Dipendenti regionali, un peso di 346 euro per ogni siciliano - QdS

Dipendenti regionali, un peso di 346 euro per ogni siciliano

Marina Pupella

Dipendenti regionali, un peso di 346 euro per ogni siciliano

martedì 03 Aprile 2012

L’analisi dei costi per il personale delle pubbliche amministrazioni realizzato dall’ufficio studi Confartigianato. Oltre 20.000 dipendenti al cospetto di 248.000 disoccupati nell’Isola

PALERMo – Nel 2010 i siciliani hanno speso quasi un euro al giorno per mantenere gli oltre ventimila dipendenti della Regione . Nel dettaglio, la spesa procapite è stata di 346 euro per 5,1 milioni di abitanti, che si è tradotta poi nella cifra monstre di 1 miliardo 748 milioni di euro. Hanno fatto peggio di noi, la Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di Bolzano, regioni tradizionalmente virtuose, dove si è superata la soglia dei 2.000 euro per abitante.
 
È pur vero, però, che in Sicilia, dove la popolazione raggiunge i cinque milioni simile a quella del Veneto (4,9 milioni) e – seppur in un contesto di diverso Statuto regionale – si spende per il personale quasi 12 volte il Veneto: 1.748 milioni contro 150 milioni. L’analisi dei costi per il personale delle Amministrazioni regionali è stata elaborata dall’Ufficio studi di Confartigianato su dati  Copaff (la commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale istituita presso il ministero dell’Economia e delle finanze) e Istat, ed ha evidenziato forti disomogeneità tra territori.
Tra le regioni a statuto ordinario il costo del personale regionale per abitante in Campania è oltre tre volte quello della Lombardia. Per le regioni più piccole vi sono evidenti diseconomie di scala: in Molise la spesa pro capite è di 178 euro per abitante, è la più alta tra tutte le Regioni a statuto ordinario ed è quasi quattro volte il valore medio di 45 euro/abitante. Nelle cinque Regioni a statuto speciale i costi del personale delle amministrazioni hanno raggiunto i 4 miliardi 260 milioni di euro conto i 2 miliardi 316 milioni delle quindici Regioni a statuto ordinario.
Essere “speciali” costa. E se prima i cittadini potevano non badare alle decurtazioni in busta paga, ora fra l’inasprimento delle aliquote massime dell’Irpef, l’incremento delle addizionali locali, la reintroduzione dell’imposta sugli immobili, il rincaro delle accise sulla benzina ed un primo aumento dell’Iva, si accorgeranno sicuramente di come i governi, nazionale e regionale, impongono altre tasse e nessun taglio alle spese superflue.
E’ di poche settimane fa la conferma del presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, delle previsioni del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, che ha pronosticato per le pressione fiscale il rapido superamento della soglia del 45%. Gli italiani saranno i più tassati d’Europa dopo danesi, belgi e svedesi, ma con un livello dei servizi decisamente inferiore. In più, i dati dell’ultima comparazione internazionale realizzata dalla Commissione europea nell’European Economic Forecast – Autunno 2011 ha calcolato che tra il 2000 e il 2011 la spesa per dipendenti pubblici in Italia è salita di 0,4 punti, arrivando al 10,7% del Pil. Nello stesso periodo la Germania ha diminuito il peso del personale della Pubblica amministrazione di 0,6 punti di Pil e la Francia lo ha mantenuto costante.
E la Sicilia? Se mamma Regione si occupa a pieno titolo dei suoi dipendenti, dimentica che fra il 2007 ed il 2011 i lavoratori nell’isola sono diminuiti del 2, 9 per cento, facendo mancare all’appello 248.339 occupati, più del numero degli abitanti di quattro capoluoghi di provincia messi insieme (217.882): Agrigento, Trapani, Caltanissetta, Enna.
 


L’approfondimento. Trapani, Ragusa e Palermo hanno perso più lavoratori
 
L’incidenza della disoccupazione in Sicilia, secondo le elaborazioni dell’istituto Tagliacarne, è del 12 per cento sul dato nazionale, che registra 2.051.047 disoccupati. L’Isola in cinque anni ha visto ridurre il numero degli occupati di oltre 248 mila unità. Spacchettando il dato relativo agli occupati nelle nove province siciliane, emerge che Trapani, Ragusa e Palermo sono nell’ordine le città che hanno perso il maggior numero di lavoratori: 9.000 nel trapanese, 7.000 nel ragusano, 21.000 nel capoluogo. Dall’inizio della grave congiuntura economica ad oggi, nelle province di Siracusa, Ragusa e Catania la disoccupazione è cresciuta più che nelle altre, segnando rispettivamente un + 59,7 per cento, + 55,5, + 14,7. A pagare il prezzo più alto della crisi, secondo l’Ufficio studi di Confartigianato,  sono gli under 35 che nella regione raggiungono la cifra monstre di 381.230 di giovani Neet (not in education, employment or training), pari al 33, 5 per cento del resto del Paese, dove fa peggio solo la Campania con il 34,3. In compenso il numero dei dipendenti della regione si è mantenuto inalterato e forse potrebbe aumentare ancora di qualche unità, se il governatore Lombardo manterrà la promessa fatta agli operai della Gesip, aprendo nei giorni scorsi la campagna elettorale di Alessandro Aricò.

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