Formazione permanente in Sicilia. Solo il 4,7% pensa a migliorarsi - QdS

Formazione permanente in Sicilia. Solo il 4,7% pensa a migliorarsi

Stefano Di Mauro

Formazione permanente in Sicilia. Solo il 4,7% pensa a migliorarsi

giovedì 16 Febbraio 2012

Dati Eurostat confermano la scarsa attenzione degli isolani nell’acquisizione di nuove competenze. Lontani dall’8,2% del Friuli Venezia Giulia e ad anni luce dalla Danimarca (32,8%)

PALERMO – Senza una adeguata (e continua) formazione è più difficile trovare occupazione. E’ possibile leggere in questa maniera lo studio del Centro Studi socio economici Pragma su dati Eurostat. Secondo questo studio solo il 6,1% dei 25-64enni italiani partecipa ad attività di formazione permanente (poco più di un adulto su venti), contro una media del 9,1% nell’UE27 e del 10,4% nell’UE15. E la Sicilia, in questo grigiore, si distingue per dati ancora peggiori con il 4,7% di persone che si dedicano quotidianamente a migliorarsi per entrare sul mercato del lavoro o solo per essere sempre più competitivi. Peggio della Sicilia fanno solo le Marche (4,6%) e la Valle D’Aosta (4,4%).
In termini assoluti, il differenziale tra Italia ed UE27 corrisponde ad un mancato coinvolgimento ad attività di formazione permanente di circa 980.000 adulti.
Nel confronto tra Stati Membri, l’Italia si posiziona 16esima, accanto a Irlanda, Malta e Portogallo. A guidare la classifica sono Danimarca, Svezia e Finlandia, dove la percentuale di partecipazione dei 25-64enni ad attività di formazione permanente supera il 20% (più di un adulto su cinque).
Nel caso dell’Italia, la percentuale di adulti coinvolti in attività di formazione permanente risulta superiore alla media nazionale nel Centro e Nord-Est (rispettivamente 6,9% e 6,7%), mentre nel Sud e nelle Isole è inferiore al 6% (rispettivamente 5,6% e 5,3%). Con  l’8,2% è il Friuli Venezia Giulia la regione più virtuosa. Le percentuali più basse sono, viceversa, registrate in Valle d’Aosta, Marche e Sicilia (meno del 5%).
Da sottolineare come, mentre in Italia occupati e disoccupati partecipano in egual misura ad attività di formazione permanente (6,2%), in altri Paesi (Svezia in testa), i 25-64enni disoccupati sono, viceversa, maggiormente coinvolti rispetto agli occupati in attività di formazione permanente.
La partecipazione degli occupati ad attività di formazione permanente varia notevolmente in relazione non solo all’età ma anche al settore economico di riferimento. Nel caso specifico dell’Italia, gli unici settori in cui la percentuale di occupati coinvolti in attività di formazione permanente supera la soglia del 10% sono le attività finanziare e assicurative, la sanità e l’assistenza sociale, l’istruzione (rispettivamente 13,2%, 13,1% e 11,8%); i più penalizzati sono invece gli occupati nell’agricoltura (1,6%), nelle costruzioni (2,2%) e nel manifatturiero (3,5%).
La differenza tra livelli di partecipazione ad attività di formazione permanente in funzione dello status occupazionale cresce sensibilmente al ridursi dell’età: oltre un terzo dei 18-24enni europei occupati (34,5% nel 2010) è coinvolto nel processo di formazione permanente, mentre la stessa percentuale è di poco superiore al 20% tra i disoccupati (22,3% nel 2010).
Come gli adulti, anche i giovani italiani sembrerebbero penalizzati rispetto ai coetanei europei e a quelli dei principali paesi competitor, in quanto:  solo un giovane occupato su dieci (13,5%) è coinvolto in attività di formazione permanente. L’Italia è al 21esimo posto in Europa, accanto a Belgio, Grecia e Bulgaria e distanziata di oltre 45 punti percentuali dagli Stati Membri ai vertici della classifica (Paesi Bassi 69,6%, Danimarca 62,4%); tra i giovani in cerca di lavoro le attività di formazione e aggiornamento professionale sono ancora meno frequenti. Vi partecipa, infatti, solo il 10,7% dei 18-24enni disoccupati, un valore di poco superiore a quello rilevato in Grecia, Ungheria e Repubblica Ceca e notevolmente inferiore al dato medio europeo.
 

 
Fondi europei. In ritardo nella spesa dei fondi Ue per il settore
 
Uno studio dell’Isfol ha esaminato dal punto di vista finanziario la programmazione FSE 2007-2013 destinata all’Asse Adattabilità dei Programmi Operativi Regionali. Per questa fattispecie era destinato un importo pari a 2.298 milioni di euro, di cui 1.648 alle regioni dell’Obiettivo Competitività regionale e occupazione (da qui in poi CRO) e 650 alle regioni dell’Obiettivo Convergenza (da qui in poi CONV). Le risorse destinate allAsse rappresentano il 17,4% del contributo totale del FSE (il 21,8% del contributo totale in CRO e l’11,5% del contributo totale in CONV).
Con riferimento all’avanzamento finanziario, al 31.12.2009 le regioni e le province autonome dell’Obiettivo CRO avevano impegnato 364 milioni di euro (di cui 95 spesi), mentre le regioni dell’Obiettivo CONV ne avevano impegnati 47 (di cui 12 spesi). La capacità d’impegno risulta mediamente pari al 17,9%; le regioni in Obiettivo CRO presentano come di consueto valori maggiori rispetto a quelle in CONV (22,1% contro 7,2%). Si osserva inoltre una forte variabilità tra le singole amministrazioni (in CRO, dal 60,6% della Provincia Autonoma di Trento al 6,2% del Lazio; in CONV, dal 24,5% della Basilicata alla Puglia che non aveva impegnato ancora nulla. La Sicilia era ferma invece allo 0,8%).

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