Cinesi in Sicilia, promesse non mantenute - QdS

Cinesi in Sicilia, promesse non mantenute

Rosario Battiato

Cinesi in Sicilia, promesse non mantenute

giovedì 29 Marzo 2012

Da mesi tam tam mediatico sui possibili investimenti in yuan su infrastrutture e industria, ma finora registrate solo parole. Dal polo automobilistico di Termini ad aeroporti nuovi di zecca, finora la fantasia supera la realtà

PALERMO – Promettono mari e ponti dall’estate scorsa. Eppure ancora non si è fatto niente. I cinesi vengono puntualmente in Sicilia, annunciando prossimi interventi sulle infrastrutture strategiche con annessi milioni di euro a vagonate, come se niente fosse. E ogni volta sono diluvi di applausi a a destra e manca. Ma i cinesi non ci salveranno se non cominceremo a farlo da soli. Ad oggi, infatti, facendo un ipotetico percorso le promesse infrante sono state tantissime, e neanche un euro di sostanzioso investimento è stato versato nell’Isola. Insomma, parafrasando il Bellocchio de La Cina è vicina, possiamo tranquillamente dire che il vecchio Impero di mezzo se ne sta a debita distanza dalla Sicilia. 
Anche a Termini Imerese, tra gli altri, si era parlato di cinesi pronti a sborsare i loro yuan per far rinascere il polo automobilistico ex Fiat. Adesso che ben sappiamo com’è andata, possiamo confermare che gli investitori asiatici si sono ben guardati dall’inserirsi nell’affare. Promesse inesaudite anche sul fronte del Ponte, dopo che una importante finanziarie cinese aveva promesso di entrare in maniera cospicua tra i finanziatori privati. Certo che sul futuro ponte sono poi subentrati ben altri fattori – ad esempio il ritiro dai giochi dell’Ue che l’ha escluso dai grandi corridoi europei – e poi la pigrizia istituzionale dei governi Berlusconi prima, e Monti adesso.
 
Il gioco, tuttavia, si fa curioso,  continuando a ripercorrere le agenzie dell’ultimo anno. A novembre era trapelata anche l’idea di un aeroporto cinese in Sicilia, servizio di Rainews, nei pressi di Centuripe, in provincia di Enna, per un investimento di 300 milioni di euro. C’erano diversi ostacoli, come l’assenza di infrastrutture di supporto e la presenza di altri paesi golosi di Cina, come Grecia e Spagna, pronti ad ospitare le merci orientali. Poi c’è stato il capitolo “rinnovabili”, settore di interesse del China Investment Group, ma da allora non se n’è più parlato. 
Le ultime illusioni made in China risalgono alla scorsa settimana scorsa con una delegazione della Cina Popolare guidata dal vice ministro del Commercio Yang Yaoping accompagnato dal consigliere dell’ambasciata cinese a Roma signora Zhang Junfang e dal direttore per i rapporti esterni della regione Sicilia Francesco Attaguile. La visita ha riguardato, questa volta, un’altra infrastruttura strategica: il porto commerciale di Augusta. E non è stata la prima volta che la Port Authority ha ospitato delegazioni cinesi. Già nell’estate scorsa l’Autorità Portuale di Augusta e la società ITSA avevano incontrato i vertici dell’Autorità Portuale di Tianjin, Porto di Pechino. Si trattava di uno scambio di cortesia dopo la visita fatta in Cina nel corso della quale fu firmato un “Memorandum Understanding” di collaborazione. E ancora nel marzo del 2009 c’era stato un altro approccio, sempre ad Augusta, tra cinesi e siciliani. Tre anni e neanche un euro sganciato, alla faccia della politica del “fare”.
A questo punto occorre anche riflettere sul senso dei cinesi in Sicilia, che non verrebbero di certo a fare beneficenza, né tantomeno a salvare la Sicilia. Gli asiatici, in buona sostanza, sarebbero disposti ad investire, almeno in linea di massima, su un sistema infrastrutturale di base già maturo, e non su una costruzione da compiere praticamente dall’anno zero.
 

 
I finanziamenti dei privati servono ma occorre concretizzare i progetti
 
PALERMO – Il ragionamento è corretto. Per Termini, così come per il porto di Augusta e via dicendo per il Ponte, servono i finanziamenti dei privati, perché la Regione ha già fatto da mamma scriteriata per troppo tempo e l’Ue non tollererà altri balordi interventi da Roma, che, in ogni caso, e visti i tempi, non ha alcuna intenzione di fare. Accade così che la speranza sia riposta nei cinesi, che vedono nella Sicilia una ideale “piattaforma logistica nel Mediterraneo”, così come ha dichiarato la scorsa settimana Jiang Yaoping, il vice ministro dell’economia.
Parole al miele gli sono state offerte da Francesco Attaguile, dirigente generale del dipartimento regionale degli Affari europei e internazionali, che ha precisato come “il dipartimento Affari internazionali sta già lavorando, insieme all’ufficio di Pechino dell’Istituto per il commercio estero, al programma della prossima missione cinese in Sicilia, che è prevista per il prossimo autunno”. L’ennesima verifica sul campo – i cinesi vengono in Sicilia ormai dal 2009 – non ha però prodotto nulla, salvo l’ennesimo arrivederci. Di questo passo ci sarà ben poco da investire in futuro.

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