Carburanti, nell’Isola latita la classe politica - QdS

Carburanti, nell’Isola latita la classe politica

Maria Rosaria Mina

Carburanti, nell’Isola latita la classe politica

venerdì 14 Ottobre 2011

Forum con Luciano Parisi, presidente Assopetroli Sicilia

Rispetto al mercato dei carburanti nazionale, la Sicilia presenta delle differenze? A quali fattori sono riconducibili?
“La situazione in cui si trova la Sicilia è grave, perché manca l’intervento della classe politica”.
Può spiegarci con più esattezza cosa intende dire? Come potrebbe intervenire il Governo regionale?
“La Legge nazionale n. 32 dell’11 febbraio 1998 che prevede la liberalizzazione del mercato dei carburanti è inapplicabile in Sicilia perché non è stata recepita dalla Regione. In poche parole, la legge nazionale è una norma cardine e di settore che consente l’applicazione del sistema autorizzativo rispetto al sistema concessorio, che invece è applicato solo in Sicilia in virtù della legge regionale n. 93 del 1998. La legge nazionale, se da un lato liberalizza, nello stesso tempo  razionalizza il sistema, imponendo la chiusura di tutti gli impianti non autorizzati. A questa legge ne è seguita una seconda, più recente, che prevede una serie di attività che sono inapplicabili in Sicilia”.
Qual è la norma in questione?
“Si tratta della Legge nazionale n. 111/2011, approvata lo scorso luglio. Nello specifico, l’art. 28 affronta le modalità di applicazione del piano di razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti. Entrata in vigore lo scorso 17 luglio 2011, prevede la chiusura di  tutti gli impianti ritenuti incompatibili secondo i criteri stabiliti dal Dm del 30/11/2001 e dei criteri individuati dalle normative regionali di settore. La recezione, in questo momento, della norme determinerebbe la chiusura di molti impianti”.
Quali sono i costi  minimi per la realizzazione di un impianto completo?
“Credo che le cifre si aggirino intorno ad 1-1,5 milioni di euro. È indubbiamente un costo considerevole, per un investimento, che si potrebbe ammortizzare nell’arco di 5 anni. Utilizzo il condizionale perché la norma attuale non garantisce l’investitore, impedendo che a distanza di 100 metri si possa aprire un altro impianto, che ovviamente non gli consentirà di ammortizzare i costi entro i tempi prefissati”.
Qual è la norma di riferimento con cui opera il mercato regionale di distribuzione dei carburanti?
“È la Legge regionale n. 82/1982. Non avendo elaborato il piano di razionalizzazione come è stato fatto nelle altre regioni, la Sicilia si ritrova all’interno di un sistema di mercato con un piano incompatibile. Ecco perché vogliamo che la politica intervenga affinché si modifichi la norma, consentendo l’applicazione di un piano di razionalizzazione, che sia  economico e che salvaguardi anche i piccoli impianti”.
Di recente avete criticato il Governo regionale (assessorato alle Attività produttive, in particolare) perché non ha rilasciato le autorizzazioni per nuovi impianti di distribuzione. Ma la Sicilia non è la regione che ne ha più di ogni altra?
“Le nostre critiche erano dettate dal fatto che la concessione ha una scadenza, e ciò ovviamente prevede un rinnovo delle autorizzazioni, attraverso richiesta, entro i termini previsti. In caso contrario l’impianto deve chiudere. Come del resto accade per il potenziamento dell’impianto, che avviene solo previa richiesta di autorizzazione”. 
Crede che ci siano degli impianti non a norma in Sicilia. E se si, potrebbe avanzare una stima, seppur non precisa, sugli impianti che con la nuova norma rischiano di chiudere?
“Credo che almeno il 20 per cento degli impianti andrebbero chiusi, una volta che la legge nazionale sarà recepita. Ma oggi la questione centrale è che non sappiamo cosa il Governo intende fare in merito. Mi auguro che assuma una posizione al più presto, dato che siamo l’unica regione che non ha ancora recepito la norma. In caso contrario nessuno vorrà fare più investimenti”.
Qual è lo stato di distribuzione nell’Isola, quanti impianti sono dotati di generatori fotovoltaici?
“Credo che siano solo un centinaio e oltretutto che siano stati installati solo sui nuovi impianti. Ma del resto non è obbligatorio, ma facoltativo”.
 

 
Un aumento delle cosiddette pompe bianche porterebbe ad un abbassamento dei prezzi
 
Lo scorso 26 settembre lei è intervenuto ad un seminario che si è svolto a Napoli, parlando della nuova frontiera delle pompe. Cosa intende dire?
“Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un’inversione di tendenza della consistenza della Rete, tornata a crescere dopo un lungo periodo di razionalizzazione. Le nuove aperture sono inoltre appannaggio di operatori privati piuttosto che delle compagnie petrolifere impegnate a gestire la Rete portante e a spostare il loro interesse verso la raffinazione ed il commercio extrarete. Gli operatori privati, invece, forse per una maggiore affezione al rischio e per la loro capacità di interagire in un mercato locale a loro più vicino, riescono a trovare spazi e quote di mercato sufficienti per la loro sussistenza economica”.
Fino a che punto possono svilupparsi le pompe bianche?
“Una loro eccessiva proliferazione porterebbe ad un abbassamento generalizzato dei prezzi con riequilibrio dei volumi per punto vendita. Per sostenere la redditività dell’impianto, a questo punto, si deve alzare il prezzo di vendita. Sarà quindi il mercato ad indicare nel tempo il punto di equilibrio dove impianti marcati e no logo riusciranno a convivere. Al momento la presenza in Sicilia la presenza di pompe bianche è marginale, probabilmente perché esiste ancora un margine di pregiudizio rispetto ai distributori con marchio, che danno maggiore garanzia. Ma credo che ci siano tutte le condizioni per un cambio di rotta rispetto al passato, come del resto si sta già verificando al Nord ed al Nord-Est”.
 

 
Impianti di distribuzione su 2.300, solo 50 low cost
 
La gente continua a non capire come mai al primo rialzo del petrolio sui mercati , il carburante alla pompa aumenta di colpo; poi, quando il greggio in Borsa subisce decrementi, lo stesso prezzo dai distributori non scende di conseguenza, non con la stessa velocità.
“La Sicilia è l’unica regione che ha l’erogato medio più basso. Un erogato che invece deve necessariamente essere alto per essere economico. L’erogato medio europeo per ogni impianto è di 2,8 milioni di litri; in Sicilia è esattamente la metà, ovvero 1,4 milioni di litri. Ciò spiega il motivo dei costi alti dei carburanti nella nostra Regione. Secondo gli accordi sindacali il ricavo al litro è di circa 0,46 millesimi lordi, ciò significa che su 100 mila litri venduti il ricavo è di 4,60 euro, da cui poi bisogna sottrarre i vari costi di gestione”.
I grossi distributori in mano alle grosse società scontano anche questo problema?
“Le grosse compagnie petrolifere operano soltanto con impianti di fascia. Hanno un erogato più alto e sfruttano le diverse agevolazioni di cui possono beneficiare”.
Qual è la suddivisione, sul mercato dei distributori, dei singoli marchi? Quanti sono gli impianti in totale? Quanti sono gli indipendenti? E perché questi riescono a fare maggiori sconti rispetto agli altri?
“In Sicilia ci sono 2300 impianti di distribuzione, di cui 1700 sono marcati, circa 450 appartengono a gruppi di privati ed una cinquantina sono pompe bianche, ovvero gli impianti privi di logo. E proprio quest’ultime sono distributori di benzina e gasolio low cost senza costi di marketing o pubblicità, sono di proprietà privata ed applicano la logica degli sconti”.
 


Curriculum
 
Luciano Parisi è nato a Enna il 9 novembre 1949. Dopo aver conseguito il diploma presso l’Istituto d’arte, si è iscritto all’Albo della Camera di commercio, come tecnico abilitato alla gestione degli impianti termici. Direttore tecnico della società F.lli Grillo Sr., con interessi nel settore della distribuzione dei carburanti, dei lubrificanti e nella gestione del calore, ha ricoperto le cariche di coordinatore regionale Assopetroli, di componente del Comitato di presidenza (in rappresentanza del Comitato del territorio) e di consigliere nazionale.

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