paese, che intanto non cresce da vent’anni a causa di una cattiva gestione fondata su un modello d’impresa fasullo”.
Diverse imprese siciliane soffrono di liquidità dovute a forniture fatte alla Regione per ingenti somme. Perché non ossigenare queste imprese lasciando che sia la Regione ad indebitarsi con il sistema bancario?
“Lo abbiamo già fatto attraverso la misura recentemente prodotta, che consente la cartolarizzazione per le imprese dei crediti vantati a partire dal 1991, cosicché centinaia di imprese avranno la possibilità di riscuotere liquidità direttamente dal sistema bancario e sarà la Regione a pagare interessi e quant’altro. Ci sono inoltre delle direttive comunitarie vincolanti per gli enti pubblici. In ogni caso non è di grande aiuto il momento storico che stiamo attraversando, con la grande crisi di liquidità che ha colpito persino le banche”.
 

 
Bisogno di decentramento per liberare la Regione di una serie di competenze come la formazione

Quali sono i tre punti chiave dai quali far partire il rilancio della Regione?
“Anzitutto c’è il bisogno di decentramento, per liberare la Sicilia da una serie di competenze che sono ignobilmente in capo alla Regione. Penso che la formazione professionale debba essere ceduta al territorio, che la gestione dei boschi e le attività riguardanti la tutela del patrimonio territoriale debbano essere connesse alle responsabilità dei comuni. Penso che molte delle attuali attività autorizzative, come l’approvazione dei Prg, debbano essere immediatamente trasferite dalla Regione ai comuni oppure ai Consorzi dei comuni nel caso in cui si tratti di attività di natura sovracomunale. Altra priorità è quella di liberarci dell’attuale modo di gestione delle Opere pie, che costituisce uno dei settori nascosti della gestione del potere in Sicilia, in quanto servono più a garantire consigli di amministrazioni che reali attività. Non intendo con ciò eliminare le Opere pie, ma far sì che queste esistano solo se si trovino nelle condizioni di garantire la propria sopravvivenza grazie allo svolgimento delle proprie attività ed all’autofinanziamento. Infine, ritengo che l’abolizione delle province in favore della creazione di liberi consorzi possa essere una validissima soluzione”.
Cosa pensa delle Province consortili?
“Sono assolutamente d’accordo, sostengo da tempo la causa dell’abolizione delle Province”.
 


Se l’utilizzo dei fondi Ue vìola il patto di stabilità

L’impossibilità di spendere i fondi comunitari in mancanza di un cofinanziamento regionale costituisce un problema?
“Viviamo in un Paese che  impedisce gli investimenti, in quanto, in nome del patto di stabilità, si impedisce agli enti di fare spesa per ridurre il più possibile l’indebitamento. I fondi europei non sono assoluti in quanto fondi di cofinanziamento e sono di difficile impiego in tutta Europa. Spesso utilizzarli costituirebbe una spesa tale da violare il patto di stabilità. Sussiste tuttavia un altro grosso problema legato all’impiego di questi finanziamenti. In Sicilia non si sono scelti i fondi europei per finanziare sviluppo ed investimenti innovativi, lo si è fatto per sostenere ciò che la Sicilia non era in grado di finanziare da se, come se si trattasse di una sorta di piano sostitutivo degli interventi che avrebbe dovuto affrontare la Regione.
Sin dalla vecchia Agenda 2000 vi sono una serie di misure incentive ad una frantumazione di interventi. L’idea alla base di questi finanziamenti era quella di concentrare le risorse per grandi strutture, che si fosse trattato di un grande porto piuttosto che di un aeroporto, in grado di costituire per tutta la regione un nuovo modello di sviluppo, non di accontentare chiunque ne abbisognasse con centinaia di micro interventi che non cambiano la natura dell’economia, ma rendono i fondi europei alla stregua di un bancomat. Così facendo, anche dopo il 2013, la Sicilia continuerà a risultare un’area fortemente depressa, sotto la soglia di povertà delle altre regioni europee. Aver lasciato alle regioni la titolarità dell’utilizzo dei fondi in un’ottica di sviluppo locale ha finito con l’incentivare gli elementi di frantumazione, tralasciando la logica delle grandi opere e degli investimenti”.
 

 
Curriculum
 
Nato a Palermo nel 1962, Antonello Cracolici ha conseguito la laurea in Economia e management ed Economia aziendale ed è tutt’ora un ispettore dell’Inps. Viene eletto consigliere di quartiere a Pallavicino appena diciottenne. Ha ricoperto la carica di consigliere presso il comune di Palermo dal ‘93 al 2000, quando venne nominato assessore al Bilancio. Eletto al consiglio regionale per la prima volta nel 2001 è attualmente presidente del gruppo parlamentare del PD all’Ars, dove è anche componente della II Commissione “Bilancio e Programmazione”.

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