Liberalizzazioni delle concessioni demaniali, in Sicilia canoni almeno da triplicare - QdS

Liberalizzazioni delle concessioni demaniali, in Sicilia canoni almeno da triplicare

Rosario Battiato

Liberalizzazioni delle concessioni demaniali, in Sicilia canoni almeno da triplicare

sabato 14 Gennaio 2012

L'appello del Wwf: il nuovo provvedimento al vaglio del governo nazionale per incassare di più

PALERMO – L’ormai celebre fase 2 del governo Monti prosegue sulla scia delle tanto attese liberalizzazioni. A tremare potrebbero esserci anche i titolari di concessioni delle spiagge dello Stato. In Sicilia qualche settimana fa è stato proprio Sebastiano Di Betta, assessore regionale al Territorio e ambiente, a parlare di triplicare i canoni di concessione. La duplice tenaglia, a livello nazionale e regionale, potrebbe far cambiare in breve l’assetto delle concessioni delle coste nazionali.
“Battuta d’arresto per il business dei privati sulle concessioni delle spiagge ai danni dello Stato”. Così il WWF Italia ha commentato la norma sulle concessioni delle spiagge contenuta nella bozza del Decreto legge sulle Liberalizzazioni.
 
Soddisfazione da parte degli ambientalisti anche se il provvedimento si discute da parecchi anni e per l’opposizione delle lobbies del settore non è mai andato in porto. “Il provvedimento – si legge in una note dell’associazione del panda – risponde finalmente alla direttiva europea Bolkestein, che detta le regole per la libera concorrenza, e recupera i principi temporali posti alla base del codice delle concessioni”. Per l’associazione il grave danno, economico ed ambientale, è stato “nell’assenza di gare per la gestione delle aree demaniali degli arenili destinati a stabilimenti balneari” che ha provocato “un enorme guadagno per i privati, che per decenni hanno goduto di condizioni di privilegio, e, di conseguenza, significative entrate in meno per lo Stato”.
I numeri sono evidenti: secondo il WWF Italia gli introiti per lo Stato derivanti dalle concessioni demaniali sono di circa 103 milioni per 18 milioni di metri quadri dati in concessione, ovvero circa 5 euro e 72 centesimi all’anno a metro quadro, contro i 2 miliardi di euro dichiarati dai gestori. Oggi sono circa 11 mila gli stabilimenti balneari in Italia, e il governo nazionale dovrà agire parallelamente sul fronte del rilascio delle nuove concessioni e sulla rimodulazione del contributo precedente. Non che non ci avessero provato in passato sia il governo Berlusconi nel 2003 che quello Prodi nel 2006 fino alla proroga per tutto il 2015 dell’ultimo Berlusconi che ha sostanzialmente prorogato tutte le concessioni in scadenza. I concessionari vorrebbero mano libera con proroghe di 50 anni alle concessioni e il riconoscimento di un diritto di superficie per 99 anni che permetterebbe un utilizzo sconsiderato, e una proprietà di fatto, delle infrastrutturazioni presenti sull’arenile.
In Sicilia la situazione, se possibile, è ancora peggiore in quanto i concessionari degli stabilimenti balneari godono di tariffe inferiori alla media nazionale, e da qui la proposta di Di Betta per triplicarli, quanto meno per avvicinarsi alla media nazionale. L’Isola incassa dalle sue concessioni quasi 9 milioni di euro, secondo il rendiconto 2008 della Regione, a fronte di 922,9 chilometri di costa balneabile. Il confronto con le altre regioni è impari: un chilometro balneabile nell’Isola costa in media circa 9.600 euro mentre in Veneto si arriva ad una media di 108 mila euro, in Romagna 116 mila euro, in Friuli 50 mila euro. Con cifre venete la Regione potrebbe incassare, ipotizzando per assurdo un’estensione massima della spiaggia in concessione, fino a 92 milioni di euro all’anno.

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