Allarme povertà nel Mezzogiorno, il reddito delle famiglie a picco - QdS

Allarme povertà nel Mezzogiorno, il reddito delle famiglie a picco

Patrizia Penna

Allarme povertà nel Mezzogiorno, il reddito delle famiglie a picco

mercoledì 23 Maggio 2012

Nel 2010 tassi più alti di incidenza registrati in Basilicata (28,3%), Sicilia (27%) e Calabria (26%). Il 68,2% dei poveri vive al Sud. L’Istat: “Si è tornati ai livelli di 10 anni fa”

Roma – Italia spaccata in due. Italia a due velocità. Il Nord che regge la crisi e il Sud che arranca. Ci risiamo: cambia la forma ma la sostanza è sempre la stessa: quella del divario Nord-Sud è un’immagine che tutti conosciamo e che si ripropone con fastidiosa continuità tutte le volte che si mettono a confronto meridione e settentrione in materia di sviluppo, inteso nel senso più ampio del termine.
si parla di sviluppo anche in riferimento al reddito delle famiglie. A tal proposito, l’Istat ha tracciato un quadro tutt’altro che rassicurante. è allarme povertà nel Mezzogiorno d’Italia. Nelle regioni del Sud quasi una famiglia su 4 è nell’area della povertà e il 68,2% delle persone povere vive nel Mezzogiorno. La fotografia scattata dall’Istat nel rapporto annuale mostra un’Italia dove a dispetto della crisi acuta degli ultimi anni la povertà relativa si mantiene stabile al 10-11% negli ultimi 15 anni grazie alla continua erosione della propensione al risparmio ma preoccupa l’elevato divario tra Nord e Sud. Un’Italia spaccata in due guardandola con l’obiettivo della povertà. Al nord solo il 4,9% dei nuclei familiari è sotto la soglia della povertà (per una famiglia di due componenti una spesa di 992 euro mensili nel 2010) contro il 23% del Sud. Ma nel Mezzogiorno c’è anche una maggiore gravità del disagio. L’intensità della povertà raggiunge il 21,5% contro il 18,4% osservato al Nord (la spesa media equivalente tra le famiglie povere del Sud è pari a 779 euro contro gli 810 e i 793 euro rilevati tra le famiglie del Nord e del centro).
Il fenomeno della povertà non è omogeneo nelle regioni del Sud. L’Istat rileva che “particolarmente grave risulta la condizione delle famiglie in Basilicata, Sicilia e Calabria dove nel 2010 l’incidenza di povertà raggiunge tassi più alti e dove il fenomeno riguarda più di una famiglia su 4 (rispettivamente 28,3%, 27% e 26%).
Il rapporto dell’Istat sottolinea che la minore propensione al risparmio delle famiglie ha consentito di mantenere stabile la quota di famiglie sotto la soglia di povertà negli ultimi 15 anni.
Osservando l’andamento dei consumi, il rapporto rileva che le famiglie con i livelli di spesa più bassi hanno aumento i consumi del 44% in 15 anni ricorrendo anche a forme di indebitamento tanto che il 23% di queste famiglie ha intaccato nel 2010 i propri risparmi e tra queste quasi la metà ha aumentato il livello di indebitamento. Le famiglie assimilabili al ceto medio con una spesa mensile tra 2 mila e 2.300 euro hanno registrato un aumento della spesa del 25%. In termini percentuali le famiglie più ricche (oltre 5.400 euro mensili di spesa) hanno registrato il minor incremento di spesa in 15 anni (+14%).
è peggiorata la condizione delle famiglie più numerose: nel 2010 risulta in condizione di povertà relativa il 29,9 per cento di quelle con cinque e più componenti (più sette punti percentuali rispetto al 1997). è quanto emerge dal Rapporto annuale 2012 dell’Istat, nel capitolo 2, ‘Venti anni di economia e società’.
Nelle famiglie con almeno un minore l’incidenza della povertà è del 15,9 per cento. Complessivamente sono 1 milione 876 mila i minori che vivono in famiglie relativamente povere (il 18,2 per cento del totale); quasi il 70 per cento risiede nel Mezzogiorno.
“Il reddito disponibile delle famiglie italiane in termini reali è diminuito nel 2011 per il quarto anno consecutivo, tornando sui livelli di dieci anni fa’’. Lo ha detto il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, presentando il rapporto annuale 2012. “In termini procapite – ha aggiunto Giovannini – è inferiore del 4% a livello del 1992 e del 7% nei confronti del 2007. In 4 anni la perdita in termini reali è stata pari a 1300 euro a testa e la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è passata dal 12,6% all’8,8%".

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