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A Scicli la Fornace Penna è ormai un rudere

Stefania Zaccaria

A Scicli la Fornace Penna è ormai un rudere

giovedì 08 Dicembre 2011

Beni culturali. Quando la burocrazia danneggia il territorio.
L’intreccio. Sull’edificio confluiscono gli interessi della famiglia che ne detiene la proprieta, del Comune di Scicli e della Soprintendenza ai Beni culturali di Ragusa.
Il declino. Mentre le parti cercano un accordo che, allo stato attuale, sembra molto lontano, le mura della struttura cadono in pezzi e aumentano vegetazione spontanea e rifiuti

SCICLI (RG) – Sono passati 87 anni da quando la Fornace Penna ha perso il suo lustro imprenditoriale, acquistando, di certo, quello monumentale che l’ha portata a essere equiparata a una grande bellezza architettonica.
A differenza di tante altre strutture inserite nelle lunghe liste di salvaguardia, però, la Fornace del quartiere Pisciotto sta distruggendosi lentamente senza nessuna opera di tutela e con le parti coinvolte completamente in silenzio. La vera proprietà del rudere è della famiglia del barone Penna: oltre alla moglie del figlio Francesco, risultano come eredi altre 21 persone che hanno quindi titolarità per quel che concerne le decisioni in merito al destino della struttura e ai terreni presenti nelle immediate vicinanze. Stiamo parlando di circa 100 ettari di zona E1, ovvero di “zona agricola di particolare interesse ambientale”, sulla quale graverebbe un vincolo di inedificabilità assoluta. L’area, invece, si mostra attualmente costellata di costruzioni sorte in maniera disordinata durante gli scorsi decenni.
 
E mentre la Fornace si avviava verso un lento ma inesorabile declino, la zona acquistava sempre una maggiore attrattiva turistica tanto da spingere la Fondazione culturale Vitaliano Brancati a muoversi in tutela di tale area. Nel 1990 il movimento ottenne infatti l’apposizione di un vincolo monumentale sul rudere, in realtà mai comunicato a tutti gli eredi: ancora nel 2004, infatti, il decreto fu notificato a un solo proprietario mentre gli altri ne rimanevano all’oscuro. La famiglia decise così di ricorrere al Tar che non escluse, comunque, le responsabilità in merito alla custodia e alla tutela del bene. E mentre la Fornace sembrava destinata a un lungo e lento declino, un nuovo vincolo di destinazione socio-culturale venne apposto nel 1998 dando il via a un vero e proprio contenzioso visto che la famiglia proponeva di trasformare il rudere in un Resort a cinque stelle con 200 camere e una vista mozzafiato sulla costa del Pisciotto.
Il progetto presentato garantiva le caratteristiche strutturali del sito ma la Giunta dell’allora sindaco Falla si disse subito contraria visto che avrebbe distorto lo skyline e l’essenza stessa del sito. Anche la Soprintendenza, nella persona dell’ex sovrintendente Vera Greco, si oppose all’intervento, definendolo “un progetto che stravolgerebbe la natura dell’edificio”.
La passata amministrazione del Comune di Scicli ne chiese quindi la messa in sicurezza ma senza nessun risultato: solo nel 2003 la famiglia ha provveduto a installare una recinzione – su progetto dell’ingegnere Salvatore Cannizzaro – che, come si può osservare anche dalle foto, risulta già divelta e pericolante in più parti. Nello stesso anno, inoltre, l’onorevole Iano Guerrieri propose all’Ars l’inserimento in finanziaria di 500 mila euro, ridotti poi a 250 mila, per la riqualificazione della Fornace Penna. In realtà, però, quello stanziamento non fu mai predisposto.
Nel frattempo, però, nuovi vincoli furono apposti alla Fornace: paesaggistico, di inedificabilità entro i 150 metri dalla battigia, di “luogo del cinema” in quanto legato alla fortunata serie de “Il Commissario Montalbano” e, del 31 luglio 2009, un vincolo di conservazione imposto con decreto vigente e cogente dall’assessorato regionale ai Beni culturali. L’effetto del provvedimento fu immediato, ma nonostante ciò la Famiglia Penna decise  di ricorrere nuovamente al Tar e di non effettuare nessuna manutenzione protettiva ai fini dell’incolumità del bene.
Come ha fatto notare anche Franco Susino, esponente de “Il patto per Scicli”, nonostante vi sia un giudizio presso il Tar, resta comunque un onere in capo ai 22 eredi: inoltre, pur se l’obbligo di conservazione grava su questi ultimi, in mancanza di adempimento, la Soprintendenza deve agire in sostituzione e in danno dei privati, addebitando poi agli eredi i costi di intervento. Di fatto, però, né il Comune, né la Soprintendenza, né tantomeno i Penna hanno ancora trovato una soluzione plausibile per evitare la distruzione della Mannara.
 


La pulizia dell’area in bilico tra il Comune e la Provincia
 
SCICLI (RG) – Vista la complessità architettonica del sito e considerato il consistente investimento in termini di tempo e di denaro che la Fornace stessa richiederebbe, ciascuna parte chiamata in causa tenta di tergiversare e rimandare, abbandonando del tutto la Fornace all’incuria più assoluta, tra preservativi, fazzoletti e l’inciviltà della gente. 
Come si può vedere dalle foto, infatti, nei pressi del vecchio stabilimento vige un clima di profonda sporcizia: rifiuti di ogni genere sono infatti abbandonati in prossimità della costa del Pisciotto fra le facce allibite dei turisti. Se i rifiuti all’interno della Fornace sono chiaramente di competenza dei proprietari, per quanto riguarda le immediate vicinanze la responsabilità ricadrebbe sul Comune. “C’è una circolare assessoriale regionale – ha spiegato  Vincenzo Iurato, assessore comunale all’Ambiente fino alle dimissioni dei giorni scorsi del sindaco Venticinque – che dispone che i tratti di costa che rientrano all’interno del perimetro urbano sono di competenza, quanto alla pulizia, del comune  mentre quelli che ricadono all’esterno sono di competenza della Provincia. Molte volte tuttavia il Comune si sostituisce ad altri Enti per mantenere le proprie coste pulite.

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