Violenza sulle donne, la famiglia ne ammazza più della malavita - QdS

Violenza sulle donne, la famiglia ne ammazza più della malavita

Roberto Quartarone

Violenza sulle donne, la famiglia ne ammazza più della malavita

giovedì 08 Marzo 2012

Una strage quotidiana che si consuma nella maggior parte dei casi tra le mura domestiche. Oggi l’8 marzo, Festa della donna: in realtà c’è ben poco da festeggiare

CATANIA – Oggi è la giornata internazionale delle donne: c’è da festeggiare? No, a giudicare dalle parole del ministro con delega per le Pari opportunità Elsa Fornero dopo l’omicidio di una donna a Brescia: “È una strage quotidiana”. La violenza sulle donne, infatti, è un realtà che occupa troppo frequentemente la cronaca nera e i dati nazionali recentemente diffusi non sono confortanti.
I dati. All’apertura dell’anno giudiziario, il procuratore aggiunto della Repubblica del Tribunale di Roma, Maria Monteleone, ha rilevato un aumento significativo delle denunce di stupri (da 430 casi del 2010 a 578 del 2011) e stalking (da 932 a 1.084). “Si registra – ha dichiarato il magistrato – un complessivo e generalizzato aumento delle notizie di reato che riguardano la violenza alle persone, e in genere quelle sui minori e sulle donne”.
Ma non sono solo questi numeri che fanno paura. “La famiglia ne ammazza più della malavita” sono le lapidarie parole di Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione nazionale dei legali matrimonialisti, che ha rivelato che dal 2006 ad oggi sono stati commessi 170 omicidi l’anno legati alla criminalità organizzata, mentre sono 200 quelli commessi in famiglia, con una grande maggioranza di donne in veste di vittime. Un’indagine Eurispes, inoltre, entra nel dettaglio: nel biennio 2009-’10 su 235 omicidi domestici, 103 hanno riguardato delitti commessi da marito o convivente (63%), fidanzati o ex amanti (15%), ex coniuge o convivente (8%), con il 60 per cento dei moventi legato alla gelosia.
Per la Sicilia, il QdS ha pubblicato il 21 settembre e il 7 dicembre scorsi dei numeri allarmanti: risalta soprattutto che nel 2010 ottocento donne hanno digitato il 1522, il numero unico nazionale che mette in contatto con i centri che aderiscono al Di.Re. (l’associazione nazionale “Donne in Rete contro la violenza”), e che tre volte su quattro è il partner l’aguzzino. “È interessante come i dati dei tre centri siano omogenei fra loro”, aveva fatto notare Anna Immordino del centro Le Onde di Palermo.
Centri antiviolenza. Il supporto che danno queste associazioni di volontariato, però, a sua volta non è mai supportato abbastanza. “Occorre potenziare i centri antiviolenza e quelli di ascolto – sono le parole del ministro – perché le donne hanno bisogno di essere ascoltate, di essere aiutate a trovare la forza dentro di sé, piuttosto che andare a riempire i moduli in una caserma dei carabinieri o in un commissariato di polizia”. La posizione del ministro è certamente condivisibile, ma trova scarso riscontro nei fondi stanziati per i servizi di questo tipo.
Proprio per questo, poco più di tre mesi fa i tre centri antiviolenza siciliani che aderiscono al Di.Re. hanno presentato il loro sodalizio: il Coordinamento regionale aveva esordito proprio con un grido d’allarme nei confronti delle istituzioni, colpevoli di non aiutare un cardine della lotta alla violenza di genere che deve necessariamente sostenersi da solo e con le donazioni dei privati. È anche fattibile per un periodo limitato, ma quando si opera da oltre vent’anni è impossibile andare avanti.
In realtà, dal grido d’allarme qualcosa è cambiato. A dicembre la Commissione Bilancio dell’Assemblea regionale siciliana ha approvato gli emendamenti di copertura al ddl 371 (poi diventato Lr 3/2012) sulle norme per l’istituzione di centri antiviolenza e case di accoglienza per le donne ed i minori vittime di violenza. “In particolare – ha spiegato il presidente della Commissione, Riccardo Savona – si promuove il sostegno alle attività svolte dai centri antiviolenza già esistenti e, altresì, l’istituzione di nuovi, garantendone la presenza di almeno uno per provincia”.
 
La copertura sarà di 540 mila €, uno stanziamento non indifferente.
“Il fenomeno è sempre attuale, è lungi dall’essere debellato” ci diceva Loredana Piazza, presidentessa del centro antiviolenza Thamaia di Catania. Invece di festeggiare, la Giornata mondiale della donna serve a riflettere: per debellare la violenza in generale, e sulle donne in particolare, è necessario un cambio culturale che parta proprio dall’impulso di chi conosce il fenomeno e ha le competenze per combatterlo.
 


Vinciullo (Pdl): “In arrivo fondi per dare supporto alle vittime”
 
CATANIA – La Lr 3/2012 è stata presentata da Vincenzo Vinciullo, deputato all’Ars per il Pdl. “Le somme – ci spiega – sono già previste per le aree di intervento. Si darà supporto alle donne e anche ai figli in modo che il nucleo rimanga unito”. Si opererà su più fronti: “Siamo in attesa – continua – dei decreti attuativi dell’assessorato. La legge previene e informa: si lavorerà sia perché i bambini sin dalla materna capiscano che hanno gli stessi diritti delle bambine e viceversa, sia perché i vari enti che intervengono per aiutare le donne parlino la stessa lingua e indichino una strada”.
Il fronte comune sarà contro la violenza in ambito domestico: “C’è la necessità di fare emergere questi delitti. Meno del 10% delle donne che subiscono violenza denunciano e ancor di più in un fenomeno che si sta riscontrando in aumento: quando sono i figli a rivoltarsi contro la madre, che non vorrebbe vedere mai un figlio arrestato”. Oltre ai centri del Di.Re., la legge aiuterà gli altri che operano sul territorio. “L’unica discriminante per i centri – puntualizza infine Vinciullo – sarà la comprovata professionalità e l’esistenza da almeno tre anni, per non creare un mercato che danneggerebbe la legge”.

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