Imprese siciliane e la ripresa che non c’è - QdS

Imprese siciliane e la ripresa che non c’è

Antonio Casa

Imprese siciliane e la ripresa che non c’è

venerdì 18 Novembre 2011

Sondaggio della Banca d’Italia nelle aziende con almeno 20 addetti: solo il 37% dichiara fatturati in crescita nel 2011. Una su tre ha rivisto i piani in ribasso e una su dieci prevede spese superiori all’anno scorso

PALERMO – Una ripresa fantasma. L’industria siciliana aveva fintato in avanti lasciando presagire un risultato migliore rispetto il periodo della crisi nei mesi primaverili del 2010. Poi, il blocco all’interno di un quadro generale che comunque certifica una staticità in tutti i settori. E nell’Isola, dove comunque l’industria, escludendo pochi settori redditizi e ben presenti sul mercato, non ha mai goduto di grande sviluppo è ancora notte fonda. Lo certificano i dati della Banca d’Italia nel rapporto sulle economie regionali riportati nell’aggiornamento pubblicato agli inizi di novembre.
La ripresa, di fatto, e ce ne rendiamo ampiamente conto, non c’è stata. “Secondo le rilevazioni dell’Istat – si legge nel dossier – l’indicatore qualitativo degli ordini ha oscillato intorno ai livelli raggiunti negli ultimi mesi del 2010. Il giudizio delle imprese sul livello della produzione, improntato a un maggiore ottimismo tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, è poi tornato a peggiorare”.
Analizzando il sondaggio condotto dalla Banca d’Italia tra settembre e ottobre su un campione di imprese con almeno 20 addetti, si rileva che la quota di aziende che ha segnalato un aumento dei fatturati nei primi nove mesi del 2011 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è stata del 37,3 per cento, in crescita di circa 6 punti rispetto alla scorsa rilevazione di fine 2010. Al contrario si è ridotta la percentuale di coloro che hanno indicato un calo (37,5 per cento dal 40,9). Risultato incoraggiante si verifica sulla base della quota di imprese che “prevedono di chiudere l’esercizio in corso con un utile (56,5 per cento, contro il 51,5), mentre la percentuale di quelle che hanno indicato una perdita è stata del 18,4 per cento (22,7 per cento a fine 2010)”.
Nonostante questi risultati, non completamente disastrosi, si sono mantenuti “gli ampi margini di capacità produttiva inutilizzata e l’incertezza sulle prospettive dell’economia hanno mantenuto bassa la propensione all’accumulazione di capitale”. Senza capitali non ci può essere sviluppo in prospettiva, così è stata registrata, come previsto dalle aziende per il 2011, un’ulteriore flessione degli investimenti dopo tre anni di riduzioni di spesa.
I dati diffusi dalla Banca d’Italia, secondo il sondaggio condotto, certificano che il 53,7 per cento delle imprese del campione ha confermato tali programmi, il 33,4 ha rivisto ancora al ribasso i piani d’investimento e solo il 12,9 prevede una spesa superiore. I problemi di questa riduzione vanno collegati ai fattori finanziari, organizzativi o tecnici e variazioni inattese della domanda. Le prospettive per il prossimo anno sono ancora più preoccupanti. Le imprese prevedono, infatti, l’ennesima contrazione, o al massimo una stabilizzazione, della spesa.
“Poco meno della metà degli intervistati – si legge dal sondaggio – non apporterà modifiche rilevanti alla compagine degli addetti entro la fine dell’anno; il 40,5 per cento pensa di ridurre il personale, il 12,2 per cento ipotizza un incremento”. In generale il 42,6 per cento delle imprese si dichiara pessimista sulla prospettive del mercato, contro il 16,6 per cento che, invece, prevede un miglioramento.

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